martedì 30 settembre 2008

Limp Bizkit - Break Stuff

* Scusate la tamarranza, ma oggi mi girava così.

lunedì 29 settembre 2008

Una scuola dove la vita si annoia insegna solo la barbarie

* Il mondo è cambiato più in trent'anni che in tremila. Mai - perlomeno nell'Europa occidentale - la sensibilità dei ragazzi ha tanto deviato dai vecchi istinti predatori che fecero dell'animale umano la più feroce e la più distruttrice delle specie terrestri.

* Il nostro sistema educativo si inorgoglisce a ragione di aver risposto con efficacia alle esigenze di una società patriarcale un tempo onnipotente, tenendo conto di un solo dettaglio: che una tale gloria è al contempo ripugnante e superata.

* Bisogna davvero coltivare la stupidità con una prolissità ministeriale per non revocare immediatamente un insegnamento che il passato impasta ancora con i lieviti ignobili del dispotismo, del lavoro forzato, della disciplina militare e di quell'astrazione, la cui etimologia - abstrahere, tirar fuori da - esprime bene l'esilio da sè, la separazione dalla vita.
Finalmente agonizza quella società in cui si entrava vivi solo per imparare a morire.

* I pedagoghi dissertavano sul fallimento scolastico senza preoccuparsi dello scacchiere su cui si tramava l'esistenza quotidiana, giocata ad ogni passo nell'angoscia del merito e del demerito, della perdita e del profitto, dell'onore e del disonore. Una costernante banalità regnava nelle idee e nei comportamenti: c'erano i forti e i deboli, i ricchi e i poveri, i furbi e gli imbecilli, i fortunati e gli sfortunati.
Certo la prospettiva di dover passare la propria vita in una fabbrica o in un ufficio a guadagnare il denaro del mese non era atta ad esaltare i sogni di felicità e di armonia che l'infanzia nutriva. Essa produceva in serie degli adulti insoddisfatti, frustrati di un destino che avrebbero desiderato più generoso.

* L'insopportabile predominanza degli interessi finanziari sul desiderio di vivere non riesce più a ingannare. Il tintinnio quotidiano dell'esca del guadagno risuona assurdamente nella misura in cui il denaro si svaluta, che un fallimento comune livella capitalismo di Stato e capitalismo privato, e che scivolano verso la fogna del passato i valori patriarcali del padrone e dello schiavo, le ideologie di destra e di sinistra, il collettivismo e il liberalismo, tutto ciò che si è edificato sullo stupro della natura terrestre e della natura umana in nome della sacrosanta merce.

* La noia genera la violenza, la bruttezza degli edifici incita al vandalismo, le costruzioni moderne, cementate dal disprezzo degli impresari immobiliari, si screpolano, crollano, prendono fuoco, secondo l'usura programmata dei loro materiali di paccottiglia.

* La scuola è al centro di una zona di turbolenza dove gli anni giovanili rovinano nella tetraggine, dove la nevrosi coniugata dell'insegnante e dell'insegnato imprime il suo movimento al bilanciere della rassegnazione e della rivolta, della frustrazione e della rabbia. Essa è anche il luogo privilegiato di una rinascita. Porta in gestazione la coscienza che è al centro della nostra epoca: assicurare la priorità di ciò che vive sull'economia di sopravvivenza.
Essa detiene la chiave dei sogni in una società senza sogno: la risoluzione di cancellare la noia sotto il rigoglio di un paesaggio in cui la volontà di essere felici bandirà le fabbriche inquinanti, l'agricoltura intensiva, le prigioni di ogni genere, i laboratori di affari sospetti, i depositi di prodotti sofisticati, e quelle cattedre di verità politiche, burocratiche, ecclesiastiche che chiamano lo spirito a meccanizzare il corpo e lo condannano a claudicare nell'inumano.

* Ormai, ogni bambino, ogni adolescente, ogni adulto si trova all'incrocio di una scelta: sfinirsi in un mondo sfinito dalla logica della redditività ad ogni costo, o creare la propria vita creando un ambiente che ne assicuri la pienezza e l'armonia. Perchè l'esistenza quotidiana non può essere confusa più a lungo con questa sopravvivenza adattativa a cui l'hanno ridotta gli uomini che producono la merce e dalla quale sono prodotti.
Noi non vogliamo più una scuola in cui si impara a sopravvivere disimparando a vivere.

* Che l'infanzia sia caduta nella trappola di una scuola che ha ucciso il meraviglioso invece di esaltarlo, indica abbastanza in quale urgenza si trovi l'insegnamento, se non vuole cadere in seguito nella barbarie della noia, di creare un mondo di cui sia permesso meravigliarsi.
Guardatevi tuttavia dall'attendere aiuto o panacea da qualche salvatore supremo. Sarebbe vano, sicuramente, accordare credito a un governo, a una fazione politica, accozzaglia di gente preoccupata di sostenere prima di tutto l'interesse del loro potere vacillante; e nemmeno a tribuni e maitres à penser, personaggi massmediatici che moltiplicano la loro immagine per scongiurare la nullità che riflette lo specchio della loro esistenza quotidiana. Ma sarebbe soprattutto andare contro se stessi, inginocchiarsi come un questuante, un assistito, un inferiore, mentre l'educazione deve avere per scopo l'autonomia, l'indipendenza, la creazione di sè, senza la quale non vi è vero aiuto reciproco, autentica solidarietà, collettività senza oppressione.
Una società che non ha altra risposta alla miseria che il clientelismo, la carità e l'arte di arrangiarsi è una società mafiosa. Mettere la scuola sotto il segno della competizione e incitare alla corruzione, che è la morale degli affari.
La sola assistenza degna di un essere umano è quella di cui ha bisogno per muoversi con i propri mezzi. Se la scuola non insegna a battersi per la volontà di vivere e non per la volontà di potenza, essa condannerà intere generazioni alla rassegnazione, alla servitù e alla rivolta suicida. Rovescerà in soffio di morte e di barbarie ciò che ciascuno possiede in sè di più vivo e di più umano.
Io non immagino altro progetto educativo che quello di formarsi nell'amore e nella conoscenza di ciò che è vivo. Al di fuori di una scuola della vita dove la vita si trova e si cerca senza fine - dall'arte di amare fino alle matematiche speculative - non vi è che la noia e il peso morto di un passato totalitario.

Raoul Vaneigem, Avviso agli studenti, Nautilus, 1996

sabato 27 settembre 2008

Profezie?

Alitalia, Scajola: "Con nuova compagnia discontinuità"

"Con la nuova compagnia c'é una grande discontinuità col passato, con un accordo sindacale che va verso l'en plein, una nuova forma contrattuale, e un piano industriale nuovo".
"Si è trattato di un grande successo per l'Italia e per il governo Berlusconi. Buon volo a questa nuova società che aiuterà l'Italia a decollare".



Detersivo per i piatti d.i.y.


Viviamo in una società dove purtroppo tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere e non, ci appare come un prodotto pronto per l'uso, di cui ignoriamo l'origine. Molto spesso non sappiamo quali sono le varietà di ortaggi di stagione, l'aspetto della pianta che ci ha donato un buon frutto, o come viene prodotto qualsiasi bene di consumo che ci passa ogni giorno per le mani.

Con l'avvento della società dei consumi di massa, portata avanti sotto la bandiera del progresso, ciò che un tempo veniva prodotto in casa ora viene comprato al supermercato. Oltre a scomparire la trama di trucchi e segreti che venivano tramandati di nonno/a in nipote e di padre/madre in figlio/a, cancellando la conoscenza popolare, oggi è anche necessario lavorare di più per acquistare questi beni.
Bisogna il più possibile contrastare la specializzazione della società dove ad ognuno è affidata una funzione ma al di fuori di essa non si sa fare nient'altro. Un modo pratico per andare contro corrente è l'autoproduzione di più beni possibili di cui facciamo un costante uso. Questo permette oltre ad una certa autosufficienza, di ridurre il nostro impatto ambientale, di scegliere con cura gli ingredienti, che si tratti di cibo o di altro, e credo dia anche una certa soddisfazione personale.

DETERSIVO PER I PIATTI

INGREDIENTI: 3 limoni, 200g. di sale grosso, 100ml di aceto, 400ml di acqua.
Tritare (anche nel frullatore) i limoni con la buccia, il sale e aggiungere un pò di acqua. Disporre quello che si ottiene in una pentola e prima di accendere il fuoco aggiungere la restante acqua e l'aceto. Mescolare e portare a ebollizione per 15 minuti.
Ora il vostro detersivo è pronto! Aspettate che si raffreddi e imbottigliatelo.

The decline of italian civilization

Per pura curiosità, mista a un po' di sano masochismo, sono andato a spulciare il sito del governo, giusto per darmi una rinfrescatina alla memoria. Ecco a voi, dunque, quelli che sono stati spacciati per i massimi rappresentanti, gli avamposti direi, dell'italica cultura/istruzione:

2001/2005

ISTRUZIONE-UNIVERSITA'-RICERCA










L.Moratti


BENI E ATTIVITA' CULTURALI










G.Urbani

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2005/2006

ISTRUZIONE-UNIVERSITA'-RICERCA










L.Moratti


BENI E ATTIVITA' CULTURALI












R.Buttiglione

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2008/?


ISTRUZIONE-UNIVERSITA'-RICERCA












M.Gelmini

BENI E ATTIVITA' CULTURALI












S.Bondi



Dove andremo a finire?
Quanto ancora dovremo aspettare prima di vedere Corona all'Istruzione e la Vento alla Cultura?

venerdì 26 settembre 2008

Fidati! Gli esperti siamo noi

* in occasione del ritorno di Betti sui tasti, festeggiamo il nostro centesimo post.


Tempo fa trovai in un mercatino dell'usato un libro dal titolo: "Fidati! Gli esperti siamo noi. Come la scienza corrotta minaccia il nostro futuro".
Sulla copertina Mark Dowie confessa che: "dopo aver letto questo libro non sono più riuscito a prestare ascolto a un esperto senza scetticismo. E senza chiedermi: chi lo sta pagando per dire tutto ciò?".
Nonostante nutrissi già forti dubbi nei confronti di certa scienza, questo libro di S. Rampton e J. Stauber e progetto del Center for Media and Democracy (edito da Nuovi Mondi Media nel 2004), mi ha comunque scioccato.
Bisogna dire che il testo tratta la realtà statunitense, una realtà quasi virtuale per certi versi, dove l'immagine e il denaro spingono verso interessi prestabilti a danno dei cittadini ma sopratutto dove esistono migliaia di agenzie di pubbliche relazioni che guidano le multinazionali nella distruzione del pianeta.
Di sicuro questo libro offre gli strumenti per capire le strategie impiegate per creare il nostro consenso e farci buttare soldi. D'ora in poi non crederete più agli esperti ospiti dei salotti televisivi e magari nemmeno più al vostro medico.
Tra i temi trattati vi sono: la manipolazione scientifica nei vari campi e nella storia, e le diverse tecniche utilizzate; "affari rischiosi", quindi disastri avvenuti in passato e che tutt'ora accadono; Ogm; biotecnologie; principio di precauzione e molto molto altro. Inoltre ogni tesi è affiancata da spiegazioni coerenti, testimonianze e dati affidabili.
Gli interessi di questa scienza corrotta e delle multinazionali vanno di sicuro contro i nostri stessi interessi e gli esempi riportati confermano questa tesi.

“Un resoconto da tanto atteso, che svela intrighi e sotterfugi che si nascondono dietro la creazione degli esperti... Questo libro sconvolgente ci mostra i risvolti celati delle pubbliche relazioni delle multinazionali, dove esperti accademici di ogni livello e categoria vengono corrotti nei modi più diversi. Illuminante”.


Jeremy Rifkin


Se vi capita, leggetelo!

Tutti a casa! Buoni, tranquilli e lobotomizzati [2]


Non mi danno neanche il tempo di smaltire una vaccata (v. post precedente), che bum! ne sparano subito un'altra.

Ma d'altronde, si sa, i nostri amministratori locali fanno di tutto per essere sempre all'avanguardia.

Dolcedo: vietato salire sulle giostre a chi ha più di 12 anni, lo dispone un'ordinanza del sindaco


Presunte giostre nostrane, mai viste a Dolcedo


'E' vietato l'uso delle giostrine e degli impianti ricreativi per bambini ai maggiori di anni 12'. E' quanto recita un'ordinanza emanata dal sindaco di Dolcedo (Imperia), Marco Ascheri, intervenuto con una serie di provvedimenti restrittivi, a fronte di alcuni comportamenti ritenuti indecorosi, riguardanti il rispetto degli spazi comunali, che si sono verificati di recente e che avrebbero provocato, oltre che lamentele da parte dei cittadini, anche criticita' igienico sanitarie.
Oltre al divieto di salire sulle giostre per chi ha un'eta' superiore ai 12 anni, il sindaco vieta pure di gettare o abbandonare in luogo pubblico o di uso pubblico, bicchieri, latine, cartoni e altro materiale; di bivaccare o sistemare giacigli, di arrampicarsi sugli alberi, sui monumenti e sui pali della pubblica illuminazione, di calpestare, sedersi o sdraiarsi sulle aiuole, di lavarsi o effettuare altre operazioni di pulizia nelle vasche o presso le fontane pubbliche e di adottare qualsiasi comportamento che arrechi molestia o disturbo alle persone. La sanzione amministrativa, per chi non rispetta i punti dell'ordinanza va dai 25 ai 500 euro. Chiamata a verificarne il rispetto e' la polizia municipale.

Tratto da Riviera24.it (i grassetti sono miei - T.B.)

Quindi, cari bambini, d'ora in avanti, scordatevi di arrampicarvi sugli alberi (Dolcedo sono quattro case in mezzo a una valle intera di ulivi). E voi adulti, dimenticatevi le brevi penniche ristoratrici sui prati (ah no scusatemi, aiuole comunali). Dimenticatevi l'acqua refrigerante delle fontane, con la quale eravate soliti sciacquarvi il viso nelle giornate di calura estiva. Infine scordatevi nostalgiche evoluzioni sull'altalena.
E se poi, malauguratamente, vi venisse voglia di farvi uno spinello sull'altalena, be' preparatevi, che i militari son già dietro il cespuglio!


giovedì 25 settembre 2008

Tutti a casa! Buoni, tranquilli e lobotomizzati

È l´ordinanza a cui lei, storica sostenitrice della comunità di San Patrignano, tiene di più: quella sulla droga. Ma è anche il testo più contestato fra i quattro che Letizia Moratti si prepara a firmare: una multa di 500 euro per chi sarà sorpreso a consumare sostanze stupefacenti in un luogo pubblico. Senza distinzioni fra uno spinello, una striscia di cocaina o dell´eroina.

Evidentemente non è bastato l'esercito nelle strade per convincere la gente che "uscire di casa è pericoloso". Non bastano migliaia di poliziotti et similia, schierati quotidianamente nelle strade e nelle piazze di mezza Italia.
Ci vogliono rinchiudere nei nostri salotti profumati, come se di "carceri" non ne avessimo già abbastanza, ad ascoltare la loro propaganda-in-monopolio-di-stato, la quale non può fare altro che raccontarci quanto sia pericoloso il mondo là fuori, oltre le nostre quattro mura.

Ok, va bene. Ci sto. Me ne resto a casa.

Ma la prossima volta che esco lo faccio così:


martedì 23 settembre 2008

Avviso agli studenti


* La scuola è stata, con la famiglia, la fabbrica, la caserma e accessoriamente l'ospedale e la prigione, il passaggio ineluttabile in cui la società mercantile piegava a suo vantaggio il destino degli esseri che si dicono umani.
Il governo che essa esercitava su nature ancora appassionate delle libertà dell'infanzia l'apparentava, infatti, a quei luoghi poco propizi alla realizzazione e alla felicità che furono - e che restano in diversa misura - il recinto familiare, l'officina o l'ufficio, l'istituzione militare, la clinica, le carceri.


* L'impresa scolastica non ha forse obbedito fino ad oggi a una preoccupazione dominante: migliorare le tecniche di ammaestramento affinché l'animale sia redditizio?


* Ecco quattro muri. Il consenso generale decide che, con ipocriti riguardi, vi saremo imprigionati, costretti, colpevolizzati, giudicati, onorati, puniti, umiliati, etichettati, manipolati, vezzeggiati, violentati, consolati, trattati come aborti che questuano aiuto e assistenza. Di che cosa vi lamentate? obbietteranno gli autori di leggi e decreti. Non è forse il modo migliore di iniziare i novellini alle regole immutabili che regolano il mondo e l'esistenza? Senza dubbio. Ma perché i giovani dovrebbero ancora accontentarsi di una società senza gioia ed avvenire, che gli stessi adulti sopportano ormai rassegnati, con un'acrimonia e un malessere crescenti?

Raoul Vaneigem, Avviso agli studenti, Nautilus, 1996

OfflagaDiscoPax - Ventrale

lunedì 22 settembre 2008

Report: Incontro sull'autoproduzione rurale 2008 @ Las Vegans House (Montepastore - Bo)



Tre giorni davvero insoliti sulle alture che circondano Bologna.

Montepastore per la precisione.
Un casale ristrutturato domina la valle. Terreno a volontà: arato, coltivato o ancora da zappare. Cinque, al massimo sei, cavalli (pony compreso). Un maialino. Un po' di galline. Una manciata di cani.
A portare avanti il tutto, un gruppo di ragazzi uniti dall'istinto di allontanarsi dai ritmi caotici e alienanti della vicina città, stanchi di cedere ai ricatti che quest'ultima impone quotidianamente.
Non basta. Convinti fino in fondo della bontà della loro scelta, hanno deciso di organizzare un incontro per raccontare e condividere la/e loro esperienza/e, offrendo la possibilità di toccare con mano i risultati ottenuti e la fatica e il sudore che sono stati necessari per arrivarci.
Autogestione è stata la parola d'ordine. Loro, sacrissimi, non hanno fatto mancare nulla ai tanti partecipanti, accorsi, con tende al seguito, da mezza Italia. E' bastato salire con un piatto, una forchetta, un bicchiere e qualche spicciolo, che al resto hanno pensato loro.
I pasti, rigorosamente vegani, erano a offerta libera (consigliati due euri). Il cibo, se non biologico, al massimo proveniente dall'orto del contadino vicino. Birra e vino sempre presenti (fortuna che non erano straight-edge!). Colazioni salutiste a base di tè o latte di soia e pane e marmellata autoprodotta.
Numerosissimi i workshop organizzati dai ragazzi. A cominciare da quello sulla conserva di pomodoro, passando per quelli sulla costruzione di una capanna in paglia e la realizzazione di un orto sinergico, arrivando a quelli su unguenti, dentrifici e detersivi, oli essenziali: tutti intelligentemente fatti in casa.
Ancora: workshop di saldatura, uno sugli assorbenti autoprodotti e una lunga ed interessante passeggiata tra le colline per riconoscere le principali erbe commestibili.
E ancora conferenze su: metodi contraccettivi naturali (con qualche immancabile e meritata contestazione), hypermiling (ovvero come consumare meno con la macchina), nanotecnologie, scelta vegana e inganno farmaceutico.
Tutto questo in tre giorni.

Cosa dire? E' stata una boccata d'ossigeno per le nostre menti obnubilate da progresso e civiltà, e per i nostri polmoni, asfaltati ormai da tempo. L'atmosfera e le persone, hanno fatto rivivere epoche passate, quando il confronto e la condivisione erano ancora alla base della convivenza. Quando potevi chiedere tutto a tutti, sapendo di non essere squadrato dalla testa ai piedi. Quando, infine, ad unire la gente, erano desideri, volontà ed intenzioni comuni, proiettati in un futuro migliore.
Torniamo a casa arricchiti per davvero e grati per l'incredibile ospitalità ricevuta.
Grazie Las Vegans!

giovedì 18 settembre 2008

3. L'apartheid del nuovo Stato sociale

"Un lavoro qualsiasi è meglio di nessun lavoro"

Bill Clinton, 1998, Antonio Fazio, 1999 e Emma Bonino, 2000

"Nessun lavoro è così duro come non lavorare"

Slogan di un manifesto dell'ufficio di coordinamento federale delle iniziative per i disoccupati in Germania, 1998


Le frazioni anti-neoliberiste all'interno del "campo del lavoro" - che comprende tutta la società - possono anche non fare salti di gioia per questa prospettiva, ma proprio per loro è fuori discussione che un uomo senza lavoro non è un uomo. Sono fissate nostalgicamente sul periodo del dopoguerra caratterizzato dal lavoro fordista di massa, e non hanno in mente nient'altro che far rivivere quell'età, ormai passata, della società del lavoro. Lo Stato deve intervenire quando il mercato non funziona più. Bisogna continuare a simulare la presunta normalità della società del
lavoro, grazie a "programmi per l'occupazione", a interventi a favore dei siti produttivi, all'indebitamento e ad altre misure politiche. Questo statalismo del lavoro, ripreso svogliatamente, non ha la minima possibilità di riuscire, ma resta il punto di riferimento ideologico per ampi strati della popolazione minacciati dal degrado.
[...]
La metamorfosi ideologica del lavoro come "bene raro" nel primo diritto del cittadino esclude di conseguenza tutti i non-cittadini. La logica di selezione sociale non viene dunque messa in discussione, ma soltanto diversamente definita: la battaglia per la sopravvivenza individuale deve essere resa meno spietata grazie a criteri etnico-nazionalistici.
L'anima popolare, che nel perverso amore per il lavoro si ritrova, ancora una volta, in una comunità di popolo, grida dal profondo del cuore: "Lo sgobbo italiano agli italiani!". Il populismo di destra grida ai quattro venti questa sua conclusione. La sua critica alla società della concorrenza, alla fine, significa soltanto la pulizia etnica nelle zone, sempre più ristrette, della ricchezza capitalistica.
Il nazionalismo moderato, d'impronta socialdemocratica o verde, accetta invece i lavoratori da tempo immigrati come indigeni, e vuole addirittura concedere loro la cittadinanza, se fanno la riverenza e si comportano bene, oltre naturalmente a essere inoffensivi al cento per cento.
[...]
La caccia all'uomo contro i "clandestini", che si vogliono impadronire di soppiatto dei posti di
lavoro nostrani, non deve lasciare, se possibile, odiose tracce di sangue o di incendi sul suolo nazionale. Per questo esistono la polizia di confine e gli Stati-cuscinetto di Schengenlandia, che sbrigano tutto secondo la legge e il diritto, magari tenendosi lontani dalle telecamere.
[...]
Se in futuro non vogliono vivere d'aria o dell'amore cristiano per il prossimo, allora gli esclusi
devono accettare qualsiasi lavoro, anche il più sozzo e il più servile, e qualsiasi "misura per l'occupazione", per quanto assurda, allo scopo di dimostrare la loro disponibilità incondizionata al lavoro. E' del tutto indifferente se ciò che viene loro dato da fare abbia un senso, sia pur minimo, o se rientri nella categoria dell'assurdità pura e semplice. L' importante è che rimangano in continuo movimento, affinchè non dimentichino mai secondo quali principi deve consumarsi la loro esistenza.
Prima gli uomini lavoravano per guadagnare denaro. Oggi lo Stato non si tira indietro di fronte ad alcuna spesa purchè centinaia di migliaia di persone simulino il lavoro scomparso in astrusi "stages" e "periodi di formazione", e si tengano pronti per "posti di lavoro" che però non avranno
mai. "Misure” sempre nuove e sempre più stupide vengono inventate soltanto per tenere viva l'illusione che la macchina sociale del lavoro, la quale ora gira a vuoto, possa continuare a girare per l'eternità. Quanto meno ha senso l'obbligo al lavoro, tanto più brutalmente si fa entrare in testa alle persone che chi non lavora non mangia.
[...]
La cosiddetta politica attiva per il lavoro, secondo il modello del "New Labour", non risparmia neppure i malati cronici e le ragazze-madri con bambini in tenera età. Chi riceve il sostegno dello Stato viene liberato dalla morsa della burocrazia soltanto all'obitorio. L'unica ragione di questa invadenza sta nello scoraggiare il maggior numero possibile di persone dal formulare qualsiasi pretesa nei confronti dello Stato, e di mostrare agli esclusi strumenti di tortura così ripugnanti, da far apparire una pacchia, al confronto, ogni, sia pur miserevole, lavoro.

Tratto da Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro, DeriveApprodi, 2003

mercoledì 17 settembre 2008

Spam del cazzo!

Certe volte temo per l'incolumità dello schermo che mi trovo davanti.
Gli istinti a spaccarlo o a sputargli sopra, cominciano a diventare troppi.

L'ennesimo è stato provocato da una mail.
Sono arrivati i volponi della CEPU (Cazzari E Paraculi Uniti) a insegnarmi che

LAVORARE E STUDIARE SI PUO'.

E per convincermi del tutto, nel caso avessi ancora qualche dubbio a riguardo, hanno deciso, dopo una lunga e faticosa ricerca, di selezionare un volto noto che ben rappresentasse lo studente-tipo-laureato-alla-cepu:


Che dire? Tautologici!

martedì 16 settembre 2008

Gojira - Remembrance (live)

Stavo per cascarci...

Ero rimasto perplesso, qualche giorno fa, leggendo su un quotidiano qualunque, questo titolo:

FINI AI COLONNELLI "Basta col fascismo pensate a lavorare"

Come temevo, dopo cinque-secondi-cinque, ho subito capito che il segaligno (ex)camerata non aveva assolutamente intenzione di disturbare l'esercito e che i colonnelli in questione erano i Trettrè


Siccome tre con quelle facce lì scatenano facilmente l'indignazione dei blogger più acuti, linko questo bel post di mazzetta (dopo avergli rubato la foto), nel quale è "La Rutta" a farla da padrone. Leggetelo!

domenica 14 settembre 2008

Gojira - The way of all flesh (2008, Listenable/Prosthetic/Mon Slip records)

Visto che amo la pirateria ho i ganci giusti, dedico a tutti i metallari esigenti questa primizia di stagione (uscita prevista 13 ottobre):



Tracklist:

01. Oroborus
02. Toxic Garbage Island
03. A Sight To Behold
04. Yama's Messengers
05. The Silver Cord
06. Adoration For None
07. All The Tears (feat. R. Blythe - Lamb Of God)
08. The Art Of Dying
09. Esoteric Surgery
10. Vacuity
11. Wolf Down The Earth
12. The Way Of All Flesh


Clicca qui per il download via rapidshare!

Come gli scarafaggi in cantina - a.k.a. - Stato di pulizia (etnica)

Ancora agghiacciato e incazzato, copio/incollo l'ennesimo esempio di come le nostre linde facciate democratiche nascondano sempre più spesso mostri autoritari, ai quali, per ragioni fin troppo evidenti, viene affidato l'apparato repressivo: le forze dell'ordine.
Con questo appellativo, esplicito quanto un chiodo nel cervello, si fregiano personaggi depravati, spregevoli, pronti a sospendere le più basilari norme etico-morali, in nome di un "sissignore" da pronunciare impettiti.
L'essere umano è considerato alla stregua dello scarafaggio che infesta la nostra cantina. Con lo stesso vigore ci si accanisce contro di esso, braccandolo nell'angolo e colpendolo alle spalle.
Figli di case e famiglie deviate, e conseguentemente entrati nel circolo vizioso della caserma, ove la devozione più incondizionata alla disciplina e all'obbedienza fanno scuola anche per altri settori della società (dalla scuola, al carcere, all'ospedale), questi beceri individui, premiati per la loro fedeltà al dio-patria con tanto di manganello, pistola e manette, forti proprio di questo riconoscimento, fanno il brutto e il cattivo tempo nelle più svariate località della nostrana penisola.
Io ho la nausea, se qualcuno ne ha voglia, commenti lui.


Una Bolzaneto rom a Bussolengo (Verona)


Venerdì 5 settembre 2008, ore 12. Tre famiglie parcheggiano le roulotte nel piazzale Vittorio Veneto, a Bussolengo [Verona]. Le famiglie sono formate da Angelo e Sonia Campos con i loro cinque figli [quattro minorenni], dal figlio maggiorenne della coppia con la moglie e altri due minori, infine dal cognato Christian Hudorovich con la sua compagna e i loro tre bambini. Tra le roulotte parcheggiate c'è già quella di Denis Rossetto, un loro amico.
Sono tutti cittadini italiani di origine rom. Quello che accade dopo lo racconta Cristian, che ha trentotto anni ed è nato a San Giovanni Valdarno [Arezzo]. Cristian vive a Busto Arsizio [Varese] ed è un predicatore evangelista tra le comunità rom e sinte della Lombardia. Abbiamo parlato al telefono con lui grazie all'aiuto di Sergio Suffer dell'associazione Nevo Gipen [Nuova vita] di Brescia, che aderisce alla rete nazionale «Federazione rom e sinti insieme». «Stavamo preparando il pranzo, ed è arrivata una pattuglia di vigili urbani – racconta Cristian – per dirci di sgomberare entro un paio di ore. Abbiamo risposto che avremmo mangiato e che saremmo subito ripartiti. Dopo alcuni minuti arrivano due carabinieri. Ci dicono di sgomberare subito. Mio cognato chiede se quella era una minaccia. Poi cominciano a picchiarci, minorenni compresi».
La voce si incrina per l'emozione: «Hanno subito tentato di ammanettare Angelo prosegue Cristian – Mia sorella, sconvolta, ha cominciato a chiedere aiuto urlando ‘non abbiamo fatto nulla'. Il carabiniere più basso ha cominciato allora a picchiare in testa mia sorella con pugni e calci fino a farla sanguinare. I bambini si sono messi a piangere. È intervenuto per difenderci anche Denis.

‘Stai zitta puttana', ha urlato più volte uno dei carabinieri a mia figlia di nove anni. E mentre dicevano a me di farla stare zitta ‘altrimenti l'ammazziamo di botte' mi hanno riempito di calci. A Marco, il figlio di nove anni di mia sorella, hanno spezzato tre denti... Subito dopo sono arrivate altre pattuglie: tra loro un uomo in borghese, alto circa un metro e settanta, calvo: lo chiamavano maresciallo. Sono riuscito a prendere il mio telefono, ricordo bene l'ora, le 14,05, e ho chiamato il 113 chiedendo disperato all'operatore di aiutarci perché alcuni carabinieri ci stavano picchiando. Con violenza mi hanno strappato il telefono e lo hanno spaccato. Angelo è riuscito a scappare. È stato fermato e arrestato, prima che riuscisse ad arrivare in questura. Io e la mia compagna, insieme a mia sorella, Angelo e due dei loro figli, di sedici e diciassette anni, siamo stati portati nella caserma di Bussolengo dei carabinieri».
«Appena siamo entrati,erano da poco passate le le due – dice Cristian – hanno chiuso le porte e le finestre. Ci hanno ammanettati e fatti sdraiare per terra. Oltre ai calci e i pugni, hanno cominciato a usare il manganello, anche sul volto... Mia sorella e i ragazzi perdevano molto sangue. Uno dei carabinieri ha urlato alla mia compagna: ‘Mettiti in ginocchio e pulisci quel sangue bastardo'. Ho implorato che si fermassero, dicevo che sono un predicatore evangelista, mi hanno colpito con il manganello incrinandomi una costola e hanno urlato alla mia compagna ‘Devi dire, io sono una puttana', cosa che lei, piangendo, ha fatto più volte».
Continua il racconto Giorgio, che ha diciassette anni ed è uno dei figli di Angelo: «Un carabiniere ha immobilizzato me
e mio fratello Michele, sedici anni. Hanno portato una bacinella grande, con cinque-sei litri di acqua. Ogni dieci minuti, per almeno un'ora, ci hanno immerso completamente la testa nel secchio per quindici secondi. Uno dei carabiniere in borghese ha filmato la scena con il telefonino. Poi un altro si è denudato e ha detto ‘fammi un bocchino'».
Alle 19 circa, dopo cinque ore, finisce l'incubo e tutti vengono rilasciati, tranne Angelo e Sonia Campos e Denis Rossetto, accusati di resistenza a pubblico ufficiale. Giorgio e Michele, prima di essere rilasciati, sono trasferiti alla caserma di Peschiera del Grada per rilasciare le impronte. Cristian con la compagna e i ragazzi vanno a farsi medicare all'ospedale di Desenzano [Brescia].
Sabato mattina la prima udienza per direttissima contro i tre «accu
sati», che avevano evidenti difficoltà a camminare per le violenze. «Con molti familiari e amici siamo andati al tribunale di Verona – dice ancora Cristian – L'avvocato ci ha detto che potrebbero restare nel carcere di Verona per tre anni». Nel fine settimana la notizia appare su alcuni siti, in particolare Sucardrom.blogspot.com. La stampa nazionale e locale non scrive nulla, salvo l'Arena di Verona. La Camera del lavoro di Brescia e quella di Verona, hanno messo a disposizione alcuni avvocati per sostenere il lavoro di Nevo Gipen.

Tratto da carta.org

Non posso far altro che ribadire:


sabato 13 settembre 2008

The Matarrese connection


Non sono un ultra', nè un frequentatore assiduo degli stadi. Tuttavia mi sento molto vicino e apprezzo lo spirito che anima la maggior parte delle curve italiane, intendendo con ciò l'atmosfera che vi si respira, l'energia che viene sprigionata e la fratellanza che unisce i membri di una stessa tifoseria.
Detto questo, trovo sintomatico della società odierna, il fatto che molti ragazzi (ma non solo) decidano di mettere a repentaglio la loro incolumità, la loro fedina penale e anche il loro futuro, per una partita di pallone, quando il paese, il mondo, stanno andando a rotoli, e ci sarebbero centomila altre valide ragioni per rischiare il carcere.
Siamo allo sbando. C'è molta frustrazione, tanta rabbia e troppo rincoglionimento.

E' anche vero che siamo italiani, che teste di cazzo come noi ce ne sono poche al mondo, ma italiche sono anche le forze dell'ordine schierate in massa ogni domenica allo stadio. In politica del terrore siamo molto esperti, forse i più esperti in Europa, e questo mi sembra l'esempio più lampante di come non dovrebbe essere affrontato il problema. Impiegare poliziotti e CiCci a iosa, per delle partite di pallone, mi sembra stupido e idiota quanto devastare mezza città per lo stesso motivo.


Il problema è anche "cosa è diventato il calcio": troppa immagine, troppi interessi, troppi soldi, poca lealtà, pochissima trasparenza.
Se a una giornata di campionato viene attribuita tutta questa importanza, vengono mobilitati giornali, telegiornali e mezzo paese, non bisognerebbe poi stupirsi nel vedere tifosi infoiati impugnare mazze e bastoni per spaccare teste e vetrine manco fossimo a un g8.
Non mi resta allora che derubricare sotto la voce "demenza senile avanzata", l'ultima sparata dell'immacolato Tonino Matarrese (cliccateci su per verificarne di persona la biografia) sulle celle negli stadi, e sotto "pericolose derive cerebrali" questo commento trovato in giro per il web:

LE CELLE Sì, SE SERVONO A DARE UN SEGNALE FORTE DELLO STATO

Lo Stato di Polizia non è mai una cosa da sognare o da sperare, ma il livello di schifo che si è raggiunto nel calcio è tale che non vediamo altre soluzioni più "friendly". Ormai si è parlato di violenza negli stadi in tutte le "salse" e in tutti i programmi possibili e immaginabili.
Oltre a ciò sono troppi i morti per il calcio e quelli che ogni domenica che rischiano di seguire chi li ha preceduti.
Alla luce di ciò la proposta di Antonio Matarrese, presidente della Lega calcio, la sposiamo, perchè non c'è purtroppo altra alternativa. A chi ha gridato (subito) allo scandalo sul tema delle celle negli stadi, ricordiamo che è esattamente la soluzione ancora oggi utilizzata dal calcio inglese e nessuno in Inghilterra parla di stato "fascista".
La cella serve solo per il "lazzarone" che va allo stadio per creare problemi, basta non crearli questi problemi e la cella di turno rimarrà sempre chiusa. Chi la osteggia forse ne ha paura perché ha qualcosa da nascondere. Per cui, bravo Matarrese, anche se era una idea che poteva essere sposata già da 10 anni, perchè l'esempio del Regno Unito era lì dietro un angolo da tempo. Bastava aprire gli occhi e seguire chi ha risolto il problema della violenza prima di noi. Anzi, noi non l'abbiamo ancora risolto.

Tratto da informazione.it (nome migliore per definire sto condensato di minchiate non c'era!)


Ma, d'altra parte, Maradona ha sempre ragione!

venerdì 12 settembre 2008

2. La società dell'apartheid neoliberista

* Una società basata sull'astrazione irrazionale "lavoro" sviluppa necessariamente una tendenza all'apartheid sociale, quando la vendita riuscita della merce "forza-lavoro" da regola diventa l'eccezione. Tutte le fazioni del "campo del lavoro", che comprende tutti i partiti, hanno da tempo accettato silenziosamente questa logica e le danno man forte. Esse non si chiedono più se sempre più ampi settori della popolazione debbano essere spinti ai margini ed esclusi da ogni partecipazione alla vita sociale, ma soltanto come debba essere imposta questa selezione, con le buone o, soprattutto, con le cattive.
[...]
E' riconosciuto come essere umano soltanto chi appartiene alla ilare confraternita dei vincitori della globalizzazione. Come se fosse la cosa più ovvia del mondo, tutte le risorse del pianeta sono usurpate dalla macchina autoreferenziale del capitalismo. Se poi non sono più mobilitabili con profitto, devono rimanere inutilizzate, anche se vicino a queste risorse intere popolazioni sono ridotte alla fame.
[...]
Eppure, il "Mondo nuovo" dell'economia totalitaria di mercato prevede per i più, anche a prezzo del sacrificio di sè, soltanto un posto come uomini-ombra in un'economia-ombra. Come lavoratori a buon mercato e schiavi democratici della "società dei servizi", devono offrire i loro umili servizi ai vincitori della globalizzazione. I nuovi "lavoratori poveri" possono pulire le scarpe ai businessmen rimasti sulla piazza, vendere loro hamburger contaminati o fare la guardia ai loro centri commerciali. E chi ha appeso il cervello nell'armadio può nel frattempo sognare l'ascesa a imprenditore miliardario.
[...]
I giornali economici, del resto, non fanno più mistero di come immaginano il futuro ideale del lavoro: i bambini che puliscono i vetri delle auto agli incroci ultrainquinati delle strade sono un luminoso modello di "iniziativa imprenditoriale" verso il quale, data l'odierna mancanza di "prestatori di servizi", i disoccupati sono pregati di orientarsi.

Tratto da Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro, DeriveApprodi, 2003

giovedì 11 settembre 2008

mercoledì 10 settembre 2008

Propagandhi - Bullshit Politicians


MusicPlaylistRingtones



Every fucking day
our cities tell us what they think of justice.
They lock the courageous away
as the cowards plaster the cracks spreading through the monolith.
But if this man isn't freed,
this city burns [x4].

"On this Day of Remembrance let us not kneel and pray for the dead.
Let us stand and activate for the living, to rescue those about to die"

At the hands of bullshit politicians
bloated pin-dick motherfuckers
bullshit politicians
who bow and curtsy to the seats of power.
We'll never learn
and nothing will ever change
as long as we stay this course of followers and slaves.

I can't believe we're still content
reshuffling the same old decks
of kings and queens and faux-democracies.
I say we hand it back to the
bullshit politicians [x2].

Brick by brick,
wall by wall...

martedì 9 settembre 2008

Throbbing Gristle - Genesis P-Orridge


* Cosa avevate in mente quando avete fondato l'Industrial Records nel 1976?

Le ragioni a quel tempo sembravano inevitabili. C'è un'ironia nel termine "industriale" perchè da una parte c'è l'industria della musica. E poi c'è la battuta che facevamo spesso nelle interviste sullo sfornare dischi come fossero automobili, quel senso di industriale.
[...]
"Industriale" ha un suono molto cinico. Non è quella specie di romanticismo del "fare la gavetta", "on the road" - il rock'n'roll come successo, carriera e tutta 'sta merda. Era un termine cinico e ironico, e anche preciso. A noi piacevano le immagini delle fabbriche, voglio dire che pensavamo che ci fosse tutta un'intera area di immagini e di rumori rimasti inutilizzati fino ad allora, che ci appariva quando pensavamo al concetto di "industriale".
E' stato Monte Cazazza che ha suggerito lo slogan "musica industriale per gente industriale".

* Eravamo anche deliberatamente provocatori, facendo l'opposto di tutto quello che era ritenuto possibile, pratico o accettabile. E cioè gli altri pensavano che fosse un incredibile passo in avanti per un gruppo punk produrre un singolo di rock'n'roll con la propria etichetta. Noi abbiamo fatto un lp non rock'n'roll. Tutti ci dicevano che dovevamo essere pazzi. Avevano torto...


* Quello che avete fatto ha causato continue manipolazioni e rivalutazioni...

Per ogni disco che abbiamo realizzato ci siamo seduti e abbiamo pensato: "Bene, cosa si aspetteranno adesso, dopo aver sentito l'altro... come possiamo manipolare e ribaltare le cose?". Non si può sbagliare, perchè hai fatto il pezzo che volevi tu e che hai detto che volevi fare. Quindi non puoi avere sbagliato. Quindi, o non gli piace (sono liberi di dire come la pensano), o non capiscono quello che stiamo facendo, o rifiutano di accettare quello che stiamo facendo.
Ma credo che non vada bene non essere capaci di accettare i TG quando sono melodici come quando non lo sono. E' per questo che abbiamo fatto Adrenalin e Distant Dreams, per sottolineare che rifiutavamo nettamente di scartare tutte le opzioni che volevamo tenere in considerazione. Ed eravamo capaci di scandalizzare facendo qualcosa di orecchiabile... e loro non ne capivano il senso. Spero che spariscano e non comprino più i nostri dischi...

* Succede anche questo: noi riceviamo lettere da gente che cerca disperatamente di scrivere cose oltraggiose e disgustose, usando ogni tipo di bestemmia e menzionando scenari da Marchese De Sade. Non so se pensano che possa farci impressione o che ci stupisca la loro identità, oppure se pensano di essere veramente delle persone interessanti, ma io queste lettere le butto direttamente nel cestino. C'è un sacco di gente in giro che sarebbe meglio se fosse morta! O addormentata da qualche parte, lontano.

Genesis P-Orridge

Tratto da Industrial Culture Handbook, Re/Search, 1983

Brucia Imperia Brucia bis @ C.S.O.A. La Talpa e L'orologio (Im)

giovedì 4 settembre 2008

Interpol - PDA

lunedì 1 settembre 2008

1. Il dominio del lavoro morto

* Un cadavere domina la società: il cadavere del lavoro. Tutte le potenze del pianeta si sono alleate per difendere questo dominio: il Papa e la Banca mondiale, Tony Blair e Jörg Haider, D'Alema e Berlusconi, sindacati e imprenditori, ecologisti tedeschi e socialisti francesi. Tutti costoro conoscono soltanto una parola d'ordine: lavoro, lavoro, lavoro!
Chi non ha ancora del tutto disimparato a pensare si rende facilmente conto che questa posizione è del tutto infondata. Infatti la società dominata dal lavoro non sta vivendo una crisi passeggera, ma si scontra con i suoi limiti assoluti. In seguito alla rivoluzione microelettronica, la produzione di ricchezza si è sempre più separata dall'utilizzo di forza-lavoro umana in una misura che fino a pochi decenni fa era immaginabile soltanto nei romanzi di fantascienza.
[...]
Chi non lavora non mangia! Questo cinico principio è tutt'oggi in vigore, anzi, oggi più che mai proprio perchè sta diventando del tutto obsoleto.
[...]
Proprio nel momento della sua morte, il lavoro getta la maschera e si rivela come una potenza totalitaria, che non tollera nessun altro dio al di fuori di sè. Il lavoro determina il modo di pensare e di agire fin nelle minime pieghe della vita quotidiana e nei più intimi recessi della psiche.
[...]
E l'idea che è meglio avere un lavoro «qualsiasi» piuttosto che non averne uno è ormai diventata una professione di fede imposta a tutti.
Quanto più è evidente che la società del lavoro è veramente giunta alla fine, tanto più velocemente questo fatto viene rimosso dalla coscienza collettiva. Per quanto diversi siano i metodi di rimozione, hanno pur sempre un denominatore comune: il dato di fatto, valido globalmente, che il lavoro si sta rivelando un fine in sè irrazionale e obsoleto, viene ridefinito con ostinazione maniacale come il fallimento di individui, di imprese o di «siti produttivi». Il limite oggettivo del lavoro deve apparire come un problema soggettivo degli esclusi.
[...]
Chi non «si adatta» senza condizioni, e senza tenere conto delle perdite, al corso cieco della concorrenza totale è punito dalla logica del profitto. Le promesse di oggi sono i falliti di domani.
[...]
I tre quarti della popolazione mondiale sono già stati più o meno dichiarati fuori corso.
[...]
Anche in Europa si sta diffondendo da tempo il panico sociale. I cavalieri dalla trista figura nella politica e nel management continuano però, se possibile ancora più ostinatamente, la loro crociata nel nome del dio «lavoro».

Tratto da Gruppo Krisis, Manifesto contro il lavoro, DeriveApprodi, 2003