giovedì 6 novembre 2008

L'ideologia del "carino"


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Ascoltatevi la breve ma interessante riflessione fatta da Stefano Benni, durante un incontro svoltosi martedì 4 novembre nella Facoltà occupata di Lettere e Filosofia a Bologna, sull'uso e abuso del termine "carino" nella vita quotidiana. Riporto il testo, dal momento che la qualità audio è un po' scarsina.


* Vi dico subito che cos'è per me l'aggettivo che in questi anni mi ha tormentato e che ha pervaso la cultura e l'immaginazione. Ed è la parola "carino".

"Com'è questo film?" - "Carino".
"Ho visto ieri un dibattito in televisione. Carino"
Una volta ho visto due signori che parlavano e dicevano: "Ho visto in televisione che parlavano del libro di un certo Schopenauer. Allora l'ho comperato." - "E com'era?" - "Carino".
L'ideologia del "carino": mi entra da un'orecchio e esce dall'altro. Questa ideologia di qualcosa che si consuma, è piacevole e poi dopo se ne va. Che è stata incarnata per un certo periodo, e non voglio generalizzare, da una facoltà che si chiama DAMS.
Quindi, se volete farmi del male, ditemi che un mio libro è "carino". Ditemi che è brutto, che non vi piace, che non lo leggete, ma non dite che è "carino". L'ideologia del "carino" ha fortemente sostenuto il 70% delle iniziative della cultura in questa e in altre città.
Si vada fuori dal "carino", si vada nel brutto, nel berbero, nel serio e nel faceto, nel doloroso, nel tragico e nel comico, ma si esca da questa passività dell'ascoltare, del consumare, del sentire. E si ricominci a sentire che ogni gesto culturale è un gesto di autonomia culturale.
Io mi scelgo i miei libri, io mi scelgo i miei film, io mi scelgo i miei professori, io scelgo che cosa studiare.

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