E' uscito un anno fa ed è stato girato tra il 2003 e il 2009 ma le ultime proteste di Terzigno e più in generale la situazione dei rifiuti in Campania lo rendono attualissimo.
Dal 2003 al 2009, un gruppo di videomakers, ha documentato la cosidetta emergenza rifiuti Campana per svelarne gli ingranaggi, individuare responsabilità e attori di quindici anni di gestione straordinaria. Uno spettacolo costato miliardi di euro e decine di processi in corso. Ma dove finiscono i rifiuti campani? Quali sono le ferite di una terra bruciata e i danni alla salute di milioni di persone? Il più grande disastro ecologico dellEuropa occidentale raccontato dalle voci delle comunità in lotta per difendere il proprio futuro: l'assalto ai fondi pubblici, le zone d'ombra della democrazia, il boicottaggio della differenziata, le collusioni con le ecomafie e le proposte di chi si interroga seriamente sulle alternative.
E se vivere in emergenza fosse solo una strategia per accumulare profitti!?
Da un'idea di Sabina Laddaga, Maurizio Braucci e Nicola Angrisano Voce narrante di Ascanio Celestini Musiche di Marco Messina Regia di Nicola Angrisano
Ieri sera al Festival Sociale delle Culture Antifasciste due mediattivisti italiani della Freedom Flotilla, Manuel Zani e Manolo Luppichini, sono intervenuti per narrare e condividere la vicenda dell'aggressione israeliana e i giorni vissuti nel, tristemente famoso, carcere di Beer Sheva. Da ascoltare!!
Interessante e pluri-premiato documentario visionabile in streaming su Pitchfork.tv che racconta l'ascesa e il declino dei negozi statunitensi di musica indipendente. Dal tempo del punk e del vinile all'avvento dell'mp3. Featuring: Ian MacKaye, Noam Chomsky, Mike Watt, Thurston Moore, Lenny Kaye, Chris Frantza, Gleen Branca, Legs McNeil...
Ve ne avevamo già parlato: lui è JR, fotografo e artivista 25enne. Immortala volti. E possiede la più grande galleria d'arte del mondo. Il suo nuovo progetto, iniziato nel 2008, è incentrato sulla condizione delle donne africane, con un'escursione nelle favelas brasiliane. Ora, ha deciso pure di girare un film, che uscirà ufficialmente nel 2010, per immortalare tutte le sue esposizioni eseguite durante l'esperienza afro-brasiliana. Quello che vedete sopra è un estratto inedito. E direi che merita.
UN FILM D'AVVENTURA Il film segue le avventure donchisciottesche delle quali si attendono i risultati con incredulità: dalla presentazione del progetto artistico agli abitanti dei piccoli villaggi in Liberia all'organizzazione di un collage sulle pareti fragili di una favela, dalla mostra sulle case in demolizione in Cambogia al confezionamento di un treno che passa attraverso una baraccopoli in Kenya.
UN FILM SULLE DONNE Le donne sono eroi è soprattutto un omaggio alle donne la cui dignità è sottolineata incollando le loro foto sulle pareti dei loro villaggi e del mondo intero. Nel film, queste donne esprimono le loro difficoltà in un mondo dominato dagli uomini. Di fronte alla telecamera, che condividono per esorcizzare i loro incubi, offrono anche le loro gioie e irradiano la loro energia...
UN FILM SUI MEDIA Le donne sono eroi si svolge in luoghi rappresentati dai mezzi di comunicazione solo quando vi si produce "qualcosa" . Se JR va là, non è per non riprendere il discorso dei media, né per smentirlo, ma per mostrare una realtà soffocata dal sensazionalismo. Ed è nel contesto di una normalità ignorata che gli abitanti di questi luoghi prendono l'iniziativa e chiamano i media per mostrare, non quello che hanno subito, ma quello che hanno creato.
UN FILM SULL'UMANO Le donne sono eroi solleva, senza dare risposta, alcune domande fondamentali. Si incontrano persone che vanno dal riso al pianto, che incarnano un passato doloroso e il desiderio di costruire un futuro felice. En retrouvant ce qui est commun dans les regards des femmes, on se rapproche de ce qui est universel : l'humain. Nel ritrovare ciò che è comune negli sguardi delle donne, ci avviciniamo a ciò che è universale: l'umano.
UN FILM SULL'ARTE La molteplicità delle immagini, la loro rapida diffusione, la globalizzazione permettono agli artisti di ripensare il loro lavoro. JR apre un nuova strada: l'arte partecipativa. Con le comunità, crea delle opere d'arte effimere che vengono poi arricchite da commenti e reazioni. Le donne anziane diventano modelle per un giorno, i bambini sono artisti per una settimana, gli studenti svolgono quindi il ruolo di critici. L'arte partecipativa rimette in questione le modalità, le finalità, e il posto stesso dell'arte.
IL CORPO DELLE DONNE è il titolo del nostro documentario di 25′ sull’uso del corpo della donna in tv. Siamo partiti da un’urgenza. La constatazione che le donne, le donne vere, stiano scomparendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante. La perdita ci è parsa enorme: la cancellazione dell’identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un’adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime. Da qui si è fatta strada l’idea di selezionare le immagini televisive che avessero in comune l’utilizzo manipolatorio del corpo delle donne per raccontare quanto sta avvenendo non solo a chi non guarda mai la tv ma specialmente a chi la guarda ma “non vede”. L’obbiettivo è interrogarci e interrogare sulle ragioni di questa cancellazione, un vero ” pogrom” di cui siamo tutti spettatori silenziosi. Il lavoro ha poi dato particolare risalto alla cancellazione dei volti adulti in tv, al ricorso alla chirurgia estetica per cancellare qualsiasi segno di passaggio del tempo e alle conseguenze sociali di questa rimozione.
Ci sono voluti trentanni di fanciulle scosciate e giovanotti palestrati, di casalinghe disperate e quiz milionari, di reality irreali, di gossip e volgarità eretti a sistema. Un lavoro lungo e paziente, che alla fine però ha fatto centro: la tv in Italia ha preso il posto della democrazia. E' la tesi di Videocracy, il documentario che promette di rendere davvero speciale l'evento programmato per il 3 settembre al Lido dalle due sezioni autonome della Mostra del Cinema, la Settimana Internazionale della Critica (SCI) e le Giornate degli Autori, che hanno scelto di concerto il film, rifiutato dalle sezioni ufficiali. Ottanta minuti di reportage spietato sullItalia berlusconiana, le sue mutazioni antropologiche e culturali, firmati da Erik Gandini, regista quarantenne originario di Bergamo ma traslocato a 18 anni in Svezia.
«In una videocrazia la chiave del potere è l'immagine - sostiene il cineasta. In Italia solo un uomo ha dominato le immagini per tre decenni. Prima magnate della tv, poi Presidente, Silvio Berlusconi ha creato un binomio perfetto, caratterizzato da politica e intrattenimento televisivo, influenzando come nessun altro il contenuto della tv commerciale nel Paese. I suoi canali televisivi, noti per l'eccessiva esposizione di ragazze seminude, sono considerati da molti uno specchio dei suoi gusti e della sua personalità».
I recenti fatti di cronaca a luci rosse confermano. In ogni caso Videocracy (prodotto dalla svedese Atmo con la danese Zentropa e poi distribuito dalla Fandango) non passerà indenne sugli schermi del Festival veneziano. «E' un film destinato a far discutere», assicura Francesco Di Pace, direttore della SCI, ben contento di essersi assicurato, in sintonia con il Festival di Toronto che lo proietterà dopo l'anteprima mondiale veneziana, la patata bollente che nessuno voleva. «Era stato proposto prima a Orizzonti, una delle sezioni ufficiali della Mostra, ma è stato scartato da Marco Müller e i suoi selezionatori - racconta Di Pace. Così l'abbiamo acchiappato noi. Comunque la si pensi è un film che andava mostrato. Perché denuncia il potere che la tv ha sulla nostra società e sulla nostra cultura. Quel che produce nella gente, come ne condiziona i comportamenti». Un panorama inedito, per molti inspiegabile, che Gandini osserva con lo sguardo lontano ma partecipe dell'italiano all'estero. «Non è un film su Berlusconi ma sull'Italia berlusconiana », ribadisce lui, già autore di un documentario su Guantanamo.
In Videocracy il punto di osservazione è un altro: il back stage di un'Italia ossessionata dall'esibizionismo sessuale e senza più freni morali. L'Italia dei Lele Mora, dei Briatore, Corona, Ventura. Che compaiono in scena insieme con i reduci dei Grandi Fratelli, le veline e i tronisti, la tribù Costa Smeralda, smaniosa solo di apparire, pronta a tutto per riuscirci. La tesi sostenuta da Moretti ne Il Caimano : «Berlusconi ha già vinto, ci ha cambiato la testa trentanni fa».
Alla fine approderà in Italia il mercantile Pinar. Dopo giorni in balia della macchina burocratica, i migranti toccheranno la terra siciliana. Ma cosa ne sarà di loro quando giungeranno sulle "nostre" coste? Verranno tutti rispediti a casa loro? Dopo giorni di sofferenza (evitabile), ben dieci trascorsi in mare e tre sul ponte della nave turca, la loro via crucis non è ancora finita. Vedremo come andrà a finire.. Di certo in un paese come l'Italia dove qualcuno propone di sparare direttamente alle imbarcazioni cariche di "clandestini" prima che esse sfiorino l'occidente civile ed evoluto, temo per il futuro di queste persone.
Riguardo il tema della migrazione invito tutti/e a vedere un film di Andrea Segre,Riccardo Biadene, Dagmawi Yimer dal titolo Come un uomo sulla terra. Con questo documentario i registi sono riusciti a dar voce a chi non ha mai la possibilità di esprimersi. Donne e uomini provenienti da diversi paesi dell'Africa raccontano il loro infinito e sofferente viaggio che intraprendono per raggiungere l'Europa. Ed è molto peggio di quanto chiunque possa immaginarsi. Un viaggio costosissimo, non solo economicamente, e che lascia il segno. Per sempre. Tratta di esseri umani, violenza, carcere, fame, sete, stupri, subiti per lungo tempo, prima di riuscire a raggiungere la terra promessa. Oltre a sentire raccontare le cose più aberranti che un uomo possa fare ad un altro uomo, le parole che più mi hanno fatto incazzare sono quelle di Frattini. Lui, uomo, bianco, benestante, occidentale, che non ha mai messo il naso fuori dal suo/nostro ufficio, parla degli accordi presi dall'Italia con la Libia. Ma sentirete dalle persone che vivono questi accordi sulla loro pelle cosa essi implichino. Una vergogna incredibile.
LA VIOLENZA SULLE DONNE NON È UNA QUESTIONE DI ORDINE PUBBLICO È UN PROBLEMA “CULTURALE” SOCIALE ED IN SOSTANZA POLITICO
La violenza sulle donne è la 1° causa di morte e di invalidità permanente per le donne fra i 14 ed i 66 anni in Europa, ciò nonostante siamo convinte che la violenza non sia il nostro destino. Per questo vogliamo combatterla alle radici prima che si manifesti, nelle strade ma soprattutto nelle case dove ha la sua espressione più continuativa e massiccia e con l’aiuto della scuola luogo di formazione per tutte e tutti. Denunciamo l’uso e l’abuso del corpo della donna sempre esposto, disponibile e lascivo, tanto nei media quanto nella pubblicità che genera la “cultura” dello stupro. Quello che prima era silenzio sulle violenze ora che con l’aumento delle denunce non può più essere tale, diventa strumentalizzazione. Tutti parlano e barattano interessi politici sui nostri corpi.Rifiutiamo qualsiasi provvedimento in chiave razzista e autoritaria fatto in nostronome. Per noi la violenza è “solo” maschile e non dipende dal passaporto di chi la agisce. Ci ripugna la logica violenta tanto degli stupratori quanto delle ronde dei giustizieri. Per noi una strada è sicura quando è piena di donne.Rifiutiamo la logica della paura ed affermiamo la nostra libertà! Per bloccare la violenza, crediamo nella solidarietà fra donne e lesbiche, nella denuncia dei maschi violenti, e nella necessità di dotarci di strumenti per l’autodifesa.
PRENDIAMO INSIEME PAROLA PUBBLICA DICIAMO NO ALLA VIOLENZA MASCHILE
SABATO 7 MARZO ’09 CORTEO NOTTURNO DI DONNE E LESBICHE CONCENTRAMENTO ALLE H.20 IN PIAZZA DELL’UNITÀ
ASSEMBLEA CITTADINA DI DONNE E LESBICHE (BOLOGNA)
Consiglio a tutt* di scaricare qui il primo processo per stupro svoltosi a porte aperte, negli anni settanta. Tanto per farvi un'idea del trattamento riservato alle donne nella nostra evoluta società... Grazie alle donne di Femminismo a sud.
Riassumo brevemente due illuminanti articoli, tratti da Zeusnews, a proposito del processo ai responsabili del più grande motore di ricerca di file .torrent, The Pirate Bay. Il sito svedese ha una storia interessantissima quanto singolare, tanto da aver portato alla nascita di un vasto movimento sociale che è culminato nella fondazione del Pirate Party (vedi logo sopra). Le vicende sono state raccontate anche in due brevi ma efficaci documentari, Steal this film I & II, realizzati grazie alle donazioni ricevute via web, che potete guardare sottotitolati su youtube cliccando qui.
"Il processo a The Pirate Bay è iniziato e, come prevedibile, sta attirando un notevole interesse. Le posizioni dei due contendenti sono chiare. L'accusa sostiene che i gestori del sito si siano arricchiti facilitando la condivisione di file protetti da coypright; la Baia va pertanto chiusa e i quattro accusati devono pagare risarcimenti milionari. L'avvocato delle major, Monique Wasted, sostiene che "non si tratta di un processo politico né di un'operazione volta a chiudere una biblioteca pubblica o impedire l'attività di file sharing in quanto tale. Si tratta di un processo contro quattro individui che si sono arricchiti attraverso film, musica e home video protetti da copyright".
Fredrik Neij, Gottfrid Svartholm Warg, Peter Sunde Kolmisoppi e Carl Lundström rispondono che il loro sito non ha nessuna colpa: è solo un motore di ricerca, anche se specializzato, che senza ospitare direttamente alcun file indicizza quanto gli capita a tiro, che sia materiale legalmente condivisibile - presente in quantità - o meno. Anche Google, dopotutto, indicizza pagine che rimandano a contenuti protetti, ma nessuno si sogna di fargliene una colpa. I quattro smentiscono poi categoricamente l'accusa di essersi arricchiti tramite la pubblicità e le donazioni. Le major vogliono milioni di corone di risarcimento? Ebbene - spiega Peter Sunde - "Non importa se chiedono diversi milioni o un miliardo. Non siamo ricchi e non abbiamo soldi per pagarli".
La questione, in realtà, è più ampia di quanto appaia, nonostante quanto dice la Wasted. Si tratta dell'opposizione tra chi considera la Rete un luogo aperto di scambio, dove la responsabilità di ciò che viene scambiato è dei singoli e non di chi mette a disposizione i mezzi per farlo, e chi vuole trasformare Internet in un "distributore automatico di intrattenimento" (come dicono i quattro di The Pirate Bay), riproponendo il modello televisivo, discografico o cinematografico in cui solo uno (o comunque un numero limitato di soggetti) produce e gli altri comprano. Se la portata di questo processo è più ampia del singolo caso, non bisogna nemmeno farne un dramma. Da una parte gli accusati sono sicuri di vincere ("Già una volta non sono riusciti a fermarci. Lasciate che falliscano di nuovo" ha affermato Gottfrid Svartholm Warg durante una conferenza stampa); dall'altra, anche se dovessero perdere non saranno i giganti dei media a trionfare.
Tornando alla responsabilità diretta della Baia, l'avvocato di Sunde e soci spiega come il sito offra "un servizio che può essere usato sia in modo legale che in modo illegale. L'attività di Pirate Bay può essere paragonata alla fabbricazione di automobili che possono essere guidate oltre i limiti di velocità". Con la differenze che tramite il filesharing non muore nessuno, nemmeno se si superano i limiti.
Anzi, a volerla dire tutta la condivisione fa persino bene alle vendite, a patto di non arroccarsi su un modello non più adatto alla situazione attuale. Ma questa è una cosa che può capire solo chi accetta di cambiare la cosa più importante: l'ottica in base alla quale vede gli utenti come polli da spennare".
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E fino qui nulla di sconvolgente. Se non fosse che, probabilmente, i processi in Svezia sono una cosa seria e proprio per questo gli avvocati della difesa, il giorno dopo l'inizio del processo, possono affermare trionfanti:
"È molto raro vincere metà caso dopo un giorno e mezzo ed è chiaro che l'accusa è stata profondamente influenzata da quanto abbiamo detto ieri": così Per Samuelsson, avvocato degli amministratori di The Pirate Bay, ha commentato la decisione del pubblico ministero Håkan Roswall di lasciar cadere metà delle accuse. I quattro imputati erano stati accusati della distribuzione illegale di materiale coperto da copyright. Ora questa parte dell'accusa è stata tolta, lasciando quella relativa a "rendere disponibile materiale coperto da copyright". Secondo Samuelsson questa decisione è dovuta anche al fatto che Roswall "non ha davvero compreso" il funzionamento del protocollo BitTorrent; probabilmente prima era davvero convinto che i server del sito ospitassero il materiale proibito."
A parte la figura ridicola che ha fatto il pubblico ministero, dimostrando la sua (e non solo sua) ignoranza in ambito informatico, invidio la sicurezza dei ragazzi svedesi di uscire indenni dal processo e auguro loro tutta la fortuna di cui hanno bisogno. La loro vicenda è esemplare e la decisione che verrà presa influenzerà parecchio, credo, le future strategie delle major disco/cinematografiche. Good luck pirates!
Come avevamo già anticipato in un post precedente, è uscita la seconda puntata dell'interessante documentario curato interamente da Peter Joseph, la cui biografia è tuttavia irreperibile. Ora è disponibile in un unico file sottotitolato in italiano. Non abbiamo ancora avuto modo di vederlo ma, vista la qualità espressa nel primo episodio (e il secondo premio consecutivo vinto), non dubitiamo che anche questo sarà un documentario illuminante. Riporto dal sito ufficiale quelle che sono le risorse basilari utilizzate per realizzare la pellicola:
Mai come in questo periodo urge una spiegazione efficace delle dinamiche che governano l'economia internazionale. In un futuro che è già dietro l'angolo, non basteranno più gli ingenti finanziamenti statali di bolscevica memoria per parare il culo agli aguzzini seduti in cima alla piramide a tirare i fili di questo capitalismo da strapazzo. Dunque, nel caso in cui vi foste persi l'illuminante documentario Zeitgeist, vincitore nel 2007 dell'Artivist Film Festival, e del quale avevamo parlato in questo post, sappiate che è da poco uscito l'inatteso sequel, intitolato Zeitgeist addendum. Per il momento è disponibile soltanto in lingua inglese sul sito ufficiale. Sono però riuscito a trovare due brevi anteprime sottotitolate in italiano, nelle quali si parla del signoraggio bancario. Un argomento che potrebbe aiutarci a comprendere gli intricati processi che hanno portato, portano e porteranno alle miserevoli bancarotte dei giorni scorsi. Dal momento che sono anche i nostri gesti quotidiani in veste di "consumatori" a disegnare il futuro dell'economia globale, mi sembra opportuno, con uno sguardo di insieme, cercare di comprendere se i binari sui quali si è incastrata la nostra esistenza, potranno essere deviati verso migliori destinazioni, o necessiteranno di un deragliamento per evitare che tutto il convoglio salti in aria prima ancora della partenza. Ed è proprio in supplenza del vuoto informativo che avvolge questo problema, che questo documentario, ora arricchito da una seconda puntata, vuole inserirsi, cercando di sviluppare un punto d'osservazione critico sull'ultimo secolo della nostra epoca. In tal modo anche il meno informato degli esseri umani, in virtù dell'enorme quantità di informazioni ricevute, sarà in grado di districarsi meglio tra i tentacoli sempre più asfissianti di quest'economia del terrore, nell'attesa della stretta finale.
Zeitgeist, spirito del tempo, espressione tedesca che indica la tendenza culturale predominante in una determinata epoca.
Zeitgeist è un web-film non profit uscito nel 2007 prodotto da Peter Joseph. E' suddiviso in tre parti: la prima parte si occupa di religione soprattutto cristiana, smontandone i fondamenti e la storicità, con considerazioni non discutibili e almeno per me, del tutto nuove. La religione e i miti in generale sono mezzi per cancellare la coscienza individuale critica e quindi mezzi di oppressione e controllo. La seconda parte prende in esame i fatti dell'11/9 e altri attacchi terroristici avvenuti in Europa. Chi sono i terroristi? Risolvi il rebus. Poco viene aggiunto ai già numerosi documentari sull'argomento. Infine la terza parte è quella più inquietante: traccia un filo conduttore tra tutti i grandi conflitti bellici che hanno coinvolto gli Stati Uniti dalla prima guerra mondiale alla seconda guerra del golfo. Ma soprattutto si parla di banche centrali, debiti, crisi economiche scientificamente provocate e dell'ipotesi di un nuovo ordine mondiale. Il mondo in cui viviamo è reale? La percezione di esso è incontaminata? Tramite la manipolazione mass-mediatica la realtà viene creata artificialmente da chi vuole dirigere i nostri pensieri e le nostre azioni, al punto da farci chiedere ai nostri governi nuovi dispositivi totalitari, contrari ai nostri stessi interessi. Il principio che più incarna lo spirito dei governi è: divide et impera. Ho trovato questo documentario davvero interessante, dal momento che si occupa di argomenti sconosciuti ai più e che riesce a coniugare tutti gli aspetti del potere in un'unico quadro, svelando chi sono i burattinai che muovono i fili della società contemporanea. Non vi rimane che scaricarlo. Purtroppo il film è sottotitolato e la voce narrante va davvero spedita, bombardando l'ascoltatore di innumerevoli informazioni.
Controindicazioni: la visione è sconsigliata ai paranoici e a chi soffre d'ansia. Può causare senso di inadeguatezza e attacchi di panico.