Visualizzazione post con etichetta proibizionismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta proibizionismo. Mostra tutti i post

martedì 10 luglio 2012

3° libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi

L’impatto della legge antidroga sul carcere

Aumentano gli ingressi in carcere per droga in rapporto al totale degli ingressi, dal 28% del 2006 al 33,15% del 2011 (25.390 su 90.714 e 22.677 su 68.411). Aumentano le denunce, specie per l’art. 73 (detenzione illecita a fini di spaccio), da 29.724 nel 2006 a 33.686 nel 2011 (di queste 14.680 sono per cannabis, pari al 41%, di cui 8.535 per hashish, 5.211 per marijuana, 1.416 per coltivazione di piante); gli arrestati corrispondono a 28.552, mentre nel 2006 erano 25.730. Le operazioni di polizia sono state 21.116 e i sequestri danno un aumento del 54,19% per la marijuana e del 29,43% dell’hashish e un meno 45,97 per l’eroina. Nel 2011 vi è stata una esplosione di sequestri di piante di canapa (563.198!). Raddoppiano i detenuti presenti in carcere per art. 73: dai 10.312 del 2006 ai 21.562 del 2011, il 32,67% del totale, se si calcola sia l’art. 73 che il 74 le cifre sono 15.133 nel 2006 e 27.856 nel 2011, il 42,21% del totale: si puo’ quindi dire che quasi la metà dei detenuti nelle carceri italiane è in cella per 2 articoli di una sola legge dello Stato. Dato che viene confermato anche dall’analisi dello stato processuale dei detenuti: su 28.636 detenuti imputati presenti in carcere al 17.11.2011 ben 11.380 sono per violazione della legge sugli stupefacenti; su 14.686 detenuti in attesa di primo giudizio al 17.11.2011 ben 5.593 per violazione legge stupefacenti; su 7.588 appellanti al 17.11.2011 ben 3.082 per violazione legge stupefacenti; su 4.718 ricorrenti al 17.11.2011 ben 2.076 per violazione legge stupefacenti; infine, sui 37.750 detenuti con condanna passata in giudicato, presenti al 27 novembre 2011, ben 14.590 (38,90%) lo sono per violazione della legge sugli stupefacenti.

La repressione sul consumo

Aumentano le segnalazioni al prefetto per mero consumo personale: da 39.075 segnalati nel 2006 a 47.093 nel 2008 (ultimo dato consolidato), nel 2009 il dato provvisorio era di 37.800. Il 74% dei segnalati era in possesso di un solo spinello! Va ricordato, come esempio di persecuzione di massa che dal 1990 al 2010 le persone segnalate ai prefetti per le sanzioni amministrative sono state 783.278. Più che raddoppiate le sanzioni irrogate: da 7.229 nel 2006 a 16.154 nel 2010 mentre crollano le richieste di programmi terapeutici: da 6.713 nel 2006 a 518 nel 2010. Non solo questa legge punisce con sanzioni molto pesanti i semplici consumatori (ad esempio con il ritiro della patente), ma ha avuto anche l’effetto di allontare i consumatori problematici dall’accesso ai programmi terapeutici, come possiamo capire anche dai dati qui di seguito.

Le misure alternative al carcere

Diminuiscono le misure alternative: da 3.852 persone in affidamento nel 2006 a 2.816 al 30 maggio 2012. Ovvero nonostante le promesse di Giovanardi e Serpelloni i consumatori, anche problematici restano in carcere perchè è sempre più difficile accedere alle misure alternative. E, per sottolineare la centralità del carcere per il consumatore di sostanze mentre prima del 2006 la maggioranza dei tossicodipendenti godeva dell’affidamento direttamente dallo stato di libertà, con la nuova legge il rapporto si è invertito. Al 30 maggio 2012, 1.854 persone erano in affidamento dopo essere passate dal carcere, a fronte di 962 soggetti provenienti dalla libertà.

Conclusioni

Il sistema repressivo punta al basso: i dati complessivi ci dicono che la gran parte delle persone che entrano in carcere per la legge antidroga sono consumatori o piccoli spacciatori, con particolare preferenza sulla cannabis e con una recente predilezione per i coltivatori (spesso autoproduttori). L’impatto carcerario della legge antidroga è la principale causa del sovraffollamento negli istituti di pena italiani. All’aumento della carcerazione e delle sanzioni amministrative corrisponde un abbattimento dei programmi terapeutici.
I dati forniti annualmente dalla Relazione del Governo al Parlamento sono in parte carenti, in parte inaffidabili e soprattutto reticenti: in particolare mancano a livello nazionale i dati sulle condanne per l’ipotesi di lieve entità dell’art. 73. Una ricerca in profondità condotta in Toscana mostra che il 40% dei detenuti sono in carcere per reati di droga minori: si tratta spesso di consumatori che semplicemente detenevano quantità superiori al limite tabellare e sono stati trattati alla stregua di spacciatori.
E’ urgente una modifica della legge, iniziando da norme di riduzione del danno già in questa legislatura, che definiscano come reato autonomo l’ipotesi di lieve entità dell’art. 73 con una pena ridotta che escluda l’ingresso in carcere, che si cancelli la legge Cirielli sulla recidiva, che si rendano di nuovo praticabili le alternative terapeutiche, sia per le condanne carcerarie che per le sanzioni amministrative.


mercoledì 17 febbraio 2010

Prevenire e inculare

Photobucket

Tempi sempre più duri per i consumatori di sostanze, sui quali “L’un dopo l’altro i messi di sventura / piovon come dal ciel…”*

Prima notizia (da Il Manifesto del 10.02): qualche giorno fa, alle tre del mattino, i Carabinieri prelevano 27 ragazzi tra i 17 e i 23 anni dalle loro abitazioni di Monfalcone e comuni limitrofi; li scarrozzano al pronto soccorso; gli fanno “volontariamente” firmare il modulo di consenso; gli fanno fare dagli operatori in servizio i prelievi per i test antidroga. Risultato: sequestro di modiche quantità di droga, sei denunce per cessione e 21 segnalazioni alla prefettura per consumo. Il blitz fa parte di una più ampia operazione disposta dai Tribunali dei Minori di Trieste e Gorizia. Il Comandante provinciale della Benemerita, Roberto Zuliani, vanta nelle sue dichiarazioni il grande valore sociale di quest’azione di “prevenzione” e di avvertimento alle famiglie. Di parere diametralmente e seccamente opposto la Camera penale di Gorizia: in una delibera riguardante il fatto sottolinea come in un ordinamento democratico, attento ai diritti dei cittadini, una funzione politico-sociale come quella esercitata dall’Arma non possa e non debba essere affidata alle Forze dell’Ordine. A questo giudizio non c’è molto da aggiungere, considerato che il fatto sembra una replica dei sequestri di persona, tramite “lettre de cachet”, nella Francia assolutista dell’Ancien Régime. Con più spazio, di certo, si potrebbe parlare del clima non proprio idillico di quella notte, quando neanche uno dei 27 esercita il diritto di rifiuto dei test, quando gli operatori di pronto soccorso fanno zitti e buoni “il loro dovere”. E magari anche del silenzio tombale dei grandi media.

Seconda notizia (da Il Tirreno del 13.02): dalla “terapia” di gruppo a quella individuale. A prato due ragazzi vengono sorpresi per strada con un pò di fumo da due Carabinieri. Senza verbalizzare, il capopattuglia avrebbe intascato la roba; e poi lasciato andare i “rei” senza denunciarli né segnalarli alla prefettura. Dopo qualche giorno uno dei due, minore, confessa ai genitori di esser stato successivamente contattato dal milite in subordine; invitato a casa sua a Chiesina Uzzanese; convinto – facendo leva sul “trattamento speciale” accordato in precedenza – a subire un rapporto sessuale, per buona giunta ripreso con cellulare o telecamera e riversato in un computer. I genitori riferiscono al Comando provinciale: si apre un indagine; si fa perquisire l’abitazione sospetta; si sequestra il computer; e qui, per ora, la vicenda scende come il Timavo nel percorso carsico della Procura di Prato (competente, tra l’altro, per l’eventuale appropriazione indebita della roba, ma non per l’eventuale violenza sessuale in territorio di Pistoia). Se la storia viene confermata – e ci si deve augurare una smentita documentata e convincente - si sentirà di certo parlare di mele marce, di “situazione sotto controllo”: ma mele marce ieri (i militi dell’affaire Marrazzo), forse altre mele marce oggi… la china sembra alquanto scivolosa, la situazione a forte rischio di sfuggire – bertolasianamente – al controllo.

Giorgio Bignami

* I celebri versi del “Ça ira” del nostro Giosuè nazionale sembrano assai pertinenti: si riferiscono infatti agli eroici sanculotti incalzati dai mercenari della maxi-coalizione di regali parenti e ricchi compagni di merenda dei Borboni di Francia; eppur vinceranno.

via Fuoriluogo.it

venerdì 27 novembre 2009

Sorvegliare e punire

Sotto il nome di crimini e di delitti, è vero, si giudicano sempre oggetti giuridici definiti dal codice, ma, nello stesso tempo, si giudicano istinti, passioni,anomalie, infermità, disadattamenti, effetti dell'ambiente o della eredità; si puniscono delle aggressioni, ma attraverso queste delle aggressività; degli stupri, ma nello stesso tempo delle perversioni; degli assassini che sono anche pulsioni e desideri. Si dirà: non sono questi ad essere giudicati; se li si invoca è per chiarire i fatti da giudicare e per determinare a qual punto era implicata nel crimine la volontà del soggetto. Risposta insufficiente. Poiché sono esse, queste ombre che stanno dietro gli elementi della causa giuridica, ad essere in realtà giudicate e punite. Giudicate indirettamente, attraverso le «circostanze attenuanti», che fanno entrare nel verdetto non solo elementi «circostanziali» dell'atto, ma qualcosa di diverso, non giuridicamente qualificabile: la conoscenza del criminale, l'apprezzamento che si ha di lui, ciò che si riesce a sapere sui rapporti fra lui, il suo passato e il suo delitto, ciò che ci si può aspettare da lui in avvenire. Giudicate, esse lo sono anche attraverso il gioco di tutte quelle nozioni che hanno circolato tra medicina e giurisprudenza dal secolo Diciannovesimo (i «mostri» dell'epoca di Georget le «anomalie psichiche» della circolare Chaumié, i «pervertiti» e i «disadattati» delle perizie contemporanee) e che, sotto il pretesto di spiegare un atto, sono in realtà un modo di qualificare un individuo. Punite, esse lo sono da un castigo che si attribuisce la funzione di rendere il delinquente «non solo desideroso, ma anche capace di vivere rispettando la legge e di sopperire ai propri bisogni»; esse lo sono attraverso l'economia interna di una pena che, se sanziona il crimine, può modificarsi (abbreviandosi o, se il caso lo richiede, prolungandosi) secondo che si trasformi il comportamento del condannato. Punite esse sono ancora dal gioco di quelle «misure di sicurezza» che si accompagnano alla pena (interdizione di soggiorno, libertà sorvegliata, tutela penale, trattamento medico obbligatorio), non destinate a sanzionare l'infrazione, ma a controllare l'individuo, a neutralizzare il suo stato di pericolosità, a modificarne le tendenze criminali, e a non cessare fino a che il cambiamento non sia stato ottenuto. L'anima del criminale non è invocata in tribunale al solo fine di spiegare il suo crimine e per introdurla come un elemento nell'assegnazione giuridica delle responsabilità; se la si invoca, con tanta enfasi, con tanta preoccupazione di comprendere e una così vasta applicazione «scientifica», è proprio per giudicarla, essa, insieme al crimine, e per prenderla in carico nella punizione. In tutto il rituale penale, dall'istruttoria fino alla sentenza e alle ultime sequenze della pena, è stato introdotto un insieme di nuovi oggetti che vengono a raddoppiare, ma anche a dissociare quelli giuridicamente già definiti e codificati. La perizia psichiatrica, ma in linea più generale l'antropologia criminale e il discorso, sempre ripetuto, della criminologia, esprimono qui una delle loro funzioni specifiche: inscrivendo solennemente le infrazioni nel campo degli oggetti suscettibili di conoscenza scientifica, dare ai meccanismi della punizione legale una presa giustificabile non più semplicemente dalle infrazioni, ma dagli individui; non più da ciò che hanno fatto, ma da ciò che sono, possono essere, saranno. Il supplemento d'anima che la giustizia si è assicurato, in apparenza esplicativo e limitativo, è, in effetti, annessionista. Da quando, centocinquanta o duecento anni fa, l'Europa ha dato vita ai nuovi sistemi penali, i giudici, poco a poco, ma con un processo che risale a molto lontano, si sono messi a giudicare qualcosa di diverso dai reati: l'«anima» dei criminali.

M. Foucault, Sorvegliare e punire, Torino, Einaudi, 1976, pag. 20.

mercoledì 4 novembre 2009

Ricapitoliamo

Photobucket

- La UE decide di togliere i crocifissi dai luoghi pubblici in segno di laicismo.
Il sindaco di Sanremo (che i sanremesi si meritano tutto) invita tutti gli istituti scolastici del comprensiorio ad apporre il crocifisso laddove non ci fosse. Ha intenzione di metterne uno anche all'ingresso del comune. "Non è un obbligo" ha detto "è una forte idea di libertà". Ah, ecco.
La Padania invece decide di aprire con il solito titolo sobrio, accompagnato da un'immagine che è un mix letale di stereotipi, malafede e ignoranza. Andatevi a vedere la prima pagina da soli, che io quella robaccia non la voglio sul mio blog.

- La crisi incalza, i disoccupati aumentano, malessere sociale alle stelle.
Nema problema, ci pensa lo stato: via libera a lotterie, concorsi, gratta e vinci, che promettono posti di lavoro e rendite mensili ventennali.
Manco Wanna Marchi aveva osato tanto.

- Buon ultimo il sempre stupefacente Carletto Giovanardi. Il paladino della Cristoterapia©, ebbro di compassione cattolica, ha infatti dichiarato che "a uccidere Stefano Cucchi è stata la droga".
Tralascio poi qualunque commento sulla sua brillante idea di sottoporre i parlamentari a un test antidroga VOLONTARIO. Se volete sdrammatizzare andatevi a leggere cosa ne pensa il buon vecchio Prefe.

E' tutto.
Adesso posso tornare alla mia droga, ai miei gratta e vinci, e al mio magnifico crocifisso.

martedì 18 agosto 2009

mercoledì 29 luglio 2009

Il proibizionismo fa un altro morto

Photobucket

di Patrizio Gonnella

Un’altra vittima innocente della stupidità proibizionista. Si chiamava Stefano Frapporti, cinquantenne, muratore con una mano persa dopo un brutto incidente sul lavoro. Pare che sia stato fermato dai carabinieri mentre andava in bicicletta. Lo avrebbero perquisito, gli avrebbero trovato dell’hashish. Hashish, non pistole, non mitra, non eroina. Secondo i carabinieri ne aveva in tasca circa un etto. Un etto di spinelli a loro è sembrato troppo. E’ così arrestato e condotto nel carcere di Rovereto. Dopo poche ore si ammazza. Era stato ubicato nel reparto osservazione. Pare che Frapporti fosse un consumatore di hashish. Un innocente consumatore di hashish. Si è ammazzato dopo una notte passata in carcere. Ce la potremmo prendere con i carabinieri che hanno applicato una legge ingiusta. Ce la potremmo prendere con l’amministrazione penitenziaria che non ha prestato l’attenzione adeguata che necessitano i nuovi giunti in carcere. Ce la potremmo prendere con il destino. Invece ce la prendiamo con questo cocciuto e brutto Paese che criminalizza tutti, che criminalizza gli stili di vita e gli status individuali. Ce la prendiamo con chi mette sullo stesso piano consumatori di droghe leggere e spacciatori di droghe pesanti. Ce la prendiamo con chi non ha il coraggio del pragmatismo antiproibizionista. Ce la prendiamo con Gianfranco Fini e Carlo Giovanardi autori di una legge che – visto quanto successo a Rovereto – non esimiamo a definire assassina.

via Baruda

martedì 21 luglio 2009

Quindicenni alcolizzati e politici ciellini

Photobucket

I cervelli dei politici sono veramente contorti.
La prima a darne dimostrazione è stata il sindaco di Milano Letizia Moratti. Lei e la sua giunta hanno da poco approvato l'ordinanza che vieta ai minori di sedici anni l'acquisto e il consumo (e forse anche il rigetto) di alcolici in luogo pubblico, pena multe salatissime, fino a 500 euro.
Il provvedimento è idiota e ignorante sotto almeno due punti di vista.
1. Etica e morale: lo Stato, incarnato in questo caso dal comune di Milano, si erge a precettore e catechista delle abitudini dei ragazzini, nel paradossale tentativo di irreggimentarli. E fa ciò proprio nel momento in cui l'erotomane a capo del Governo, viene sputtanato per l'ennesima volta da una "signorina nessuno" (D'Addario perdonami), la quale racconta la smania dell'erotomane stesso di assistere a spettacolini lesbo.
2. Diritto: possibile che colui che legifera su tali questioni non si informi un minimo sull'argomento? Che pensi esclusivamente a fare cassa per rimpinguare i bilanci comunali? Possibile che non abbia letto che l'ONU (non Fabrizio Corona) si è accorto, con il solito ritardo, che un secolo di repressione contro gli stupefacenti è stato totalmente inutile, ammettendo, di fatto, la dannosità della legislazione proibizionista? Come fa a non pensare alle conseguenze del provvedimento? Se a Milano non posso bere, sarà sufficiente che io mi sposti nel comune limitrofo per ingollare fusti interi di birra o autocisterne di superalcolici. Con un piccolo dettaglio di differenza: per andare nel comune dove non è in vigore l'ordinanza restrittiva dovrò fare uso di qualche mezzo di locomozione diverso dalle gambe. Nel caso dei minori di 16 anni, nel 90% dei casi si tratterà di un motorino. E non vede il legislatore i pericoli insiti in tale ordinanza?

No. Non li vede.

Ma non basta. A dargli manforte adesso arrivano anche i pezzi grossi del Parlamento (tra i quali anche l'erotomane di prima) che, con l'acume che li contraddistingue, sono riusciti a trovare una soluzione al problema.
Facile, dicono loro: basta estendere questa ordinanza a tutto il territorio nazionale.
CLAP, CLAP, CLAP, CLAP.
Logica l'è morta.

martedì 7 luglio 2009

E allora prendetemi la targa!

Photobucket

Non si può mai stare tranquilli.
Nascosto nelle pieghe, o piaghe, del recente pacchetto sicurezza, un articolino idiota mette a rischio le sane abitudini dei cittadini più civili: commettere violazioni in bicicletta, solo nel caso in cui si sia patentati, è da oggi equiparato a commetterle alla guida di veicoli a motore. Coloro invece che non posseggono la patente non incorreranno neanche nella sanzione amministrativa (?).
E noi patentati che credevamo di fare cosa intelligente a tornare pedalando a casa dopo una serata un po' alcolica...
Il fatto è che nel 99% dei casi chi usa la bicicletta in città, lo fa per spostamenti brevi. La media oraria tra semafori, attraversamenti, stop e precedenze, è praticamente ridicola. Non è un caso che per andare in bici non sia obbligatorio l'uso del casco. Dunque diciamo che anche con qualche birra in più sul groppone, ce la caviamo più che dignitosamente nei tortuosi percorsi cittadini notturni che ci troviamo costretti a creare per via della mancanza totale di piste ciclabili. Per dire, non mi sognerei mai di percorrere strade statali o provinciali, di notte, senza luci, e magari anche un po' alticcio. Sarebbe un suicidio.
E allora cosa fare? Non posso che consigliare di mantenervi in allenamento e studiare bene la mappa della vostra città: alla prima paletta--->etilometro, un pronto scatto sui pedali potrebbe essere salvifico tanto quanto un'ottima conoscenza di vicoli, contromano e scorciatoie di sorta.
Che tanto la targa non ce la possono prendere!

Allego interessante riflessione criticalmassiana trovata su Zic:

Le rare volte in cui riesco a mettere le mani su una delle bici rosse del Comune (non ho una bici mia, a Bologna) vado verso il centro pedalando lungo una quantità indescrivibile di sensi vietati, marciapiedi e portici - con la massima attenzione e rispetto per i pedoni. Dovrei forse condividere la strada con autobus snodabili, camioncini e la massa infinita di titolari di permesso per la ZTL? Il Codice della Strada, proprio come ogni altra legge, è espressione dei rapporti di forza in atto nella società: le durate dei semafori pedonali rispetto a quelli per le automobili lo testimoniano in modo matematicamente inequivocabile, e la mancata distinzione tra utenza forte e utenza debole della strada ne fa una legge iniqua. E una legge iniqua che ti espone a rischi personali va, quantomeno, elusa.

Ora, come certamente avrete letto, alcuni dei comportamenti sopra elencati - soprattutto nel tardo pomeriggio, dopo lo spritz - potrebbero costarmi dei punti sulla patente, quei punti che la mia guida automobilistica - al contrario di quella ciclistica, irreprensibile - aveva preservato: secondo l'articolo comma 48, sub 2 (o qualcosa del genere: l'architettura di questi decretoni è delirante) del decreto sicurezza approvato pochi giorni fa se il conducente è persona munita (...) di patente di guida, nell'ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, sono stabilite le sanzioni amministrative accessorie del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di guida, le stesse sanzioni amministrative accessorie si applicano anche quando le violazioni sono commesse alla guida di un veicolo per il quale non è richiesta la patente di guida.

In città sviluppatesi contro pedoni e ciclisti la fine dell'elasticità nell'applicazione del C.d.S. nei loro confronti significa privarli della loro sola autodifesa, e derubarci dell'appeal che questi mezzi non inquinanti (gli unici davvero tali) possedevano. Ma la cosa ancora più preoccupante è come (anche) questa norma tracci la via verso una società in cui non già la devianza, ma addirittura i comportamenti quotidiani non perfettamente mainstream (e lucrativi) vengano visti con sospetto o posti sotto l'osservazione occhiuta delle autorità.

L'area del non-normato e l'area del non-perseguito (benché formalmente perseguibile) sono spazi di libertà in cui si allentano i conflitti tra struttura e individuo, si individuano soluzioni diverse dallo standard e si lasciano semplicemente respirare e interagire le persone. Non a caso il paradigma di una società totalmente oppressiva è quello tratteggiato dal motto tutto ciò che non è permesso è vietato; al quale aggiungerei per completezza e tutte le norme emesse vengono applicate. Qui e ora, tra uso propagandistico della norma e sincero delirio law & order, stiamo subendo un'ipernormazione pericolosa e volta a intimidire – non a caso, e contestualmente a ciò di cui stiamo parlando, da oggi il semplice esistere come individuo privo di permesso di soggiorno sul territorio nazionale configura un reato, un reato compiuto essendo ciò che si è, prescindendo dalle azioni.

Il fanatismo normativo, inoltre, non è che la torsione a 360 gradi del più scoperto arbitrio: ci sono talmente tante norme che mai sarai in regola – quindi non ho che da scegliere con quale pretesto colpirti. Partecipi a una critical mass? Bene, dì addio alla patente – e questo è solo un esempio; nel momento poi in cui una parte (minoritaria) di chi usa la bicicletta riconosce e rivendica questa pratica anche come atto politico, il potere minaccia la sanzione economica o con risvolti economici nei confronti di chi va in bici esattamente come si va in bici (ovvero rispettando norme di buonsenso e non norme per automobili).

O nel collassante mainstream fino al collo, o spinti ai margini della società; minestra o finestra è il messaggio di una massa travolgente di provvedimenti legislativi europei o nazionali – ed è invece proprio in mezzo ai pendolari tra queste due dimensioni che dobbiamo costruire la massa critica per la tutela dell'agibilità esistenziale del territorio, o, per dirlo diversamente, la resistenza all'oppressione e alla persuasione.

Wolf Bukowski, 7 luglio 2009

domenica 5 luglio 2009

Vivi la tua città. Ma in silenzio

Photobucket

Da qualche anno a questa parte ci vanno raccontando che le nostre città sono state contagiate da un pericolosissimo virus, da combattere e debellare anche mediante lo schieramento di forze dell'ordine: il degrado.
Sicuramente anche la vostra ridente cittadina ha conosciuto ultimamente qualche legislazione antibivacco, qualche ordinanza che vieta il consumo di alcol nelle strade e nelle piazze, qualche provvedimento dal vago sapore di coprifuoco. In alcuni, estremi, casi si è addirittura individuata la minaccia nel consumo di kebab o gelati da asporto.
In preda a questa mania securitaria e proibizionista, tesa a reprimere ogni minima espressione di vitalità dell'individuo, ogni tentativo di socializzazione fra persone sempre più atomizzate, ed espressione dell'atavico terrore delle classi abbienti e reazionarie verso il popolino, a Pisa sono riusciti, con uno sforzo intellettivo oltre la media, ad illustrare il tutto in un pratico depliant informativo. Nel demente foglietto, scritto dagli odierni Della Casa, 6 vignette dovrebbero indicare i comportamenti irrispettosi e le relative correzioni da apportare, per essere considerato un cittadino modello.
Si preferisce un citizen educato che utilizza il bagno del locale piuttosto che orinare in strada (ma i vespasiani dove sono finiti?? Anche se basterebbero i più antiestetici bagni chimici..). Si valorizza il cittadino sobrio, pacifico, di boyscoutiana memoria direi, rispetto a quello sbragato, rumoroso e magari anche un po' beone. Si condanna (a morte?) l'intera categoria dei bongoloidi, preferendovi l'anonimo, asociale e obbediente cittadino ipod-munito.
L'assurdità è che coloro che vogliono le piazze vuote, la gente sorda e muta, e i locali silenziosi, sono gli stessi che sostengono un principio di produttività esasperata e mirata esclusivamente all'incremento del profitto.
Per fortuna, ci hanno pensato i soliti noti a detournare prontamente il suddetto foglietto, ridicolizzandone i moralistici precetti.

AGGIORNAMENTO

Ecco, uno non fa nemmeno in tempo a scrivere un post, che la realtà lo sorpassa a duemila all'ora sulla destra e senza freccia.
Il nuovo sindaco di Sanremo ha infatti deciso di dare subito di matto, proclamando la tolleranza zero e adottando contemporaneamente sette ordinanze restrittive, tra le quali:

- vietato andare in giro a torso nudo, ciabatte e costume;
- vietato sostare e consumare cibi e bevande su panchine (che verranno rimosse in molte zone) e spazi pubblici;
- divieto di stendere i panni sui terrazzi;
- vietato fumare presso aree verdi;
- vietato l’utilizzo delle fontane comunali per scopi diversi da quelli stabiliti.

Siamo pazzi.
Siano maledetti tutti coloro che hanno votato questa gentaglia.

lunedì 22 giugno 2009

Fatti di tivù!

Photobucket

In vista della ricorrente Giornata mondiale per la droga, il giorno 25 giugno 2009, alle ore 11,00, a Roma, presso la Sala stampa estera in Via dell’Umiltà, il Sottosegretario Carlo Giovanardi presenterà la campagna informativa annuale per l’uso delle droghe incentrata quest’anno su alcuni spot che hanno per protagonisti celebrati campioni del calcio di livello internazionale (Maldini, Gattuso, Kakà, Del Piero, Legrottaglie, Giovinco, Julio Cesar, Zanetti, Balotelli, Cordoba).

Durante la conferenza stampa, alla presenza del cartello colombiano in Italia, verranno anche proiettati nella sala coriandoli esplosivi alla cocaina realizzati in quel Paese.

La Conferenza sarà anche l’occasione per presentare un documento, patrocinato dall’ONU, rivolto ai genitori, ai pediatri e agli educatori, contenente le Strisce guida in materia di somministrazione di sostanze stupefacenti ai minori.

Ai lavori sarà presente, quale testimonial d’eccezione, l’attore Raoul Bova che recentemente è stato protagonista di una brutta storia di traffico di stupefacenti.

Io sapevo che troppa televisione porta all'apatia, all'isolamento, all'estraniazione, alla lobotomia e a tante altre brutte cose. Tutte condizioni che possono essere attribuite anche alla dipendenza da droghe pesanti.
Evidentemente l'esimio Giovanardi, che crede addirittura di poter combattere l'uso di droghe attraverso la manodopera televisiva (altamente qualificata!) di qualche belloccio o sportivo miliardario, deve aver accesso a progetti ed analisi psico-sociologiche divine che noi stupidi umani non possiamo immaginare nè comprendere.
Proporre una droga, per di più subdola, vigliacca e immateriale come la tivù, per combatterne altre, decisamente più concrete ma altrettanto efficaci, è il colmo per un cattolicissimo paladino della lotta contro le (tossico)dipendenze come Carletto nostro.
Non l'ha letto l'opuscolo informativo della diocesi dove si mettono in guardia i fedeli dai rischi insiti nel mezzo?

Ah, il comunicato originale è (purtroppo) questo.

lunedì 16 marzo 2009

Giovanardi e la Cristoterapia©

Aspettavamo con ansia la risposta italiana al presidente boliviano Morales che, durante la conferenza dell'Onu sulla droga a Vienna, aveva provocatoriamente masticato una foglia di coca davanti agli astanti.
Avevamo pronosticato che Giovanardi si sarebbe sparato un bel buco in vena con acqua santa spacciandolo come rimedio infallibile alla piaga della tossicodipendenza.

Invece eravamo stati fin troppo ottimisti.

Infatti il nostro stagionato chierichetto anti-droga, dopo qualche giorno di febbrili consultazioni, ha deciso di appoggiare in toto il metodo della Cristoterapia©.
In cosa consista credo sia facilmente intuibile: esclude i farmaci e punta a dar rilievo al senso spirituale dell'uomo.

Più interessante è invece sapere che tale metodo è stato proposto per primo da tale Pierino Gelmini, fondatore della Comunità Incontro, già condannato per truffa e bancarotta fraudolenta e ora sotto processo per presunti abusi sessuali (anche su minori) a danno degli ospiti della sua comunità.
Un individuo integerrimo, che sia la magnanima Chiesa Cattolica© che la nostra brillante Repubblica Italiana© non potevano non premiare, la prima premettendo al suo nome l'appellativo "Don", la seconda conferendogli le onorificenze più altisonanti (Commendatore, Cavaliere, Gran Ufficiale).

In conclusione, sarebbe un po' come affidare la riforma della giustizia a un pluricondannato...

domenica 25 gennaio 2009

Nuove tecnologie, vecchi ministri

Considerato che se unisco i cervelli dei titolari dei dicasteri istruttivo-culturali italiani, non riesco neanche a fare una persona intelligente, non stupisce che i due ministri tirino fuori idee bizzarre e inutili per portare avanti le loro cosiddette politiche. Così ci troviamo la nostra ministra dell'Istruzione, evidentemente insoddisfatta dalle obsolete circolari, a perseverare nell'uso del suo canale su Youtube, utilizzato stavolta per comunicare le materie della seconda prova per gli istituti superiori. A parte che in tutti i suoi 5 messaggi finora registrati, non ne inizia neanche uno salutando gli ipotetici studenti davanti allo schermo, la votazione media che gli utenti le hanno assegnato per la sua video-propaganda è 2 su 5. Se seguissimo le sue robotiche direttive, dovremmo licenziarla così, su due piedi. Ma non crediate che l'altro illustre esponente dell'intellighenzia nostrana, il poeta Sandro Bondi (qui trovate un'antologia dei suoi versi), sia da meno. Privo di qualsivoglia idea sul mondo di Internet e sul file sharing in particolare, si trova costretto a copiare i provvedimenti adottati da altri paesi per contrastare il dilagante problema del download di contenuti protetti dal diritto d'autore.
Il fatto è che l'esempio seguito in questo caso, è quello demente del presidente francese Sarkozy, che intende "bloccare l’accesso ad Internet agli utenti che scaricano questo tipo di contenuti attraverso reti P2P dopo due avvisi". Invece di pensare a misure che incentivino il più possibile lo sviluppo di una cultura libera e autonoma, si tenta di incatenarla sotto le onnipresenti spoglie della forma-merce, attribuendo un prezzo, e non un valore, ad ogni sua manifestazione e reprimendo duramente gli eventuali trasgressori, considerati alla stregua di comuni criminali.


Quello che mi sconvolge è come questi personaggi, che trasudano vecchiume solo a guardarli, possano ritenersi credibili quando affrontano le problematiche relative alle nuove tecnologie, soprattutto per quanto riguarda il web.

In ogni caso, non vedo l'ora di vedermi spuntare un bel messaggino del Ministero che mi intima di interrompere il download illegale di file protetti da copyright...

Per sdrammatizzare, vi segnalo l'ottimo ed esilarante Bondolyzer, generatore automatico di poesie di Bondi. Provatelo!

sabato 24 gennaio 2009

Bello come una prigione che brucia

Dove passano i muri del carcere nella società moderna?
La brama di controllo e di autocontrollo, l'ossessione di regolare per legge ogni fenomeno, la delega al giudice come certificatore del senso della vita collettiva, come vendicatore della comunità fittizia e rancorosa, pare non avere più freni: la figura meschina del proprietario disposto a mille sacrifici pur di conservare il proprio patrimonio si degrada ulteriormente in quella, che davvero ben poco conserva di umano, del neo-proletario, che non dorme al pensiero di poter essere derubato dalle proprie catene, e reclama ad alta voce di essere guardato di più, e più da vicino, per paura di scomparire del tutto.
Il codice fiscale non é per tanti aspetti la codifica nell'elenco dei funzionari della merce e del lavoro, esattamente come il numero che identificava gli ergastolani, ne marcava l'estinzione come individui, e la riduzione a semplici accessori dell'istituzione? Per tanti aspetti, non possiamo forse percepirci come dei condannati all'ergastolo sociale, con i suoi corollari di perdita della personalità, alienazione, lavoro forzato, coabitazione obbligata e promiscua, supersfruttamento?

C.S.O.A. COX 18, Milano
17 aprile 2002


martedì 11 novembre 2008

Sul "pratello" proibito

Riporto un ficcante commento trovato su Repubblica online, in merito alla recente decisione dello sceriffo di proibire l'apertura serale ad alcuni locali bolognesi:

Si è da poco costituito il comitato di occupazione di via del pratello dal nome "liberapratello", questo comitato, per disposizione del direttorio degli osti avrà potere assoluto nel controllo e nel governo dell'area detta "il pratello". Qualsiasi altra autorità, statale o locale, è interdetta dall'intervenire nella gestione del potere all'interno di quest'area che è da intendere come pura estensione delle attività di mescita di alcolici. Da questo momento è fatto obbligo ai residenti di: socializzare e solidarizzare con la clientela dei pubblici esercizi, aprire e rendere accessibili i cortili condominiali per rivitalizzarli e renderli più sicuri, consentire l'accesso alla propria abitazione a chiunque, fra i frequentatori della strada, abbia bisogno di pisciare, dal momento che i bagni dei locali sono sempre rotti e comunque c'è sempre fila, essere sempre sorridenti e soprattutto giovani. I vecchi e coloro che non si atterrano a queste disposizioni saranno deportati.

lunedì 10 novembre 2008

I fratelli maggiori in pettorina


Bologna, 10 novembre 2008

Dopo un primo concorso andato a vuoto, come annunciato giovedì dall'assessore Libero Mancuso, ora abbiamo i vincitori del bando per gli "Studenti Civici", la vigilanza studentesca anti-degrado ideata da Comune e Università. Si tratta di Altra Babele, Terzo Millennio e Gruppo Prometeo, ovvero le ex-emanazioni di Sinistra Universitaria (DS) rispettivamente a Lingue, Ingegneria e Medicina, tutte e tre fuoriuscite negli scorsi anni dalla casa-madre.

Quindi, a cavalcare l'onda repressiva e intollerante propagandata dalla maggioranza al governo, ora ci si mettono anche gli studenti, pochissimi per la verità. Per capire meglio riporto dal loro sito come si autodefiniscono:


Siamo un gruppo di ragazze e ragazzi che studiano a Bologna e mediano il rapporto tra residenti, studenti, commercianti e frequentatori della Zona Universitaria. Intendiamo promuovere un maggiore senso civico tra i giovani, ridurre la conflittualità sociale e migliorare il grado di sicurezza dei cittadini e di vivibilità del territorio, riaffermando un patrimonio condiviso di regole.

Ci ispiriamo all'idea dei “mediatori” – persone che si pongono al servizio della comunità per attenuare i conflitti urbani e sociali, operano esclusivamente in un'ottica di prevenzione, dialogano con gli altri studenti in una prospettiva di peer-education. Viceversa, rifiutiamo totalmente il modello delle “ronde” – caratterizzate da una logica di repressione e pericolosa sostituzione alle Forze dell'Ordine, nonché spesso viziate, in modo più o meno latente, da ideologie violente o discriminatorie. Pratichiamo la mediazione e comunicazione sociale, cioè sosteniamo attivamente il corretto uso collettivo dello spazio pubblico da parte dei giovani.

Ed ecco quindi i nuovi paladini del silenzio, della disciplina, della sobrietà. Della noia.
Giovani che pretendono di educare altri giovani a una ordinata cittadinanza.
Da buoni moderati, venerano il dio mediazione, convinti che tramite il suo aiuto si riesca a "migliorare il grado di sicurezza dei cittadini", se mai la sicurezza può essere misurata in gradi (e in quale scala poi? La scala Maroni?). Da bravi moralizzatori e quindi forti della loro superiorità, verrano da noi a darci lezioni di cittadinanza e a insegnarci il "corretto uso dello spazio pubblico". E anche qui la correttezza in questione vorrei proprio sapere chi la decide.
In ogni caso, saranno solo altri coetanei con cui perdere tempo a discutere.

sabato 8 novembre 2008

Lo sceriffato

Bologna, 8 novembre 2008

Quattro locali in via del Pratello (bar Osvaldo, Tacaban, Barazzo, Mammuth) e uno in via Santa Croce (Vapian) dovranno chiudere per un anno alle 22
. Un negozio di alimentari di Piazza Adrovandi dovrà fermarsi alle 18.

La manifestazione di due settimane fa contro l’ordinanza di chiusura alle 18 del bar dei Vecchietti è stata presa da Sergio Gaetano Cofferati come un “guanto di sfida” a cui ha voluto rispondere ieri sera con le “truppe corazzate”. Il sindaco “in partenza” rischia un “eccesso di dipendenza” rispetto ai poteri di polizia che il Ministro Maroni gli ha messo in mano. Ieri, dal suo staff a Palazzo d’Accursio, sono state annunciate 10 nuove ordinanze contro i cosiddetti “locali fracassoni” e sono in molti in città a dubitare sull’uso consapevole che il primo cittadino fa delle sue potestà.
Ecco alcune motivazioni della chiusura: (…) “Gli assembramenti dei numerosi avventori all’esterno del locale non solo costituiscono situazioni che agevolano comportamenti pregiudizievoli la quiete e l’igiene, ma altresì impediscono la fruibilità dei luoghi, ed in particolare dei portici in prossimità del locale, rendendo difficoltosa la viabilità pedonale”, (…) “Il comportamento aggressivo e offensivo nei confronti della Polizia Municipale in occasione di controlli effettuati, comprova l’oggettiva incapacità del titolare dell’attività di farsi carico degli obblighi posti dalle disposizioni con conseguente rischio per gli interessi pubblici tutelati”, (…) “Necessità di adottare in via urgente misure idonee a prevenire gli inconvenienti e i rischi derivanti dalle presenze incontrollata di numerosi avventori che utilizzano impropriamente il portico come area di sosta del locale pubblico, causando così schiamazzi e comportamenti di disturbo alla quiete e all’igiene pubblica”.

Forse, a tanti nostri pubblici amministratori farebbe bene studiare un po’ di storia di Bologna, così potrebbero scoprire le ragioni per cui nella nostra città nacquero i portici.

martedì 4 novembre 2008

Essere padroni delle proprie idee


Avendo scoperto qualche giorno fa che:

"con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dello scorso agosto, i compiti di tutela del diritto d'autore, della proprietà intellettuale e per la vigilanza sulla SIAE spettanti, di concerto con il Ministero per i Beni e le attività culturali, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono stati demandati a un apposito ufficio, chiamato Ufficio per la tutela del diritto d'autore, della proprietà intellettuale e per la vigilanza sulla SIAE, dipendente dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria, di cui è responsabile il prof. Mauro Masi, già Commissario Straordinario della S.I.A.E.
L'Ufficio provvede ad approfondire le tematiche inerenti la tutela della proprietà intellettuale e fornisce il necessario supporto tecnico-giuridico. Provvede inoltre a fornire adeguati contributi tecnici utili al contrasto di attività illecite, nonchè a livello internazionale.
Esercita attività di vigilanza sulla SIAE, congiuntamente con il Ministero dell'economia e delle finanze, sulle materie di sua specifica competenza."

e avendo letto dell'interessantissima

"opera di sensibilizzazione proposta dal Ministero dello Sviluppo Economico: una campagna anticontraffazione che dal 2009 si diramerà dal web per raggiungere i media tradizionali, contando sul passaparola dei giovani che - assicurano gli esperti consultati dal Ministero - si scambieranno gli spot come fanno con i video della rete. Cinque milioni di euro verranno profusi nella campagna antipirateria, fra video virali, concorsi e iniziative nelle scuole, e il messaggio rivolto ai giovani, assicura Agrò, sarà meno forte di quello delle campagne precedenti: in luogo di slogan quali "La pirateria danneggia l'economia. Stanne fuori difendi la legalità!".
Il linguaggio inoltre - spiegano i rappresentanti delle istituzioni - ha una portata non indifferente fuori e dentro le campagne di comunicazione: si sta già smettendo di utilizzare appellativi evidentemente connotati come ladri o pirati e si tende a preferire termini come criminali."
!

sono rimasto senza parole.
Adesso ci vogliono raccontare che è colpa della pirateria se l'economia non gira!
Stupisce la pericolosa e continua ridefinizione dei concetti di legalità e illegalità, soprattutto per quello che riguarda l'ambito del diritto d'autore e della proprietà intellettuale. Ottusi e ammuffiti funzionari, desiderano ridurre lo sviluppo della cultura personale a fottutissime percentuali di ricavo sulle copie vendute. Pezzi di carta, pezzi di plastica e di vinile, si trasformano in oggetti mercificabili come un qualsiasi pacchetto azionario. E se compare il rischio di perdere profitti, allora dagli con campagne antipirateria indegne anche del più becero proibizionismo.

Il ragazzino che per passione, interesse, e non lucro, scarica e condivide libri, musica e film, diventa il nuovo criminale da additare alle menti benpensanti dei governanti di turno, i quali si danno l'anima per trovare la soluzione adatta per avere a tutti i costi la moglie ubriaca e la botta piena. Et voilà il cavo Tvemonti sbattersi come un mulo nel tentativo, ovviamente riuscito, di tirare fuori 5, mai come ora sprecati, milioni di euro per tentare di indottrinarci per bene su cosa sia giusto o non giusto fare con le nostre ditine sui nostri computers. Quali siti visitare, cosa leggere, cosa guardare, ma soprattutto cosa pagare, cioè il più possibile!


Ed è così che al convegno "Pirateria e criminalità audiovisiva: quando la copia danneggia il mercato", svoltosi il 30 ottobre durante l'ultima giornata degli Stati Generali del Cinema, organizzato dall'acutissimo onorevole Luca Barbareschi, si sono potute udire frasi incredibili di questo calibro:


* La pirateria è una sfaccettatura di un fenomeno di inciviltà culturale: i ragazzi che imbrattano i muri, che rovinano le suppellettili nelle scuole, che fanno le corse ubriachi sono elementi di questa società incivile che acquista prodotti contraffatti. E' fondamentale un'opera di rieducazione: bisogna insegnare ai giovani cosa è lecito e cosa è illecito. Propongo di chiamare in causa i prefetti, affinché somministrino punizioni amministrative ai giovani e ai loro genitori.

Giorgio Assumma, presidente della Siae e membro del Comitato contro la pirateria
(sì, lo stesso che leggeva la Bibbia con Paparazzi)



* L’obiettivo è quello di dichiarare guerra all’anarchia sul web. La legge non si applica perché i politici sottovalutano il problema, pensano che si tratti di quattro vu cumprà per strada. Oppure ritengono che, se i loro figli scaricano film da Internet, è una ragazzata. E invece si commette un furto: delle idee e del pensiero.

Filippo Roviglioni, presidente della Federazione contro la pirateria audiovisiva



Avete capito? Si tratta di furto: di idee e di pensiero! Di un fenomeno di inciviltà culturale! Criminali che non siete altro!
Si vuole inculcare il messaggio che chi ha intenzione di farsi una cultura gratuitamente (in tutte le sue possibili accezioni) è da trattare alla stregua di un pericoloso criminale. Chi imbratta i muri - giacchè il cemento è così bello da vedere, toccare e ammirare - è un delinquente come chi scarica un libro dal web. Questa è la loro criminalità, ridefinita a seconda del padrone da accontentare o dal borghesotto da tranquillizzare. I loro 90° stanno trasformandosi in più comodi 180°, e loro, imperturbabili, hanno il coraggio di fare dichiarazioni del genere! Mi vergogno io per loro...

Per quanto mi riguarda, credo che le mie idee e il mio pensiero non siano altro che una rimanipolazione di idee e pensieri precedentemente elaborati da altri, a loro tempo rubati nel mentre leggevo un libro, ascoltavo un disco, guardavo un film, osservavo un quadro o un'opera d'arte, o semplicemente parlavo con qualcuno.
E rubatemeli pure le mie idee e miei pensieri, che non conto di diventarci milionario!

lunedì 27 ottobre 2008

L'unico cervello bruciato è il vostro!




Riporto l'ottimo commento dal blog Gratta e Vinci:


Fatico a stabilire quale sia l’aspetto più ridicolo del nuovo spot antidroga ideato dagli ottusi Crociati capitanati dal povero Giovanardi, illuminato nella sua missione dalla “scientificità” di Serpelloni (il medico-scrittore-compositore-pittore) e dall’utopia senza uscita di San Patrignano (che non necessita di presentazioni).

Forse è che si riferisce ad un astratto concetto di “droga”, evidentemente poco chiaro agli ideatori stessi, senza considerare che la causa più frequente di devastazione cerebrale è l’abuso del legalissimo alcol.

O forse è il fatto che la retorica del “cervello bucato” non solo è tanto antica quanto inefficace (qualcuno forse ha ancora dei dubbi sul fatto che “la droga fa male”? Il consumo di droga è forse per questo diminuito?), ma anche imprecisa. Perché le droghe sono tante, e tra le varie e gravi controindicazioni causate all’abuso (ABUSO: non uso), non necessariamente compare il danno cerebrale (presente invece in diversi e legalissimi psicofarmaci); l’idea del “cervello bucato” ha avuto una certa fortuna associato ai danni dell’ecstasy, ma è stata accantonata nel momento in cui ci si è resi conto che non è necessariamente vero, e soprattutto che la tecnologia dello “scanning cerebrale”, usata per dimostrarla, è nuova e controversa: quelle macchie colorate che Serpelloni indica come “buchi nel cervello” (ogni macchia corrisponderebbe al 5% in meno di sostanza cerebrale!) in realtà non si sa bene cosa siano, e la maggior parte dei milioni di persone che hanno usato regolarmente ecstasy durante il boom degli anni ‘90 sono vive, vegete e capaci di intendere e di volere. Ad oggi, l‘ecstasy è considerata una sostanza meno pericolosa dell’alcol.

Ma forse, a ben vedere, l’aspetto più ridicolo è un’altro.

Ammettiamo anche che tutto quello che sottintende e afferma lo spot sia vero: la droga, qualunque droga (tranne l’alcol, di cui Giovanardi è appassionato consumatore), anche se usata una sola volta, distrugge, ammazza, avvelena.

Anche i più ottusi proibizionisti non possono evitare di ammettere che se la droga viene usata, una ragione ci sarà. Anche i più feroci sostenitori della Guerra alla Droga sanno che oggi le sostanze si consumano (prevalentemente) per raggiungere migliori prestazioni sia in ambito ricreativo che lavorativo: non ci vuole molto ad arrivarci, dato che, tolta la polivalente cannabis, a farla da padrone sono proprio gli stimolanti e le sostanze prestazionali in genere.

Allora, che senso ha fare uno spot così, quando quello in onda appena prima invita a rincorrere la forma fisica perfetta ammuccandosi pastiglie “naturali”, quello seguente indica come indispensabile il superfluo, e quello ancora seguente ti dice che se ti ingolli quella pastiglia il mal di testa ti passa in un momento e la vita ti sorride?

Chi usa droghe oggi non lo fa perché è stupido, autolesionista, ignorante, pazzo. Chi usa droghe (mica solo i ragazzini in discoteca) lo fa perché le trova utili a vari scopi, pratici o ricreativi, anche se sa che possono fare male. Non è poi così diverso dal guidare ai 200 allora in autostrada perché si è in ritardo: è pericoloso, molto pericoloso, ma è visto (da chi lo fa) come utile allo scopo.

Chi usa le droghe lo fa perché è immerso in una società altamente medicalizzata: sa che c’è una pastiglia per ogni problema, dalla diarrea all’infelicità; lo fa perché per stare al passo con i ritmi del lavoro e del divertimento ha bisogno (qualche volta) di un sostegno, perché lo stress (alle volte) è troppo da sopportare senza l’aiuto di un bel cannone di marijuana. Aggiungiamoci poi la retorica del “no limits” e del “primato a tutti i costi” che domina l’immaginario collettivo e guida il sistema produttivo, e capiamo da cosa possa derivare l’abuso: il doping non è mica solo nello sport, anche se fa comodo pensarla così.

Una campagna coerente ed efficace contro le droghe dovrebbe essere una campagna contro l’abuso di droghe.
Per l’alcol, la nostra “droga culturalmente controllata”, che uccide più che tutte le droghe illegali messe assieme (25000 morti all’anno solo in Italia) si invita alla moderazione, al “bere responsabile”: si sa che tanto la gente beve comunque. Dato che si sa anche che la gente si droga comunque, perché non fare lo stesso per le sostanze? Chi ci ha provato, è stato accusato di incitare al consumo.

Paradossalmente, la prevenzione efficace contro le “droghe” forse non avrebbe nemmeno bisogno di parlare di droghe.
Basterebbe parlare di limiti. Educare al riconoscimento e al rispetto dei limiti umani: fisici e psichici, individuali e collettivi. Educare al rifiuto dell’idea dominante del “tutto e subito”. Educare alla moderazione. Inquinamento, crisi economica ed energetica, disturbi come bulimia o anoressia, consumo di droghe e dipendenze: è tutto intrecciato, sono sintomi diversi di una stessa malattia etica.

I limiti dovrebbero essere considerati sacri, non un impedimento al raggiungimento di chissà quale scopo nel minor tempo possibile. Siamo una società rovinata e che sta rovinando il pianeta a causa della brama del primato a tutti i costi. Un recordista sportivo che afferma “neanche io supero mai i miei limiti” mi parrebbe un messaggio molto più potente delle lampadine che si spengono nel cervello.

(Questo articolo è apparso su Aduc Droghe)