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venerdì 27 agosto 2010

Crashkurs - Appunti sulla crisi finanziaria

Perché lo scoppio della bolla finanziaria non è da imputarsi all’avidità dei banchieri e non è possibile alcun ritorno al “capitalismo del welfare”.

Una nuova “leggenda della pugnalata alle spalle” (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Dolchstosslegende) sta facendo il giro del mondo: la “nostra economia” sarebbe caduta vittima della sconfinata avidità di un pugno di banchieri e speculatori. Ingozzati dalla conveniente moneta della Banca Centrale degli USA (la Federal Reserve) e coperti da politici irresponsabili, costoro avrebbero portato il mondo alle soglie dell’abisso, mentre gli “onesti” verrebbero una volta di più presi per il naso.
Niente è oggettivamente più falso e ideologicamente più pericoloso di questa diffusa rappresentazione che passa attraverso tutti i canali dell’opinione pubblica. Le cose stanno esattamente al contrario. Il mostruoso rigonfiamento dei mercati finanziari non è la causa della miseria, bensì è esso stesso un tentativo di contrastare la crisi fondamentale con la quale la società capitalistica lotta già dagli anni ’70. In quel periodo giunse a termine, con il boom economico successivo alla seconda guerra mondiale, un lungo periodo di crescita dell’economia reale, reso possibile dalla generalizzazione del modo di produzione industriale e dal suo ampliamento verso nuovi settori come la produzione dell’automobile. Per la produzione di massa degli anni ’50 e ’60 erano necessarie grosse quantità di forza lavoro, che da essa traevano il proprio salario che a sua volta permetteva loro di fruire della massa delle merci. Da allora l’ampia e diffusa razionalizzazione dei settori chiave della produzione per il mercato mondiale, che ha sempre più sostituito la forza lavoro con processi automatizzati, ha distrutto questo meccanismo e con esso i presupposti per un nuovo boom economico sorretto dall’economia reale. La crisi capitalistica classica è stata soppiantata dalla fondamentale crisi del lavoro.

Forza lavoro svalorizzata=umanità “superflua”


È un risultato tipico delle folli contraddizioni del modo di produzione capitalistico il fatto che l’enorme aumento di produttività ottenuto grazie alla “rivoluzione microelettronica” non renda possibile un buon livello di vita per tutti. Al contrario: il lavoro viene compresso, i ritmi di lavoro accelerati e i salari ridotti. Dappertutto nel mondo sempre più persone devono vendersi alle peggiori condizioni poiché la loro forza-lavoro è sempre più deprezzata in relazione al livello di produttività vigente.
Alle contraddizioni del capitalismo appartiene però anche che esso stesso mina i propri fondamenti, poiché una società che si basa sullo sfruttamento della forza-lavoro umana incontra i propri limiti strutturali quando essa rende superflua in sempre più crescente misura questa stessa forza-lavoro. La dinamica dell’economia mondiale è tenuta in corsa, oramai da più di 30 anni, solo da una sempre crescente bolla speculativa e creditizia (“capitale fittizio”). Il capitale ha iniziato a rivolgersi verso i mercati finanziari perché l’economia reale non offriva più alcuna soddisfacente possibilità di investimento. Gli stati si sono indebitati per sanare i bilanci e sempre più persone hanno iniziato a finanziare i loro consumi direttamente o indirettamente con il credito. In questo modo la sfera finanziaria è divenuta l’”industria di base” del mercato mondiale e il motore della crescita capitalistica. La tanto decantata economia reale non è dunque stata “schiacciata” dalla sfera finanziaria, al contrario, essa ha potuto rifiorire solo come sua appendice. Il “miracolo economico cinese” e la “Germania campione mondiale dell’export” degli ultimi decenni non avrebbero potuto esistere senza questo gigantesco circuito di indebitamento globale, con gli USA a giocare un ruolo centrale

Stato di emergenza e stagflazione


Questo continuo procrastinare la crisi ha raggiunto i suoi limiti. Non c’è comunque da esserne troppo felici. Gli effetti potrebbero essere drammatici, poiché adesso l’insieme di crisi e svalorizzazione accumulatosi negli ultimi trenta anni potrebbe scaricarsi con estrema violenza. La politica può al massimo influire sui ritmi e sul corso di questo processo, tuttavia non può fermarlo. Le miliardarie “manovre anti-crisi” possono fallire, e la crisi rovinerebbe sulla cosiddetta “economia reale” con conseguenze catastrofiche, oppure possono riuscire a “tenere” ancora una volta, causando però un esorbitante aumento del debito pubblico che porterà ad un nuovo gigantesco collasso finanziario in un prossimo futuro. Il ritorno della “stagflazione” – inflazione galoppante combinata ad una contemporanea recessione – è già in corso, ad un livello più alto di quello degli anni ’70.
Negli ultimi decenni i salari sono stati fortemente compressi, le condizioni di lavoro precarizzate e gran parte del settore pubblico privatizzata, tanto che una parte insospettabilmente più grande del previsto di persone, e in quantità sempre più crescente, è diventata semplicemente superflua. Il tanto reclamato “ruolo rinnovato dello stato” non ha la minima chance di ricreare un nuovo “welfare-capitalismo” stile anni ’60-’70, con la piena occupazione e un crescente benessere collettivo. Al contrario, servirà solo ad organizzare ed amministrare l’esclusione sociale, razziale e nazionalistica. Il ritorno della “politica regolativa” e del “capitalismo di stato” è concepibile solo nella forma di uno stato di emergenza repressivo e autoritario.

Il mondo è troppo ricco per il capitalismo

L’attuale crisi dei mercati finanziari segna un punto di non-ritorno nell’epoca del capitale fittizio e con ciò la crisi fondamentale del capitalismo, visibile sin dagli anni ’70, raggiunge un nuovo livello. Questa crisi non è quella di uno specifico “sistema anglo-sassone” del “neo-liberismo”, come viene talvolta affermato a seguito di mobilitazioni mosse da un sentimento anti-americano con venature anti-semitiche. Piuttosto ciò che si mostra adesso è che il mondo è troppo ricco per il miserabile modo di produzione capitalistico, che la società è destinata a frantumarsi, inselvatichirsi ed essere ridotta alla mercé della miseria, della violenza e dell’irrazionalità se non riesce ad oltrepassarlo una volta per tutte.
Il problema non sono gli “speculatori” o i mercati finanziari, bensì l’assurdità di un sistema sociale che produce ricchezza solo come prodotto di scarto della valorizzazione del capitale, sia essa reale o fittizia. Il ritorno ad un capitalismo solo apparentemente stabile, fondato sull’impiego di enormi masse di lavoratori, non è più possibile né auspicabile.
Ogni sacrificio che ci venga richiesto per mantenere in vita la (auto)distruttiva dinamica di questo folle modo di produzione e di vita è una sberleffo alla dignitosa esistenza che già da lungo tempo sarebbe possibile vivere in una società emancipata dalla produzione delle merci, dal denaro e dallo stato. La crisi mette in questione l’intero sistema. Sta a noi, adesso, trovare la risposta.

Gruppo Krisis
, dicembre 2008.
(www.krisis.org)

sabato 5 settembre 2009

Il sale della vita

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Come avrete notato non abbiamo (avuto) molto tempo per aggiornare il blog, ma arriveranno tempi migliori. Di sicuro tempi migliori per l'economia e il mondo del lavoro non ci saranno per almeno due anni.
Nonostante le vagonate di spudoratamente falso ottimismo lanciate dai vari omuncoli al governo e dai loro amichetti, quaggiù sulla terra le cose, lungi dal migliorare anche solo minimamente, sembra stiano sprofondando in una voragine senza fondo. A dircelo è un economista francese, esperto di indebitamenti e bancarotte, in quanto consigliere di amministrazione di Telecom Italia: Jean-Paul Fitoussi. Interventuto al galà delle stelle in quel di Cernobbio il nostro ha dichiarato ridendo: "C'è stato un crollo del PIL del 6% e adesso per un rialzo dello 0,3% sono tutti a parlare di uscita dalla crisi. Per quella dovremo aspettare almeno fino al 2012".
A rincarare la dose, ci pensa prima il presidente della Banca Centrale Europea, Trichet: "sono molto preoccupato per il fatto che molta gente pensa che i mercati stiano tornando alla normalità" e poi anche il nonno d'Italia, il quale, dopo la pennichella pomeridiana, è stato informato da qualche report dei servizi segreti che "la crisi non è ancora finita".
L'unico motivo di incoraggiamento viene, ancora una volta, dal basso. Mi piace questa nuova pratica degli operai di occupare fabbriche, arrampicarsi sulle gru o sui tetti, sequestrare i manager delle aziende per reclamare i loro diritti. E' un piccolo ma rincuorante segnale di un'italietta allo sbando (economico, culturale e morale) che credevo ormai totalmente cerebrolesa.
Il resto non mi va neanche di commentarlo, anche perchè a prendere le parti di un esponente della Chiesa Cattolica© proprio non ci riesco.

venerdì 24 luglio 2009

MTV = Mercifichiamo Tutti Voi

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Primo sciopero in dodici anni per i lavoratori di MTV Italia. L'azienda prima annuncia da un giorno all'altro che non rinnoverà i contratti a cento precari su trecento, poi assume come vigèi le tette di Cristina, ultima maggiorata del Grande Fratello.
La tivù dei giovani, per i giovani, davanti e dentro ai giovani, in tempi di crisi sembra non farsi troppi problemi a sfruttare per benino quegli stessi ragazzi che contribuiscono alla realizzazione dei programmi. Così i giovani si organizzano, diffondono la notizia il più possibile e aprono pure un blog per rivendicare le loro ragioni.
Non paghi di aver rovinato, e di continuare a rovinare, intere generazioni di adolescenti, massificandone e omologandone gli stili di vita, ora provano anche a rendere la vita difficile a onesti e speranzosi lavoratori...
Nonostante l'origine americana dell'azienda, l'operazione in questione reca l'inequivocabile zampino di uno dei peggiori imprenditori del belpaese: ricordiamo infatti che l'azionista di maggioranza di Mtv Italia è Telecom Italia.

mercoledì 15 luglio 2009

La squola fa bene

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Aumentano i bocciati alla maturità del 20%.
Aumentano i non ammessi all'esame.
Si registrano per la prima volta i non ammessi alla prova finale a causa del 5 in condotta: 6500 alle superiori e 3000 (!) alle medie.
30000 ragazzi sono sospesi nel limbo fino a settembre per aver riportato anche solo un'insufficienza a fine anno.
Il generale Gelmini gioisce soddisfatta ai risultati: «E' segno di una scuola che fa il bene del ragazzo».
Altrochè, è il sintomo di una scuola che fa il bene di questa società mercantile: più lavoratori ignoranti e meno spiriti critici tra i piedi.
E la proposta di riforma dell'Università annunciata ieri, non promette niente di buono.
Berlinguer-Moratti-Gelmini: una porcata tira l'altra. Da vent'anni.

giovedì 21 maggio 2009

L'insostenibile leggerezza del Summit

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Si è concluso ieri con la firma della "Torino Declaration on Education & Research for Sustainable and Responsible Development” il G8 University Summit 2009, promosso nell’anno di presidenza italiana del G8 dei Capi di Stato da CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), Politecnico di Torino e Commissione Italiana per l’UNESCO.

Il Summit ha evidenziato il ruolo chiave che le università devono svolgere nel contribuire a creare e a diffondere una cultura dello sviluppo sostenibile e responsabile, sia a livello globale sia locale. Una sostenibilità che coinvolga aspetti economici e ambientali, ma anche etici e sociali e di politiche energetiche, rappresenta un esempio paradigmatico di approccio integrato al problema.

Quattro i principi enunciati dalla Dichiarazione, che tiene conto della Dichiarazione finale firmata dagli studenti che hanno partecipato al G8 University Students’ Summit di Palermo l’8 e il 9 maggio scorsi:

• Un nuovo modello di sviluppo socio-economico, che preveda un uso più efficiente delle risorse, in una prospettiva di sostenibilità di lungo termine.

• La proposta di nuovi approcci allo sviluppo sostenibile, fondati sul riconoscimento del ruolo dell’etica.

• Un modello di politica energetica che preveda l’utilizzo di fonti rinnovabili e di tecniche per il risparmio energetico, imperniata sull’utilizzo più razionale delle risorse naturali.

• Una rinnovata consapevolezza dell’interdipendenza esistente tra le attività umane e l’ecosistema naturale.

È in base a questi quattro principi che le Università, nella loro essenziale funzione di laboratorio per le rispettive società, intendono impostare le strategie che costituiscono le proposte chiave del Summit.
fonte Comunicato governativo

Tutto lì?
41 delegati che discutono per due giorni su cose che anche un bambino autistico (con tutto il rispetto) dà per scontate? E mettono anche tutto per iscritto?
Fuori la disperata concretezza. Che prevede anche fumogeni, manganelli, pietrate, violenze varie.
Dentro la metafisica più pura. Sviluppo è la parola d'ordine. Poi si sogna di un nuovo mondo sostenibile, fondato sull'etica, sulle fonti energetiche rinnovabili e sul rispetto per l'ambiente.

Riflettere sul ruolo dell'Università? Sulla ricerca? Sull'importanza della cultura e del suo finanziamento? Sul lavoro e la sua imminente estinzione? Sull'impegno civile, sociale, politico?
Ma soprattutto, proposte concrete?

Sarò io che son troppo esigente...

Ah, tra l'altro, si ringraziano per la loro magnanimità gli sponsor: Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Lavazza, Microsoft, Olidata e Intesa Sanpaolo.

Tutto torna.

venerdì 1 maggio 2009

Festa del non-lavoro

C'è una categoria di persone che questa crisi non la sente: sono quelli delle crociere che non capiscono perchè dei Somali possano attaccare le loro navi, sono alcuni di altre regioni che non capiscano come si possa rimanere in mutande dentro un campo sportivo, sono quelli che incitano gli italiani a consumare e ad essere ottimisti. Il lavoro non ha più il valore di una volta. Potrebbe essere una frase banale. Forse abbiamo tirato troppo la corda nell'idealizzarlo. Ho già sostenuto in questo blog come il lavoro faccia schifo. Ma adesso non fa solo schifo, è qualcosa di pericoloso per i giovani e per i vecchi: per i giovani perchè qualcuno, all'uscita dalle Università, li illude che quello sia l'ultimo scoglio da superare per entrare nel mondo gioioso della produttività. Per i vecchi perchè qualcuno fa capire loro che , dopo il lavoro, non conteranno più un cazzo e saranno costretti a morire di inutili pensioni. Spero possa tornare un pizzico di realismo sulle reali possibilità di questo paese, senza drammi. Ma se dramma sarà, spero di avere una pala per poter dissotterrare i miei fucili...
tratto da un commento de Il Grande Favollo

giovedì 2 aprile 2009

Il presidente analista

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"Nel mio intervento ho fatto notare come questa sia una crisi soprattutto psicologica e che i governi e gli stati dovrebbero a mio parere garantire che nessun cittadino che perderà il lavoro sarà lasciato indietro".

S.B., Londra, 01/04/09