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lunedì 12 ottobre 2009

Ipazia: censurata dopo 1600 anni!

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Agora è un film di Alejandro Amenábar uscito nelle sale cinematografiche il 9 ottobre, ma non in quelle italiane.
Vediamo come mai.
Il film narra la storia di una donna, Ipazia, una matematica, astronoma e filosofa vissuta a cavallo del 400 ad Alessandria d'Egitto, in un periodo in cui il cristianesimo si espandeva con violenza in quelle terre. Inventò l’astrolabio, il planisfero e l’idroscopio ma non solo e viene tutt'oggi ricordata come la prima matematica della storia. Come già usava fare Socrate, Ipazia amava passeggiare per le strade condividendo la sua conoscenza e saggezza, guadagnandosi grande rispetto e considerazione presso i suoi concittadini.
Ma nel 415 venne uccisa dai cristiani per il suo rifiuto alla conversione, che come diceva lei, avrebbe compromesso la sua libertà di pensiero indispensabile per effettuare i suoi studi.
Inoltre il suo assassinio fu davvero atroce. Venne scorticata e fatta a pezzi e i suoi resti vennero addirittura portati in giro per la città come trofeo e in seguito bruciati nell'inceneritore cittadino.
Come si suol dire, all'epoca una donna come Ipazia andava condannata per la sua intelligenza e sapienza e la sua avversione alla conversione cristiana e punita simbolicamente perchè donna.
Ma ciò che mi sconcerta di più è che 1600 anni dopo, un film che racconta la sua storia non può essere mostrato nel nostro paese.
Ancora una volta, come nel lontano 400 D.C., subiamo una censura (o forse un auto censura di chi non vuole nemmeno farsi carico di portare in Italia questo film,ancor prima di infastidire la comunità cristiana) una censura sia come donne, in quanto un modello di donna sapiente, libera ed emancipata non è un modello da propinare alle masse, sia come spettarici e spettatori di un'opera d'arte, perchè non viene nemmeno permesso che il popolo assista alla rappresentazione di una realtà passata ma non troppo.

Qui un articolo molto curato di Raffaella Costi. Leggetelo!
Qui un articolo di Piergiorgio Odifreddi anch'esso dettagliato.
Qui una petizione per la distribuzione del film in Italia.

giovedì 1 ottobre 2009

Women are heroes


Ve ne avevamo già parlato: lui è JR, fotografo e artivista 25enne. Immortala volti. E possiede la più grande galleria d'arte del mondo. Il suo nuovo progetto, iniziato nel 2008, è incentrato sulla condizione delle donne africane, con un'escursione nelle favelas brasiliane. Ora, ha deciso pure di girare un film, che uscirà ufficialmente nel 2010, per immortalare tutte le sue esposizioni eseguite durante l'esperienza afro-brasiliana.
Quello che vedete sopra è un estratto inedito.
E direi che merita.

Traduco dal sito:

UN FILM D'AVVENTURA
Il film segue le avventure donchisciottesche delle quali si attendono i risultati con incredulità: dalla presentazione del progetto artistico agli abitanti dei piccoli villaggi in Liberia all'organizzazione di un collage sulle pareti fragili di una favela, dalla mostra sulle case in demolizione in Cambogia al confezionamento di un treno che passa attraverso una baraccopoli in Kenya.

UN FILM SULLE DONNE
Le donne sono eroi è soprattutto un omaggio alle donne la cui dignità è sottolineata incollando le loro foto sulle pareti dei loro villaggi e del mondo intero. Nel film, queste donne esprimono le loro difficoltà in un mondo dominato dagli uomini. Di fronte alla telecamera, che condividono per esorcizzare i loro incubi, offrono anche le loro gioie e irradiano la loro energia...

UN FILM SUI MEDIA
Le donne sono eroi si svolge in luoghi rappresentati dai mezzi di comunicazione solo quando vi si produce "qualcosa" . Se JR va là, non è per non riprendere il discorso dei media, né per smentirlo, ma per mostrare una realtà soffocata dal sensazionalismo. Ed è nel contesto di una normalità ignorata che gli abitanti di questi luoghi prendono l'iniziativa e chiamano i media
per mostrare, non quello che hanno subito, ma quello che hanno creato.

UN FILM SULL'UMANO
Le donne sono eroi solleva, senza dare risposta, alcune domande fondamentali. Si incontrano persone che vanno dal riso al pianto, che incarnano un passato doloroso e il desiderio di costruire un futuro felice. En retrouvant ce qui est commun dans les regards des femmes, on se rapproche de ce qui est universel : l'humain. Nel ritrovare ciò che è comune negli sguardi delle donne, ci avviciniamo a ciò che è universale: l'umano.

UN FILM SULL'ARTE
La molteplicità delle immagini, la loro rapida diffusione, la globalizzazione permettono agli artisti di ripensare il loro lavoro. JR apre un nuova strada: l'arte partecipativa. Con le comunità, crea delle opere d'arte effimere che vengono poi arricchite da commenti e reazioni. Le donne anziane diventano modelle per un giorno, i bambini sono artisti per una settimana, gli studenti svolgono quindi il ruolo di critici. L'arte partecipativa rimette in questione le modalità, le finalità, e il posto stesso dell'arte.

Musiche: Massive Attack e Patrice Bart WIlliams

lunedì 28 settembre 2009

Il potere

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ANALISI DEL FILM

Il film “Il potere” di A. Tretti nonostante gli iniziali apprezzamenti alla mostra di Venezia del ’72 non riuscì mai a pervenire al grande pubblico, rimanendo poco più che un film per circoli culturali. Quest’opera è stata ostracizzata probabilmente a causa della tesi non nuova ma scomoda e troppo diretta che presenta: marxianamente, il potere più vero e forte è economico mentre il potere politico è sovrastrutturale e, quindi, è strumento in mano di chi controlla la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Il film illustra le origini e le manifestazioni del potere attraverso il tempo. Il regista sottolinea come il potere non cambi ma rimanga sempre nella mani di soliti pochi potenti; questi sono inscenati da Tretti attraverso tre attori mascherati de fiere, un leone, una tigre e un leopardo che rappresentano rispettivamente il potere militare, commerciale e agrario. Perché Tretti ha scelto proprio questi tre animali? La scelta non è casuale; il leone, infatti, l’animale aggressivo per eccellenza, è il potere militare, che nell’affrontare la conflittualità sociale predilige la violenza come unica soluzione possibile.
Caratterizza questo personaggio l’elmetto guglielmino, che ricorda il regime militaristico prussiano. Il potere agrario si colloca sulla falsariga di quello militare.
Il potere commerciale, la cui “r” moscia sembra alludere all’eloquio di Gianni Agnelli, è rappresentato da una tigre. Astuta e calcolatrice tende a cercare la via del freddo compromesso che mira alla salvaguardia dei propri interessi e privilegi.
L’apparizione delle fiere è un vero e proprio leitmotiv. Infatti queste compaiono ripetutamente; intervallano i diversi capitoli del film, sono messe in evidenza dall’uso del colore; rappresentano il potere che, nel corso del tempo, è sempre lo stesso. Il rischio di una lettura riduzionistica e quindi deterministica ci sembra evitato proprio grazie alla parodia.

Il film è composto da cinque episodi in bianco e nero, che ripercorrono la storia del potere. Nel primo episodio, l'età della pietra, connivente la paura, il potere finisce nelle mani di un furbo che si fa passare per divinità del fuoco. Nell'epoca romana, per vincere l'insorgente coscienza dei plebei, deve ricorrere all'assassinio del tribuno Tiberio Gracco. Nell'epoca del Far West, per aumentare la propria potenza, non rifugge dal genocidio perpetrato da coloni, soldati e galeotti inglesi. Nell'Italia posteriore al 1919, il potere viene arraffato dal fascismo, che ottiene l'appoggio dei portafogli borghesi, la benedizione, ben compensata dal Vaticano e che distrugge pluralismo e libertà democratiche. Nell'epoca moderna, il neocapitalismo s’impone mediante il consumismo, incontra forti resistenze popolari, vinte però grazie alle forze dell'ordine e al paravento socialista (“Chi non lo sa che ai giorni nostri ogni furfante vuole padroneggiare in un vestito rosso?” dice Lenin).
In particolare, il capitolo del fascismo è il più significativo per la sua forza dissacrante e parodistica. A Tretti interessa collocare il fascismo nei quadri del potere borghese, analizzandone le origini. La tesi del regista è che i poteri forti si servono del fascismo in funzione antirivoluzionaria e antisocialista per ristabilire l’ordine e la pace sociale. Simbolico è in questo senso l’episodio della marcia su Roma, dove un piccolo e nervoso Vittorio Emanuele II aspetta alle porte della capitale una sgangherata banda di camice nere, a cui si rivolge dicendo: “Avanti, avanti entrate, non fate complimenti”. Questo dimostra la convenienza anche da parte del re, della presenza di Mussolini al potere. La dittatura fascista rivela ben presto il suo carattere velleitario. Emblematico è l’intento di dimostrare l’efficienza delle forze armate attraverso la parata di una dozzina di anziani e scombinati poveracci che sfilano continuamente, via via trasformandosi in alpini, bersaglieri, carristi, arditi, granatieri. Con l’immagine di un’Italia guerriera e duratura, il fascismo cerca il consenso di massa.
Un altro elemento che emerge in quest’episodio è l’atteggiamento repressivo verso le opposizioni, per Mussolini, un “delitto contro lo stato”.
Le diverse opposizioni non sono tuttavia uguali per i fascisti, come è evidente nella scena in cui Tretti mostra prima una “dorata” prigione di liberali, poi quella affollata e in condizioni precarie dei comunisti, gli oppositori più scomodi al regime.

TECNICHE

Il film è stato costruito in modo volutamente artigianale, proprio per contrapporsi alla cinematografia di stampo holliwoodiano. Per realizzare “Il potere”, Tretti ha impiegato sette anni, di cui sei per pensarlo e solamente uno per girarlo, essendo venuto a mancare il produttore che inizialmente doveva finanziare il progetto. Quando infine trovò i fondi necessari, poté tradurre in immagini il suo pensiero. Il film è stato girato nell’area veronese con l’ausilio di pochi mezzi; gli attori, dalle facce di per sé eloquenti e dai tratti volutamente marcati, sono stati reclutati dalla campagna veneta. Questi personaggi sono l’emblema di un potere che nel corso del tempo è sempre lo stesso. Pochi attori interpretano ruoli diversi nel corso dei vari capitoli, come ad indicare che dietro le varie manifestazioni del potere stanno sempre gli stessi protagonisti. I personaggi ci ricordano le maschere di uno spettacolo di burattini; Tretti ci suggerisce velatamente che tutti i protagonisti che si susseguono nel corso del film sono strumenti nelle mani dei detentori del potere economico.
La maschera di Mussolini ne è un esempio lampante: è un fantoccio dai tratti caricaturali e ridicoli, che viene gettato via dalle tre belve che proclamano con tono sprezzante: “Questi burattini non ci servono più a nulla”. Tretti fa sua la lezione di Bertolt Brecht, da cui riprende l’arma del grottesco. La realtà viene stravolta in modo consapevole per invitare lo spettatore alla riflessione e per mantenere sempre vive le sue capacità critiche. Il regista non vuole che il pubblico si immedesimi nella rappresentazione, ma che rimanga sempre presente a sé stesso, essendo così in grado di valutare ciò che osserva. L’osservatore è quindi distaccato e portato spesso anche alle risate più genuine da scene di un’eccezionale violenza dissacrante che denunciano la faciloneria e la cialtroneria che stanno dietro la pomposità, la retorica, il gesto alato: ricordiamo il tentativo del “sommo” poeta Gabriele D’Annunzio di spiccare un temerario volo con l’aiuto di una “leggiadra” Eleonora Duse (più simile ad un barilotto che a una statua greca…). Il suo aereo rischia di sfasciarsi ancor prima del decollo, nonostante i ripetuti tentativi del poeta di farlo partire. D’Annunzio sbatte i piedi nervoso e, isterico, chiama la compagna, che è costretta a spingere la sgangherata carcassa per riuscire a farle prendere il volo.

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I RISCHI DELLA DEMOCRAZIA

I rischi della democrazia sono messi in luce dall’ultimo episodio del film, “epoca moderna”. Le tre belve, i simboli del potere, si rendono conto che un personaggio come Mussolini non serve più a nulla nella società di oggi. Ora il potere si esercita all’interno del sistema democratico attraverso il condizionamento massmediatico degli stili di vita. E’ il conformismo che produce i nuovi idoli moderni, come l’automobile, che viene pubblicizzata dall’alto degli scalini di una chiesa verso una folla in atteggiamento adorante. “L’uomo senza macchina è un uomo morto”, “sacrificate lo stipendio”, proclama il “sacerdote” dei consumi di massa. Il rischio di un regime come la democrazia rappresentativa è che l’opinione pubblica venga manipolata. La pubblicità è la prova che sia effettivamente possibile manovrare i cervelli. Il pubblico infatti non si lascia imbrogliare da informazioni palesemente distorte, ma piuttosto da sottili “bombardamenti” quotidiani, i messaggi pubblicitari, che hanno lo scopo di inculcare un determinato stile di vita. La forza della pubblicità è rappresentata da Tretti nell’episodio del “Moblon”: un’oggetto privo di qualsiasi utilità, proposto in continuazione da radio, televisione, manifesti nelle città… che si afferma come tendenza, come moda irrinunciabile. E il suo acquisto diventa quasi un obbligo.

E’ quindi la democrazia rappresentativa un regime che garantisce la libertà sostanziale ai cittadini? Secondo Tretti la risposta è negativa, la libertà e l’uguaglianza sono solo “maschere” di una più profonda disuguaglianza: il benessere ai giorni nostri, nel film simboleggiato dalla produzione in serie delle uova, viene deriso dal regista. “Oggi al mondo si sta bene, c’è sovrapproduzione e non si sa più a chi vendere i prodotti” dice l’industriale con a fianco un vescovo accondiscendente che elargisce benedizioni. Immediatamente dopo Tretti ci mostra una carrellata di immagini dal terzo mondo, di bambini morenti e affamati: è l’ultima stoccata beffarda all’indirizzo di una società capitalista che il regista ritiene decisamente ingiusta e falsa, dominata sempre dai soliti, pochi potenti.

fonte


martedì 26 maggio 2009

Cult Fiction

Sono giorni duri questi. L'afa opprimente, la sempre più inutile propaganda politico-mediatica 24/24, il terremoto fisico, quello finanziario, le minorenni, i presidenti amici delle minorenni, gli avvocati dei presidenti amici delle minorenni, concorrono grandemente ad aggravare la situazione, rendendola, se possibile, ancora più insopportabile.
Così, non resta che svagarsi un po', in attesa di tempi migliori.

Non avrei mai creduto di riuscire ad appassionarmi alle cosiddette fiction o telefilm o serie-tv.
Certo, nella pubertà, non nego di essere caduto in tentazione e aver visto qualche episodio di Beverly Hills o Dawson's Creek (peraltro irridendo per la maggior parte del tempo l'assurdità delle storie proposte o l'idiozia totale dei protagonisti).
In questi mesi, invece, dopo anni di sollecitazioni da parte di conoscenti e amici, mi sono lasciato andare a quella che viene definita la serie-tv più rivoluzionaria di tutti i tempi: LOST.
E devo dire che nel complesso l'ho trovata interessante e ben realizzata. Ovvio, con tutti i limiti di una serie-tv, dovuti soprattutto alla lunghezza della trama, portata avanti, anche un po' forzatamente, per ben 5 serie (con la 6a e ultima prevista per l'anno prossimo).
Avendo apprezzato l'idea di fondo della fiction e i notevoli spunti di riflessione (para-filosofici) che offre, mi sono documentato un minimo e ho scoperto (come forse molti già sanno) che l'artefice di tutto ciò è tale J.J. Abrams, regista della serie.
Personaggio a me ignoto fino a qualche mese fa, Abrams è in realtà un affermato produttore, regista e sceneggiatore statunitense, autore di diverse pellicole importanti degli ultimi anni tra le quali spicca l'ultimo episodio cinematografico della celeberrima saga di Star Trek (per altro mai seguito...).

Il fatto è che il nostro, oltre ad essersi di recente guadagnato la direzione per un mese della prestigiosa ed innovativa rivista WIRED, fatto che ha provocato uno sproposito di commenti entusiasti sull'http, ha da poco prodotto anche un'altra interessante creatura-tv chiamata FRINGE. La storia è basata su una cospirazione di terroristi biologici (i cattivoni) che, tramite impressionanti quanto verosimili attacchi chimici, creano scompiglio nelle metropoli attirandosi le attenzioni di una struttura segreta dell'FBI (i buoni). La particolarità è che questo bioterrorismo, e la conseguente caccia ai responsabili, implicano argomentazioni e pratiche che riguardano la scienza di confine (fringe science appunto), ovvero "quella serie di controverse teorie o discutibili ricerche scientifiche che si pongono ai confini della corrente principale delle discipline accademiche convenzionalmente riconosciute" (la fusione fredda, ad esempio è una di queste).
Gli episodi sono avvincenti e, a differenza del precedente parto di Abrams, LOST, hanno un ritmo incalzante, quasi frenetico. L'unica nota negativa, probabilmente, è la rigida impostazione delle vicende, che prevede, in ordine rigorosamente cronologico: attentato, indagini, salvataggio in extremis di una persona in fin di vita, arresto o morte del colpevole, risoluzione del caso.

Ok, il pippone ve l'ho sparato, adesso beccatevi i links. Considerate che, non essendo ancora uscite in Italia, le ultime puntate delle due serie-tv sono sottotitolate in inglese.

Tutte le puntate di LOST in streaming su Megavideo.
Tutte le puntate di FRINGE in streaming su Megavideo.

Buon trip!

giovedì 28 agosto 2008

Consigli in 35mm

Non essendo esperto di cinema e neppure sufficientemente preparato per poter giudicare delle pellicole, consiglio due film che mi sono semplicemente piaciuti (cliccando sui titoli potrete leggere delle recensioni quantomeno sensate).

Il primo è
La zona (Spagna-Messico 2007, di R. Plà)














Link per il download via torrent!
Link per il download via ed2k!


L'altro, visto tempo fa, ma di recente entrato anche lui nella squallida famiglia dei re-make, è l'originale
Funny Games (Austria 1997, di M. Haneke)














Link per il download via ed2k!


Chi li ha visti, parli. Chi no, è ancora in tempo!