inoltre da qualche parte JOHNNY BELLASPETTO dalla FiPiLi il cantautore definitivo GIOVANNI BOTTONE er gionni chesc de montesacro
all’interno concerti, proiezione corto : "Berlikete" di ViralVisions, contest di rutti, spazio mostre foto e illustrazioni mercatino delle distro e dell’ autoproduzione cibo vegan e non - wall painting - expo - fumetti - gare di coma etilico, lotta nel fango e cotillones
Vi segnalo, en passant, l'ottima inziativa del sito OFFICINA LIVE che, in collaborazione con il Circolo Arci MAGNOLIA di Milano, propone registrazioni live, con riprese semi-professionali, delle migliori band che calcano il palco del suddetto circolo. Ovviamente tutto in streaming e tutto visionabile gratuitamente. Il sito web, nato nel 2008, vanta già un numero notevole di esibizioni di altissimo livello, tra le quali vi consiglio caldamente: UFOMAMMUT, MELT BANANA, LENTO, LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA, JUCIFER, INFERNO, IL TEATRO DEGLI ORRORI, AIDS WOLF, ZZZ, ZU, MORKOBOT e HELMET.Ma c'è anche roba più commercialotta e meno pesssante. Un applauso e un abbraccio dunque a tutti i ragazzi che si sono sbattuti, si sbattono e si sbatteranno per regalarci ore e ore di emozioni audio-visive. A dimostrazione che anche nella nostra piccola e infame italietta, quando si vuole, si riescono a portare avanti progetti davvero lodevoli. Oh, se poi ai concerti ci andate di persona, mi hanno detto che tutto è molto più bello.
ci sono molte band nel mondo che fanno grande musica. molte di più di quelle che i media tradizionali, radio e televisione, ti fanno ascoltare. queste band sono in grado di cambiare il futuro della musica. è in questo cambiamento che noi crediamo, ed è per questa ragione che nasce officinalive, un sito internet dove è possibile vedere e ascoltare, gratuitamente, le performance live dei gruppi che si alternano sul palco del circolo magnolia. siamo all'inizio, ma vogliamo proseguire su questa strada ancora per molto tempo, e lo vogliamo fare con voi che amate, come noi, la musica.
Se per cambiamento sociale intendiamo relazioni nuove tra le persone, e di conseguenza anche tra le persone e l'ambiente circostante, è evidente che ciò che chiamiamo lotta non contribuisce assolutamente a promuovere rapporti umani egualitari, fraterni e solidali. Di solito la parola lotta si usa per descrivere due azioni differenti tra di loro. Una ha a che fare con la lotta per la sopravvivenza, la lotta quotidiana per assicurare il sostentamento e la riproduzione della vita, lotta che nelle classi popolari richiede il massimo delle energie. Si tratta di una lotta creativa, per la vita. L'altra accezione, quella più frequente tra attivisti e militanti, rimanda alla lotta come guerra o scontro, destinata all'eliminazione di un nemico reale o inventato. La differenza è sostanziale: mentre la lotta come creazione di vita richiede uno sforzo solidale e reciproco tra gli esseri umani, la lotta come logica dello scontro presuppone la creazione di un dispositivo specializzato nella distruzione. Questo dispositivo presenta necessariamente le caratteristiche di una macchina da guerra, il suo massimo grado di sviluppo è la burocrazia militare, ma lo ritroviamo anche nelle imprese, nella Chiesa cattolica e nell'apparato statale. Divisione di compiti tra chi comanda e chi ubbidisce, tra coloro che danno ordini e coloro che li eseguono, divisione tra la direzione e la base; istituzione di gerarchie piramidali. Sviluppo di una cultura di guerra che consiste nell'invenzione di un nemico per procedere alla sua distruzione ed eliminazione. Prima o poi questa cultura di guerra smette di essere solo una proiezione verso l'esterno e contamina anche il nostro spazio sociale scatenando la caccia alle streghe. [...] Non è stato forse il dispositivo di lotta-guerra a essere alla base dell'ascesa del capitalismo? Se il meccanismo di lotta tra nazioni, popoli e classi ha favorito l'ascesa del capitalismo non potremo mai uscire da questo sistema adoperando gli stessi meccanismi, dato che, come lo Stato, questi dispositivi costruiscono relazioni sociali capitalistiche. Creare o mantenere il dispositivo di lotta significa rinforzare il capitalismo e lo Stato. Tutte le rivoluzioni vittoriose hanno creato Stati lì dov'erano in crisi o in decomposizione. D'altra parte, il concetto di lotta, scontro o guerra, presuppone la polarizzazione della società, divide la società in due. Questa logica binaria incatena la molteplicità del conflitto sociale, lo congela solidificando e omogeneizzando ognuna delle parti in lotta. Possiamo chiamare tutto questo militarismo, fascismo, stalinismo o in qualunque altro modo; quel che è certo è che in un tipo di società congelata, la trasformazione sociale si consuma, diventa impossibile poiché richiede esattamente il contrario: fluidità, movimento, slittamento delle posizioni occupate dalle persone e dai diversi settori sociali. Una delle caratteristiche della dominazione consiste nell'ancorare ogni persona e ogni collettivo a un luogo. Le caserme sono il paradigma di quella immobilità che ben presto si è trasferita nella fabbrica taylorista-fordista. Lì nulla fluisce, niente può cambiare di posto. Il “restare fermi” della maestra detto ai bambini delle scuole sintetizza questa attitudine dei dispositivi di dominio. Diciamo che il dispositivo di lotta distrugge i movimenti sociali, li sterilizza, annulla le loro capacità di movimento. Le élites lo sanno e preferiscono militarizzare le lotte sociali. Eppure, la lotta è utile perché apre spazi sociali dove i movimenti si sviluppano e crescono, ed è necessaria per frenare le classi dominanti. In questo senso, utilizzare uno stesso termine per riferirci sia alla creazione della vita, alla difesa della vita, sia all'eliminazione di un nemico, crea confusione. Sarebbe più giusto parlare di guerra o di logica dello scontro per quest'ultimo caso e riservarci il concetto di vita o di speranza per gli sforzi volti a creare un mondo nuovo. Esiste infine una terza dimensione della lotta: si lotta solo per un breve periodo se per lotta intendiamo lo scontro o la resistenza fisica. Questo breve tempo, che è il tempo delle battaglie, consuma parecchie energie e richiede a sua volta molto tempo e lavoro per riparare i danni subiti, per rimettere in piedi i protagonisti dello scontro. Questo breve tempo di lotta subordina tutta la società o il settore sociale interessato e lo mette al servizio del funzionamento della macchina da guerra. Sia il tempo di preparazione della guerra sia quello dedicato a curare le ferite smettono di essere tempi di ri-produzione della vita, trasformandosi in tempi di produzione per alimentare la macchina da guerra. Insomma la vita si aliena nella distruzione della vita. Raul Zibechi, Genealogia della rivolta. Argentina. La società in movimento, Luca Sossella Editore, 2003
Cliccando sul titolo del libro troverete il testo completo da scaricare, messo a disposizione dall'editore stesso.
Anche noi abbiamo festeggiato la pizza! Questa è la porzione di Titus. Dalla foto non appare in tutta la sua grandezza, ma vi assicuro che era bella pesante.
Blu + La Quiete - Sulla differenza fra un sorriso e una risata
Blu, oltre ad essere un colore, è anche un piccolo genio del graffito. Uno dei pochi prodotti italiani che meritano di essere esportati. Autore principalmente di murales dalle vaste dimensioni, poi convertiti in brevi ed efficaci video utilizzando la tecnica dello stop-motion, il bolognese ha guadagnato popolarità soprattutto grazie allo splendido corto animato MUTO, realizzato nel 2008 tra Buenos Aires e Baden (Svizzera).
Con le sue opere, tutte rigorosamente pubblicate sotto licenza Creative Commons, Blu riflette e fa riflettere sull'inesorabile cammino intrapreso dall'umanità, sempre più devota a un'irrazionale idea di sviluppo. Con i rulli e i pennelli della sua street art, il nostro, coerentemente alla radicalità delle sue posizioni, ha rallegrato e mascherato l'opprimente grigiume dell'odierno cemento, dando nuova vita a spente pareti sparse qua e là per il mondo.
Ho sempre cercato di stare alla larga dai medicinali o non curandomi e lasciando al mio corpo il compito di debellare la malattia o sperimentando i vecchi metodi "della nonna". Oggi ho scoperto proprio un nuovo metodo per curare la tosse. Diciamo uno sciroppo casalingo. La ricetta è molto semplice e ci è stata tramandata dalla nonna di Titus. Si prendono due rape lavate e sbucciate e si tagliano a fettine sottili. Si dispongono le fettine su un piatto cospargendole di zucchero (meglio se integrale), a strati. Si lasciano riposare per almeno una notte. La mattina le rape avranno rilasciato un liquido sciropposo che travaserete in una bottiglia. Adesso è pronto. Va conservato in frigo ma se dovete portarvelo fuori casa vi suggerisco di aggiungere un pò di alcool per liquori. Naturalmente non ci sono controindicazioni!
È nel vissuto che si costruisce l’antagonismo, sostiene l’autore, non nei grandi eventi mediatici del movimento. Perciò questa narrazione “antropologica” si sofferma sulle prassi di vita di un frammento di umanità ribelle, al di là degli stereotipi mediatici. Il movimento è la sua cultura, una cultura che è fatta di valori specifici, di un immaginario comune e comunitario, di emozioni e idiosincrasie condivise, ma anche del loro tradursi e manifestarsi in uno stile di vita. In queste modalità peculiari e distintive di fare le cose e di pensare il mondo si genera l’identità comune, il “noi” descritto in questo libro. Un “noi” non delimitabile ma identificabile e identificante. È un ritratto dall’interno di un circuito conviviale in cui si colloca anche l’autore, antropologo e libertario, osservatore e partecipe insieme, in uno sforzo di oggettività empatica.
Questo è un libro COPYLEFT. Si può scaricare in formato elettronico, copiare e diffondere liberamente senza fini di lucro.
JR è un ragazzo di 25 anni, francese, un fotografo molto speciale. Il suo lavoro è un intreccio di arte e azione e le sue foto parlano di libertà, identità e limiti.
Lui stesso si definisce artivista, ovvero artista-attivista. I suoi progetti sono spesso illegali, per questo motivo lavora spesso di notte e a volto coperto e quando appare in pubblico camuffa la sua identità. Concordo con lui che la fotografia, una forma d'arte universale, è attualmente incarcerata in gallerie e musei. Così JR trasforma le strade in gallerie a cielo aperto. I suoi progetti espositivi di grande formato appaiono visibili a tutti, 24 ore su 24. Dal 2001 da Parigi a Los Angeles passando per Montfermeil - Clichy-sous-Bois o Gerusalemme o l'Italia è autore di numerose mostre selvaggie o "expo 2 rue". Con il suo obiettivo 28 mm fotografa da vicino visi smorfiosi delle popolazioni locali e incolla manifesti giganti nelle strade. Utilizza il bianco e nero per creare una differenza con la colorata aggressione pubblicitaria. Il suo obiettivo è combattere i clichés presenti nell'immaginario collettivo e lasciare uno spazio libero per un incontro tra soggetto/attore e passante/interprete. Il suo PROGETTO 28 MM si divide in tre tappe. Nel 2004, la prima tappa: "Portrait d'une generation". Con la collaborazione di Ly Ladj del collettivo di artisti Kourtrajmé, riveste Montfermeil con poster giganti raffiguranti alcuni residenti. Con un pò di impertinenza JR provoca i passanti e interroga la rappresentazione sociale e mediatica di una generazione vista solo alle porte di Parigi o attraverso i telegiornali (i giovani delle famose banlieues). Nel 2007 realizza insieme a Marco il progetto "face 2 face", la più grande esposizione fotografica illegale al mondo, in otto città israeliane e palestinesi. Incolla i suoi immensi ritratti di palestinesi e israeliani, che svolgono lo stesso mestiere, faccia a faccia, anche sul muro di sicurezza/separazione. Attraverso questo progetto JR vuole mostrare che l'arte può rinviare i limiti del possibile. Nel 2008 con "Women" prende in considerazione la condizione delle donne africane nelle zone di conflitti etnici come Kenya, Sudan, Sierra Leone e Liberia. Lo stesso progetto si è spinto fino al Brasile, nel contesto delle favelas di Rio de Janeiro, per favorire l'incontro di donne che nella propria quotidianità affrontano la perdita violenta di un parente, di un figlio e una repressione arbitraria.
Tempo fa uno dei miei blog preferiti, Veganblog, ha pubblicato la ricetta per fare la margarina in casa. Un'idea eccezionale visto che sappiamo tutti che la margarina (che non ho mai comprato) viene prodotta con scarti di ogni genere.
Ovviamente, ve la consiglio perchè l'ho già utilizzata per preparare dei biscotti, e li ha resi più morbidi del solito.
Ingredienti per 100g di margarina:
70g di olio vegetale (girasole, mais, soia, oliva ecc.) 20g di acqua naturale 10g di lecitina di soia granulare
Preparazione:
Si mette tutto in un frullatore, e si fa frullare per 1 minuto circa fino a raggiungere la consistenza voluta, e poi si usa a piacimento.
Tutte le margarine sono infatti composte in percentueli varie da grassi vegetali, acqua e addensanti.
Gli addensanti sono molecole che si legano sia con l’acqua (parte idrofila), sia con i grassi (parte lipofila), e quindi tengono unito il tutto!
Non sempre chi possiede una stufa a legna, riesce a procurarsi con facilità la materia prima da ardere. Così da qualche anno a questa parte, almeno in Italia, si è soliti adoperare in alternativa i più comodamente reperibili tronchetti di pellet. In realtà l'utilizzo di legno pressato come combustibile, è stato sperimentato per la prima volta sul finire degli anni '50 negli USA, per poi sbarcare in Europa (Svezia principalmente) solo negli anni '80.
Ora, avendo scoperto da poco questo incredibile sito, pieno zeppo di consigli utili sul risparmio energetico, di invenzioni bizzarre e fantasiose, il tutto in un ottica rigorosamente d.i.y. (fai da te), ecologista e mirata al riciclo, ritengo utile diffondere un metodo, tanto semplice quanto ovvio, per autoprodursi degli utili pellet da usare nella propria stufa.
Ingredienti: Acqua Quotidiani (preferibilmente Il Foglio, Libero e Il Giornale: c'è più gusto nel bruciarli anche se puzzano un pochettino) 1 secchio 1 mazzetta in gomma 1 tubo di plastica o metallo
1.Piegate 3 o 4 giornali e metteteli nel secchio. 2.Riempite il secchio d'acqua, piovana sarebbe il massimo (i giornali tenderanno a galleggiare, metteteci un peso sopra!). 3.Lasciate macerare i giornali per 2 giorni (se avete fretta, aggiungete uno schizzo di detersivo nell'acqua. Sarà così sufficiente lasciare i giornali ammolo solo un giorno). 4.Fate quello che fa l'omino nel video 5.Lasciateli asciugare: al sole (a 30° gradi impiegano un giorno) o vicino alla stufa accesa.
Il risultato che si dovrebbe ottenere è simile a questo
In caso di dubbi, qua c'è un comodo pdf esplicativo (anche se in inglese) con tutte le istruzioni e le foto passo per passo. Spero vi sia utile.
Nel maggio 1996, Heidemarie Schwermer decide di cambiare radicalmente modo di vivere: regala i suoi mobili, abbandona l'abitazione e lo studio, e disdice l'assicurazione sanitaria.
Ciò di cui ha bisogno per vivere lo ottiene tramite gli scambi della "Centrale dai e prendi" da lei fondata a Dortmund, in Germania. Dopo tanti anni senza soldi, afferma di essere addirittura più ricca di prima. Concetti come lavoro, tempo libero e vacanze acquistano un significato completamente nuovo e la vita trova una nuova integrità.
Come funziona l’associazione “Dai e Prendi”? Tutto è fondato sull’idea del baratto e dello scambio, ognuno dichiara che tipo di servizio è disposto a scambiare secondo le proprie attitudini e capacità: babysitting, informatica, conversazione in lingua straniera o semplicemente una torta fatta in casa. Coloro che aderiscono all’associazione, una volta che hanno fatto la propria offerta, ricevono la lista completa di tutte i servizi messi a disposizione dagli altri membri. Ognuno può telefonare agli altri soci ed effettuare lo scambio secondo la modalità concordata. Il valore dei servizi offerti e di quelli ricevuti non è valutato in denaro, ma semplicemente scambiato. L’idea che mi ha spinto a fondare l’associazione era proprio questa: dimostrare come fare a meno del denaro.
Com’è nata questa idea? Avevo saputo che in Canada, dopo il fallimento di una grande industria, gran parte della popolazione di quel villaggio era rimasta senza lavoro, così cominciarono ad aiutarsi l’un l’altro mediante il baratto: “Io ti riparo il tetto, tu mi fai da babysitter per i bambini”. Non avevo mai visto reti simili in Germania, se non le cosiddette “banche del tempo”, e pensai di provare questa strada anche nel mio paese.
Da qui dunque l’idea di vivere senza soldi? Sì, già allora pensavo a scambi tra persone non basate sul denaro ma sull’idea del baratto. Così, nel ‘96 decisi di fare l’esperimento di vivere per un anno intero senza soldi. L’esperimento ha funzionato e dopo l’anno di prova ho proseguito. Oggi posso affermare che vivere senza soldi è possibile e per certi versi è molto più “ricco”. Ma come affronta concretamente i mille bisogni quotidiani? Per esempio, dove dorme? Vivo un po’ in una casa, un po’ in un’altra. A volte le persone che vanno in vacanza mi chiedono di prendermi cura dei loro appartamenti. Alla base di questo mio comportamento c’è sempre l’idea di “Dai e Prendi”: l’idea del baratto. E tutto ciò è molto più importante e prezioso dell’avere un mio letto, una casa o un’auto propria. Quello che davvero conta per me è il contatto con la gente. Quindi, la sua è una sorta di filosofia? Alla base del mio comportamento ci sono riflessioni profonde e soprattutto la proposta di un modello per un mondo nuovo. Un mondo in cui non sia il denaro il valore principale e supremo della vita: un mondo senza competizione, in cui il semplice amore tra le persone e il supporto reciproco arrivino ad acquistare una posizione molto più elevata di quella attuale. Valori diversi da quelli di oggi, dove il denaro domina il mondo. Cos’è che dai e ricevi gratis ogni giorno? Ricevo un letto, cose da mangiare, vestiti. Tutto quello di cui ho bisogno per la mia vita quotidiana. In cambio offro il mio supporto e il mio aiuto: offro me stessa. Ogni tanto posso offrire un aiuto per la cura delle case, altre volte offro un aiuto per le loro anime. In generale offro il mio tempo e in questo modo sia io che le persone con le quali mi metto in contatto siamo contenti e soddisfatti di un rapporto simile.
Ma non è un modo di vivere molto complicato? Come fa per esempio a viaggiare? Spesso viaggio in treno: le persone che mi invitano da qualche parte, in qualche città , pagano il mio biglietto. Altre volte viaggio in macchina con amici. Di solito vengo ospitata in casa di persone che mi chiamano perchè io vada ad aiutarli in qualche modo. Spesso viaggio anche per parlare a conferenze o per tenere delle lezioni e quindi c’è qualcuno che mi paga il biglietto.
Ma non le capita mai di desiderare per esempio di andare al cinema? In questi casi come fa? Penso a chi potrebbe venire al cinema con me e gli offro qualcosa in cambio del prezzo del biglietto. Ma questo non vuol dire dipendere completamente dagli altri? A dire la verità ora mi sento molto più libera di prima. Il denaro spesso separa gli esseri umani invece che unirli. E’ piacevole pagare con il denaro, ma questo alla fine ti isola dal mondo, ti separa dalle altre persone. Quando si usa il denaro non c’è confronto, non c’è dialogo. La mia è una sorta di lotta contro l’anonimato della nostra società, tant’è vero che da quando vivo senza denaro i contatti e le relazioni si sono intensificati. Com’è nata l’idea di scrivere un libro? E che cosa ha fatto dei proventi percepiti con la sua pubblicazione? La casa editrice mi ha chiesto di scrivere un libro dopo una mia partecipazione a un programma televisivo. Alla fine ho devoluto tutto il ricavato delle vendite a persone che ne avevano bisogno.
Conosci altre persone che vivono come te, senza soldi? Ci sono alcune persone che vivono senza soldi per scelta, ma in un modo abbastanza diverso dal mio.
Sei in contatto con altre associazioni simili alla tua? Ho lasciato Dortmund un po’ di tempo fa, le organizzazioni che promuovono lo scambio e il baratto sono state un punto di partenza: la mia filosofia è ora un’altra. Vivo un’esistenza basata sulla fiducia, cercando di evitare l’odio e i cattivi sentimenti. Penso che un cambiamento in questo senso è molto più auspicabile del vivere senza soldi. In fin dei conti il denaro è solo un simbolo, anche se vivere senza soldi richiede moltissima conoscenza e molta attenzione. Qual è la motivazione profonda che ti ha portato alla scelta di vivere senza soldi? Non mi sento certo una “missionaria”. Cerco solamente di occuparmi di cose che penso siano utili anche per altre persone. Ma non sogno che tutti facciano come me: ognuno deve trovare la propria strada. Mi interessa sviluppare progetti, dove il dare e il ricevere siano in equilibrio, in modo che tutti ne possano trarre vantaggio. Il mio obiettivo è che le persone non si sentano più vittime, ma vincitrici e che possano agire in maniera ottimista, determinata e soprattutto che acquistino fiducia in se stesse. Intervista a cura di Federica Seneghini.
Per chi volesse approfondire di più, leggete il libro di Heidemarie Schwermer dal titolo: "Vivere senza soldi" Editrice AAM Terra Nuova. L'esperienza raccontata non avanza pretese di essere universalmente vincolante ma, in una società profondamente mercificata, rappresenta un modello concreto di speranza. Ovviamente, consiglio di non acquistare il libro, bensì di prenderlo in prestito in biblioteca. Nella mia città l'ho trovato. Buona lettura!
C'è modo e modo di fare la guerra e diversi possono essere gli obiettivi da colpire.
A milano da più di due anni ci sono dei guerriglieri che lanciano bombe davvero intelligenti. Bombe di semi. Questi ragazzi combattono contro il cemento che soffoca le nostre città e agiscono in prima persona per rendere più vivibili gli spazi urbani. La cosa sorprendente è che agiscono come dei veri guerriglieri, cercando di passare inosservati durante le azioni, addirittura pianificando in anticipo ogni singola operazione.
TRASFORMIAMO IL CEMENTO IN FIORI
Guerrilla Gardening è un gruppo aperto a tutti, un gruppo di appassionati del verde che ha deciso di interagire positivamente con lo spazio urbano attraverso piccoli atti dimostrativi, quelli che noi chiamiamo "attacchi" verdi. Guerrilla Gardening si oppone attivamente al degrado urbano agendo contro l'incuria delle aree verdi. L'attività principale del gruppo è quella di rimodellare ed abbellire, con piante e fiori, le aiuole e le zone dismesse o dimenticate della città. Il movimento è nato in Italia circa 2-3 anni fa da un gruppo di giovani milanesi che ancora oggi segue e consiglia i gruppi indipendenti. La popolazione cittadina risponde bene, alcune aziende di giardinaggio ci aiutano con consigli e donandoci piante e materiali pro-causa, altri si limitano ad applaudire e ad apprezzare le nostre azioni. Ogni giorno nuovi "guerriglieri" si aggiungono alla nostra causa, per trasformare e riappropriarsi degli sterili ed impersonali spazi comuni cittadini. Nuovi gruppi stanno nascendo in tutte le grandi città. Anche tu puoi diventare un Guerrilla-Gardener: documenta un attacco e inviaci le fotografie, verrai segnalato sul nostro nuovo sito web! Un semplice esempio per iniziare:
BOMBA DI SEMI Avvolgi in carta di giornale terriccio, fertilizzante, e semi di fiori che vorresti veder nascere. Il tutto imbevuto d'acqua. Ora avvicinati ad un cantiere in disuso o ad una zona abbandonata e lancia le flower-bomb. Dopo qualche settimana potrai apprezzare splendide fioriture in luoghi dimenticati.
Il Netstrike è l'equivalente cibernetico di un corteo partecipato, di un sit-in o di un blocco metropolitano, come quelli di cui è stato protagonista il movimento studentesco nelle ultime settimane: una pratica telematica coordinata da uno o più utenti i quali, moltiplicando le connessioni ad un sito (ad esempio connettendosi contemporaneamente ad esso) ne rallentano le attività, eventualmente causandone la paralisi. Fu lanciato per la prima volta nel 1995 dagli attivisti di European Counter Network contro i siti del governo francese - contro la decisione di quest'ultimo di procedere a test nucleari sull'atollo di Mururoa, nell'Oceano Pacifico - e da allora impiegato in svariate altre occasioni.
Questa forma di protesta in rete viene ora ripresa dal movimento NoGelmini: giovedì 13/11/2008 alle ore 14:00 la banda del Sito del Ministero dell'Università e della Ricerca verrà risucchiata nel gorgo dell'Onda. Ce n'è per tutti i livelli di abilità: fatevi sotto e buon netstrike a tutt*!
Cosa devi fare? Organizzati per avere un accesso ad internet intorno alle 14:00 del 13 novembre, per visitare il sito www.miur.it. Scegli una delle seguenti modalità di partecipazione, calibrate in base alla difficoltà tecnica e il tempo richiesto:
* Low Ingredienti: un browser e 5 minuti del tuo tempo, accessibile praticamente a chiunque sappia usare un mouse. [continua]
* Medium Ingredienti: Utilizzare come browser firefox oppure opera. [continua]
* High Ingredienti: Sai cos'è wget? allora questa è la sezione fatta apposta per te. [continua]
Ascoltatevi la breve ma interessante riflessione fatta da Stefano Benni, durante un incontro svoltosi martedì 4 novembre nella Facoltà occupata di Lettere e Filosofia a Bologna, sull'uso e abuso del termine "carino" nella vita quotidiana. Riporto il testo, dal momento che la qualità audio è un po' scarsina.
* Vi dico subito che cos'è per me l'aggettivo che in questi anni mi ha tormentato e che ha pervaso la cultura e l'immaginazione. Ed è la parola "carino". "Com'è questo film?" - "Carino". "Ho visto ieri un dibattito in televisione. Carino" Una volta ho visto due signori che parlavano e dicevano: "Ho visto in televisione che parlavano del libro di un certo Schopenauer. Allora l'ho comperato." - "E com'era?" - "Carino". L'ideologia del "carino": mi entra da un'orecchio e esce dall'altro. Questa ideologia di qualcosa che si consuma, è piacevole e poi dopo se ne va. Che è stata incarnata per un certo periodo, e non voglio generalizzare, da una facoltà che si chiama DAMS. Quindi, se volete farmi del male, ditemi che un mio libro è "carino". Ditemi che è brutto, che non vi piace, che non lo leggete, ma non dite che è "carino". L'ideologia del "carino" ha fortemente sostenuto il 70% delle iniziative della cultura in questa e in altre città. Si vada fuori dal "carino", si vada nel brutto, nel berbero, nel serio e nel faceto, nel doloroso, nel tragico e nel comico, ma si esca da questa passività dell'ascoltare, del consumare, del sentire. E si ricominci a sentire che ogni gesto culturale è un gesto di autonomia culturale. Io mi scelgo i miei libri, io mi scelgo i miei film, io mi scelgo i miei professori, io scelgo che cosa studiare.
"con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dello scorso agosto, i compiti di tutela del diritto d'autore, della proprietà intellettuale e per la vigilanza sulla SIAE spettanti, di concerto con il Ministero per i Beni e le attività culturali, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono stati demandati a un apposito ufficio, chiamato Ufficio per la tutela del diritto d'autore, della proprietà intellettuale e per la vigilanza sulla SIAE, dipendente dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria, di cui è responsabile il prof. Mauro Masi, già Commissario Straordinario della S.I.A.E. L'Ufficio provvede ad approfondire le tematiche inerenti la tutela della proprietà intellettuale e fornisce il necessario supporto tecnico-giuridico. Provvede inoltre a fornire adeguati contributi tecnici utili al contrasto di attività illecite, nonchè a livello internazionale. Esercita attività di vigilanza sulla SIAE, congiuntamente con il Ministero dell'economia e delle finanze, sulle materie di sua specifica competenza."
e avendo letto dell'interessantissima
"opera di sensibilizzazione proposta dal Ministero dello Sviluppo Economico: una campagna anticontraffazione che dal 2009 si diramerà dal web per raggiungere i media tradizionali, contando sul passaparola dei giovani che - assicurano gli esperti consultati dal Ministero - si scambieranno gli spot come fanno con i video della rete. Cinque milioni di euro verranno profusi nella campagna antipirateria, fra video virali, concorsi e iniziative nelle scuole, e il messaggio rivolto ai giovani, assicura Agrò, sarà meno forte di quello delle campagne precedenti: in luogo di slogan quali "La pirateria danneggia l'economia. Stanne fuori difendi la legalità!". Il linguaggio inoltre - spiegano i rappresentanti delle istituzioni - ha una portata non indifferente fuori e dentro le campagne di comunicazione: si sta già smettendo di utilizzare appellativi evidentemente connotati come ladri o pirati e si tende a preferire termini come criminali."!
sono rimasto senza parole. Adesso ci vogliono raccontare che è colpa della pirateria se l'economia non gira! Stupisce la pericolosa e continua ridefinizione dei concetti di legalità e illegalità, soprattutto per quello che riguarda l'ambito del diritto d'autore e della proprietà intellettuale. Ottusi e ammuffiti funzionari, desiderano ridurre lo sviluppo della cultura personale a fottutissime percentuali di ricavo sulle copie vendute. Pezzi di carta, pezzi di plastica e di vinile, si trasformano in oggetti mercificabili come un qualsiasi pacchetto azionario. E se compare il rischio di perdere profitti, allora dagli con campagne antipirateria indegne anche del più becero proibizionismo.
Il ragazzino che per passione, interesse, e non lucro, scarica e condivide libri, musica e film, diventa il nuovo criminale da additare alle menti benpensanti dei governanti di turno, i quali si danno l'anima per trovare la soluzione adatta per avere a tutti i costi la moglie ubriaca e la botta piena. Et voilà il cavo Tvemonti sbattersi come un mulo nel tentativo, ovviamente riuscito, di tirare fuori 5, mai come ora sprecati, milioni di euro per tentare di indottrinarci per bene su cosa sia giusto o non giusto fare con le nostre ditine sui nostri computers. Quali siti visitare, cosa leggere, cosa guardare, ma soprattutto cosa pagare, cioè il più possibile! Ed è così che al convegno "Pirateria e criminalità audiovisiva: quando la copia danneggia il mercato", svoltosi il 30 ottobre durante l'ultima giornata degli Stati Generali del Cinema, organizzato dall'acutissimo onorevole Luca Barbareschi, si sono potute udire frasi incredibili di questo calibro:
* La pirateria è una sfaccettatura di un fenomeno di inciviltà culturale: i ragazzi che imbrattano i muri, che rovinano le suppellettili nelle scuole, che fanno le corse ubriachi sono elementi di questa società incivile che acquista prodotti contraffatti. E' fondamentale un'opera di rieducazione: bisogna insegnare ai giovani cosa è lecito e cosa è illecito. Propongo di chiamare in causa i prefetti, affinché somministrino punizioni amministrative ai giovani e ai loro genitori. Giorgio Assumma, presidente della Siae e membro del Comitato contro la pirateria (sì, lo stesso che leggeva la Bibbia con Paparazzi)
*L’obiettivo è quello di dichiarare guerra all’anarchia sul web. La legge non si applica perché i politici sottovalutano il problema, pensano che si tratti di quattro vu cumprà per strada. Oppure ritengono che, se i loro figli scaricano film da Internet, è una ragazzata. E invece si commette un furto: delle idee e del pensiero. Filippo Roviglioni, presidente della Federazione contro la pirateria audiovisiva
Avete capito? Si tratta di furto: di idee e di pensiero! Di un fenomeno di inciviltà culturale! Criminali che non siete altro! Si vuole inculcare il messaggio che chi ha intenzione di farsi una cultura gratuitamente (in tutte le sue possibili accezioni) è da trattare alla stregua di un pericoloso criminale. Chi imbratta i muri - giacchè il cemento è così bello da vedere, toccare e ammirare - è un delinquente come chi scarica un libro dal web. Questa è la loro criminalità, ridefinita a seconda del padrone da accontentare o dal borghesotto da tranquillizzare. I loro 90° stanno trasformandosi in più comodi 180°, e loro, imperturbabili, hanno il coraggio di fare dichiarazioni del genere! Mi vergogno io per loro...
Per quanto mi riguarda, credo che le mie idee e il mio pensiero non siano altro che una rimanipolazione di idee e pensieri precedentemente elaborati da altri, a loro tempo rubati nel mentre leggevo un libro, ascoltavo un disco, guardavo un film, osservavo un quadro o un'opera d'arte, o semplicemente parlavo con qualcuno. E rubatemeli pure le mie idee e miei pensieri, che non conto di diventarci milionario!
Viviamo in una società dove purtroppo tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere e non, ci appare come un prodotto pronto per l'uso, di cui ignoriamo l'origine. Molto spesso non sappiamo quali sono le varietà di ortaggi di stagione, l'aspetto della pianta che ci ha donato un buon frutto, o come viene prodotto qualsiasi bene di consumo che ci passa ogni giorno per le mani.
Con l'avvento della società dei consumi di massa, portata avanti sotto la bandiera del progresso, ciò che un tempo veniva prodotto in casa ora viene comprato al supermercato. Oltre a scomparire la trama di trucchi e segreti che venivano tramandati di nonno/a in nipote e di padre/madre in figlio/a, cancellando la conoscenza popolare, oggi è anche necessario lavorare di più per acquistare questi beni. Bisogna il più possibile contrastare la specializzazione della società dove ad ognuno è affidata una funzione ma al di fuori di essa non si sa fare nient'altro. Un modo pratico per andare contro corrente è l'autoproduzione di più beni possibili di cui facciamo un costante uso. Questo permette oltre ad una certa autosufficienza, di ridurre il nostro impatto ambientale, di scegliere con cura gli ingredienti, che si tratti di cibo o di altro, e credo dia anche una certa soddisfazione personale. DETERSIVO PER I PIATTI INGREDIENTI: 3 limoni, 200g. di sale grosso, 100ml di aceto, 400ml di acqua. Tritare (anche nel frullatore) i limoni con la buccia, il sale e aggiungere un pò di acqua. Disporre quello che si ottiene in una pentola e prima di accendere il fuoco aggiungere la restante acqua e l'aceto. Mescolare e portare a ebollizione per 15 minuti. Ora il vostro detersivo è pronto! Aspettate che si raffreddi e imbottigliatelo.
Tre giorni davvero insoliti sulle alture che circondano Bologna. Montepastore per la precisione. Un casale ristrutturato domina la valle. Terreno a volontà: arato, coltivato o ancora da zappare. Cinque, al massimo sei, cavalli (pony compreso). Un maialino. Un po' di galline. Una manciata di cani. A portare avanti il tutto, un gruppo di ragazzi uniti dall'istinto di allontanarsi dai ritmi caotici e alienanti della vicina città, stanchi di cedere ai ricatti che quest'ultima impone quotidianamente. Non basta. Convinti fino in fondo della bontà della loro scelta, hanno deciso di organizzare un incontro per raccontare e condividere la/e loro esperienza/e, offrendo la possibilità di toccare con mano i risultati ottenuti e la fatica e il sudore che sono stati necessari per arrivarci. Autogestione è stata la parola d'ordine. Loro, sacrissimi, non hanno fatto mancare nulla ai tanti partecipanti, accorsi, con tende al seguito, da mezza Italia. E' bastato salire con un piatto, una forchetta, un bicchiere e qualche spicciolo, che al resto hanno pensato loro. I pasti, rigorosamente vegani, erano a offerta libera (consigliati due euri). Il cibo, se non biologico, al massimo proveniente dall'orto del contadino vicino. Birra e vino sempre presenti (fortuna che non erano straight-edge!). Colazioni salutiste a base di tè o latte di soia e pane e marmellata autoprodotta. Numerosissimi i workshop organizzati dai ragazzi. A cominciare da quello sulla conserva di pomodoro, passando per quelli sulla costruzione di una capanna in paglia e la realizzazione di un orto sinergico, arrivando a quelli su unguenti, dentrifici e detersivi, oli essenziali: tutti intelligentemente fatti in casa. Ancora: workshop di saldatura, uno sugli assorbenti autoprodotti e una lunga ed interessante passeggiata tra le colline per riconoscere le principali erbe commestibili. E ancora conferenze su: metodi contraccettivi naturali (con qualche immancabile e meritata contestazione), hypermiling (ovvero come consumare meno con la macchina), nanotecnologie, scelta vegana e inganno farmaceutico. Tutto questo in tre giorni.
Cosa dire? E' stata una boccata d'ossigeno per le nostre menti obnubilate da progresso e civiltà, e per i nostri polmoni, asfaltati ormai da tempo. L'atmosfera e le persone, hanno fatto rivivere epoche passate, quando il confronto e la condivisione erano ancora alla base della convivenza. Quando potevi chiedere tutto a tutti, sapendo di non essere squadrato dalla testa ai piedi. Quando, infine, ad unire la gente, erano desideri, volontà ed intenzioni comuni, proiettati in un futuro migliore. Torniamo a casa arricchiti per davvero e grati per l'incredibile ospitalità ricevuta. Grazie Las Vegans!