martedì 22 dicembre 2009

Non continuiamo a parlare con certi ticinesi


...come questo qui, autonominatosi "presidente a vita" della Lega dei Ticinesi.

sabato 19 dicembre 2009

Ora e sempre resistenza!

Alta tensione

venerdì 18 dicembre 2009

Nessuno è Stato!

Il gip Ricciarelli archivia il fascicolo per omicidio: "Cause naturali in seguito ad aneurisma". E' stata archiviata dal gip del tribunale di Perugia l'inchiesta per omicidio a carico di ignoti per la morte nel carcere del capoluogo umbro, nell'ottobre di due anni fa, di Aldo Bianzino, il falegname che era stato arrestato pochi giorni prima per la coltivazione di alcune piante di canapa indiana.
Secondo il giudice, il decesso avvenne per cause naturali in seguito ad un aneurisma cerebrale. A riportare la notizia è oggi il Corriere dell'Umbria. Il giudice ha accolto la seconda richiesta di archiviazione del fascicolo avanzata dal pm Giuseppe Petrazzini. Ad entrambe le istanze si erano invece opposti i familiari di Bianzino.
In base agli accertamenti svolti dai consulenti della procura, il giudice ha però ritenuto che la lesione riscontrata al fegato del falegname sia legata alle manovre di rianimazione dopo l'aneurisma.
Ha quindi disposto l'archiviazione del fascicolo.

via VeritàperAldo

lunedì 14 dicembre 2009

Tutti pazzi

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venerdì 11 dicembre 2009

Fase transitoria un cazzo!


E c'è sempre chi ride e applaude...

Manifestazione antifascista 12-12-2009 (Bologna)

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domenica 6 dicembre 2009

Chi dimentica il passato è condannato a riviverlo

Alexandros Grigoropoulos (1993-2008)

Ci sono cinque cittadini italiani tra le 162 persone che la polizia greca ha arrestato ieri, alla vigilia delle manifestazioni organizzate per il primo anniversario della morte di un ragazzo ucciso da un poliziotto ad Atene.

La morte del 15enne Alexis Grigoropoulos scateno' lo scorso inverno una guerriglia urbana mai vista nel Paese. Un gruppo di dodici sospetti militanti anarchici, tra i quali cinque italiani (quattro uomini e una donna) e tre albanesi, sono stati bloccati nella capitale greca dopo che due automobili sono state incendiate nel quartiere centrale di Exarchia, lo stesso in cui fu ucciso Grigoropoulos il 6 dicembre 2008. Altri 81 presunti militanti sono stati fermati per essere interrogati.
Altri venti sono stati arrestati in un covo di presunti anarchici a Keratsini, una citta' vicina alla capitale, dove i poliziotti hanno trovato due taniche di benzina e tredici maschere antigas, secondo le forze dell'ordine. "Le operazioni di ricerca hanno confermato le prime informazioni, che segnalavano che questo luogo era utilizzato per fabbricare esplosivi e lanciare attacchi", ha reso noto la polizia in un comunicato.
Anche altri quarantuno attivisti no-global, che avevano brevemente occupato il comune della citta', sono stati arrestati dopo che la polizia ha fatto irruzione nell'edificio.
Ad Atene, circa 6mila poliziotti sono chiamati a vigilare sulle manifestazioni previste oggi e domani, organizzate da coordinamenti studenteschi e licei, organizzazioni di sinistra e sindacati. Migliaia di persone, molte arrivate dall'estero, sono attese oggi nelle strade della capitale greca, secondo gli organi di informazione locali. La manifestazione e' prevista al termine di una cerimonia religiosa organizzata nel cimitero dove riposa Alexis Grigoropoulos a Palio Faliro, un sobborgo della capitale.
Quasi 500 persone hanno partecipato ieri sera a una prima manifestazione a Salonicco, nel nord della Grecia, secondo la polizia locale.
Ieri, i sindacati del corpo docente avevano segnalato che decine di universita' e istituti erano occupati da studenti per ricordare questo anniversario. Forze saranno dispiegate in tutte le grandi citta' e tutto il personale sara' in stato di allerta.
Il governo socialista ha inoltre chiesto ai partiti di opposizione di controllare i loro movimenti giovanili. "Io spero che la memoria di Alexis sia onorata in modo pacifico, e' il minimo che gli dobbiamo", ha dichiarato il capo dello stato, Carolos Papoulias,in un messaggio. "Non tollereremo violenze", ha chiarito da parte sua il vice primo ministro, Theodore Pangalos. In custodia cautelare, il poliziotto che fece partire i colpi che uccisero Alexis Grigoropoulos deve essere processato per omicidiovolontario dal prossimo 20 gennaio 2010.

via Informa-azione

sabato 5 dicembre 2009

The Germs @ Locomotiv (Bologna)

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mercoledì 2 dicembre 2009

Bu-lagna

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BOLOGNA LA ROSSA

Il comune felsineo ha deciso di sgomberare una delle ultime isole felici rimaste all'interno del suo territorio, il Lazzaretto Autogestito. Nella trattiva instaurata tra palazzo d'Accursio e il centro sociale, si è inserita, con la sfacciataggine che la contraddistingue, Casapound, nel tentativo di contendere ai ragazzi del Lazzaretto gli eventuali spazi alternativi assegnati dal comune. L'assessora Lazzaroni, che si sta occupando del caso, ha aperto ai fascisti del terzo millenio sostenendo che "l'appartenenza politica non può creare delle preclusioni". Al momento la situazione è in stallo e se volete tenervi informati potete andare su Zic.it.

BOLOGNA LA DOTTA

Il filosofo bolognese Stefano Bonaga (sì filosofo, come Aristotele, Kant e compagnia bella), già noto per aver trovato, in Alba Parietti prima e in Andrea Lehotska dopo, intellettuali del suo calibro con cui condividere le sue teorie e discettare dei massimi sistemi, ha sbancato la bocciofila Avis di via Cremona, portandosi via il primo premio del glorioso torneo di briscola.
Una volta c'era l'agorà, oggi la bocciofila.

BOLOGNA LA GRASSA

Almeno da questo versante, la città emiliana, non tradisce. La buona nuova è che il comune ha deciso di installare (previo bando pubblico e in via sperimentale fino al 2013) 6 distributori di latte crudo o Bancolat.
Se volete sapere quale sarà il Bancolat più vicino a casa vostra andate qua.

lunedì 30 novembre 2009

Mafia e marionette


L'Italia sarà un paese un filino migliore solo quando quelle marionette smetteranno di battere le mani dopo un avvertimento mafioso intervento del genere.

Toh, Castelli

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...il tuo tricolore col crocefisso.
Che c'è? Non va bene?

domenica 29 novembre 2009

venerdì 27 novembre 2009

Sorvegliare e punire

Sotto il nome di crimini e di delitti, è vero, si giudicano sempre oggetti giuridici definiti dal codice, ma, nello stesso tempo, si giudicano istinti, passioni,anomalie, infermità, disadattamenti, effetti dell'ambiente o della eredità; si puniscono delle aggressioni, ma attraverso queste delle aggressività; degli stupri, ma nello stesso tempo delle perversioni; degli assassini che sono anche pulsioni e desideri. Si dirà: non sono questi ad essere giudicati; se li si invoca è per chiarire i fatti da giudicare e per determinare a qual punto era implicata nel crimine la volontà del soggetto. Risposta insufficiente. Poiché sono esse, queste ombre che stanno dietro gli elementi della causa giuridica, ad essere in realtà giudicate e punite. Giudicate indirettamente, attraverso le «circostanze attenuanti», che fanno entrare nel verdetto non solo elementi «circostanziali» dell'atto, ma qualcosa di diverso, non giuridicamente qualificabile: la conoscenza del criminale, l'apprezzamento che si ha di lui, ciò che si riesce a sapere sui rapporti fra lui, il suo passato e il suo delitto, ciò che ci si può aspettare da lui in avvenire. Giudicate, esse lo sono anche attraverso il gioco di tutte quelle nozioni che hanno circolato tra medicina e giurisprudenza dal secolo Diciannovesimo (i «mostri» dell'epoca di Georget le «anomalie psichiche» della circolare Chaumié, i «pervertiti» e i «disadattati» delle perizie contemporanee) e che, sotto il pretesto di spiegare un atto, sono in realtà un modo di qualificare un individuo. Punite, esse lo sono da un castigo che si attribuisce la funzione di rendere il delinquente «non solo desideroso, ma anche capace di vivere rispettando la legge e di sopperire ai propri bisogni»; esse lo sono attraverso l'economia interna di una pena che, se sanziona il crimine, può modificarsi (abbreviandosi o, se il caso lo richiede, prolungandosi) secondo che si trasformi il comportamento del condannato. Punite esse sono ancora dal gioco di quelle «misure di sicurezza» che si accompagnano alla pena (interdizione di soggiorno, libertà sorvegliata, tutela penale, trattamento medico obbligatorio), non destinate a sanzionare l'infrazione, ma a controllare l'individuo, a neutralizzare il suo stato di pericolosità, a modificarne le tendenze criminali, e a non cessare fino a che il cambiamento non sia stato ottenuto. L'anima del criminale non è invocata in tribunale al solo fine di spiegare il suo crimine e per introdurla come un elemento nell'assegnazione giuridica delle responsabilità; se la si invoca, con tanta enfasi, con tanta preoccupazione di comprendere e una così vasta applicazione «scientifica», è proprio per giudicarla, essa, insieme al crimine, e per prenderla in carico nella punizione. In tutto il rituale penale, dall'istruttoria fino alla sentenza e alle ultime sequenze della pena, è stato introdotto un insieme di nuovi oggetti che vengono a raddoppiare, ma anche a dissociare quelli giuridicamente già definiti e codificati. La perizia psichiatrica, ma in linea più generale l'antropologia criminale e il discorso, sempre ripetuto, della criminologia, esprimono qui una delle loro funzioni specifiche: inscrivendo solennemente le infrazioni nel campo degli oggetti suscettibili di conoscenza scientifica, dare ai meccanismi della punizione legale una presa giustificabile non più semplicemente dalle infrazioni, ma dagli individui; non più da ciò che hanno fatto, ma da ciò che sono, possono essere, saranno. Il supplemento d'anima che la giustizia si è assicurato, in apparenza esplicativo e limitativo, è, in effetti, annessionista. Da quando, centocinquanta o duecento anni fa, l'Europa ha dato vita ai nuovi sistemi penali, i giudici, poco a poco, ma con un processo che risale a molto lontano, si sono messi a giudicare qualcosa di diverso dai reati: l'«anima» dei criminali.

M. Foucault, Sorvegliare e punire, Torino, Einaudi, 1976, pag. 20.

mercoledì 25 novembre 2009

La vera rockstar degli ultimi 150 anni

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Diciottanni senza...e non sentirli.

lunedì 23 novembre 2009

La peggiore rivista degli ultimi 150 anni

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"La decisione di eleggere Silvio Berlusconi "Rockstar dell'anno" è stata presa dalla redazione di Rolling Stone per gli evidenti meriti raccolti dal Cavaliere, capace come nessun altro di stare sotto le luci della ribalta e distinguersi per il suo stile di vita degno delle migliori rockstar".
"Per la vita del premier la definizione di rock&roll va persino stretta. I Rod Stewart, i Brian Jones, i Keith Richards dei tempi d'oro sono pivellini in confronto. La "Neverland" di Michael Jackson è una mansardina in confronto a Villa Certosa".

Ci mancava solo il Presidente-rockstar.
Ringraziamo sentitamente il signor Antonelli e la redazione della rivista per la decisione presa all'unanimità.
E il Gruppo Rizzoli.

Adesso aspettiamo che Playboy lo nomini pornodivo dell'anno.
O degli ultimi 150 anni.

sabato 14 novembre 2009

Direttissima

venerdì 13 novembre 2009

Gli apostoli


Raid contro la casa della famiglia che ha chiesto la rimozione dei crocefissi dalle aule scolastiche.

via emmanuel negro

giovedì 12 novembre 2009

Attenzione!

mercoledì 11 novembre 2009

La droga continua ad uccidere

Morire in carcere, a 32 anni. E a sole 20 ore di distanza dal ritorno in cella, per aver contravvenuto all'obbligo degli arresti domiciliari. E' accaduto a Parma. La vittima è Giuseppe Saladino, che risiedeva in via Einstein. Era stato condannato per avere rubato soldi dai parchimetri di via Pertini. Poi gli erano stati concessi i domiciliari, ma era appunto stato scoperto mentre violava questo obbligo. A 20 ore dal nuovo arresto, durante la notte, un malore in carcere, e poi la morte. Ora è stata effettuata l'autopsia, e la Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti. L'ipotesi è quella di omicidio colposo.
«Voglio giustizia, mi devono dire cosa è successo – ripete la madre – Era stato condannato per un piccolo furto: mio figlio non aveva mai commesso reati gravi come rapine o spaccio. Era un ladro di polli e ora me l’hanno ammazzato». «Nel verbale che mi ha rilasciato la polizia, che è venuta a perquisire la casa il giorno dopo la morte di Giuseppe, c'è scritto: a seguito dell’avvenuto decesso per assunzione di stupefacenti. Ma come fanno a dirlo? E se fosse così, e non è così, perchè non lo hanno curato prima di metterlo in cella?».

fonte

martedì 10 novembre 2009

Padroni di casa

DOMENICA, 08 NOVEMBRE 2009


Maria Teresa Verda insegnerà "Cultura ed economia nel ponente ligure"

L´importanza di chiamarsi Scajola moglie e fratello docenti a contratto

Perplessità negli ambienti dell´Ateneo, ma il preside di Economia respinge le illazioni: entrambi hanno esperienze e competenze rilevanti

Nonostante il calo di studenti dell´Ateneo e il clima d´incertezza sui poli distaccati, anche quest´anno la sede imperiese di Economia ritroverà come professore a contratto Maria Teresa Verda, insegnante di Storia dell´arte al Liceo d´Arte Sperimentale di Oneglia e moglie del ministro Claudio Scajola. L´ex preside Paola Massa (moglie di Vito Piergiovanni, l´ex preside di Giurisprudenza che nel 2001 laureò lo "studente - onorevole" Claudio Scajola), ordinario di Storia Economica l´ha infatti riproposta per le 12 ore di "Cultura ed economia nel ponente ligure". All´interno della Facoltà qualche docente storce il naso, ma l´anonimato è d´obbligo. Perplessità e opportunità riguardano specializzazione e parentele della Verda. Senza contare che un altro familiare è docente a contratto. È Maurizio Scajola, uno dei fratelli del ministro, che a Savona, da diversi anni, insegna "Strategie di coordinamento nella politica per il turismo" voluto da un altro ordinario della facoltà, Amedeo Amato (Fondazione Gaslini ed ex Carige). Il preside di Economia Pier Maria Ferrando respinge le illazioni: «La professoressa Verda ha sviluppato conoscenze relative agli insediamenti legati al turismo straniero nel ponente ligure che hanno giocato un ruolo significativo nello sviluppo economico e territoriale di quell´area. Il dottor Scajola è stato Direttore del Turismo in Regione e segretario generale della Camera di Commercio di Savona, esperienze e competenze rilevanti. I compensi previsti sono di 600 euro totali ma agli esperti chiediamo di collaborare a titolo gratuito».

Fonte Marco Preve

lunedì 9 novembre 2009

venerdì 6 novembre 2009

Nuove carceri?

Le carceri scoppiano e Angelino vuole riaprire il carcere di massima sicurezza di Pianosa.
A dargli manforte ci pensa il baffetto milanista messo a capo dell'Interno: "Non solo riaprire il carcere di sicurezza di Pianosa, stiamo discutendo anche di riaprire il carcere dell’Asinara. L’Italia ha molte di queste strutture ed è un peccato lasciarle là: bisogna riaprirle e metterci dentro i mafiosi cattivi. Il termine stesso isolare significa mettere qualcuno su un’isola. e l’Italia ha molte strutture di questo tipo".
La serietà dei nostri governanti si rispecchia pienamente nei loro provvedimenti: un bambino di 6 anni sarebbe molto più coscienzioso e responsabile.

La cosa più disgustosa è che la prima preoccupazione e le prime reazioni arrivate (principalmente quelle di Altero e della Stefi) non hanno riguardato le condizioni indegne nelle quali sono costretti a vivere i detenuti nelle carceri italiane (dove attualmente sono stipate oltre 60000 persone, a fronte di una capienza massima di circa 40000 posti). La sciccosa Prestigiacomo era infatti turbata dal fatto che quegli zozzoni degli ergastolani avrebbero deturpato quei paradisi naturali che ospitano le carceri di massima sicurezza (tra l'altro pare che l'abbiano già rincuorata). Per quanto questi intenti possano sembrare encomiabili, a mio avviso passano in secondo (ma anche terzo o quarto) piano rispetto ai diritti fondamentali di un individuo, che vengono sospesi non appena si varca la soglia di un carcere.
Eppure già nei giorni scorsi, da varie parti della società civile e non, erano giunti anatemi contro la suicida Blefari, disprezzata e ingiurata anche da morta.
Sarà che sto male solo al pensiero di dover passare mesi, anni o una vita intera dentro una cella, dentro un edificio, dentro muri, ma proprio non riesco a ignorare la totale inumanità dell'istituzione carceraria.

Queste sono immagini provenienti dal carcere dell'Asinara dopo la chiusura avvenuta nel 1998.
Direi che parlano da sole.

mercoledì 4 novembre 2009

Ricapitoliamo

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- La UE decide di togliere i crocifissi dai luoghi pubblici in segno di laicismo.
Il sindaco di Sanremo (che i sanremesi si meritano tutto) invita tutti gli istituti scolastici del comprensiorio ad apporre il crocifisso laddove non ci fosse. Ha intenzione di metterne uno anche all'ingresso del comune. "Non è un obbligo" ha detto "è una forte idea di libertà". Ah, ecco.
La Padania invece decide di aprire con il solito titolo sobrio, accompagnato da un'immagine che è un mix letale di stereotipi, malafede e ignoranza. Andatevi a vedere la prima pagina da soli, che io quella robaccia non la voglio sul mio blog.

- La crisi incalza, i disoccupati aumentano, malessere sociale alle stelle.
Nema problema, ci pensa lo stato: via libera a lotterie, concorsi, gratta e vinci, che promettono posti di lavoro e rendite mensili ventennali.
Manco Wanna Marchi aveva osato tanto.

- Buon ultimo il sempre stupefacente Carletto Giovanardi. Il paladino della Cristoterapia©, ebbro di compassione cattolica, ha infatti dichiarato che "a uccidere Stefano Cucchi è stata la droga".
Tralascio poi qualunque commento sulla sua brillante idea di sottoporre i parlamentari a un test antidroga VOLONTARIO. Se volete sdrammatizzare andatevi a leggere cosa ne pensa il buon vecchio Prefe.

E' tutto.
Adesso posso tornare alla mia droga, ai miei gratta e vinci, e al mio magnifico crocifisso.

lunedì 2 novembre 2009

Pregasi di hackerare urgentemente questo sito

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Faccio appello alla coscienza delle volenterose forze del bene internettiane affinchè oscurino immediatamente questa pagina che dimostrerebbe l'esistenza di una filiazione italiana del Klu Klux Klan.
...che noi in Italia ci abbiamo già la Lega, ci abbiamo.

giovedì 29 ottobre 2009

Fermiamo l'invasione!

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Lega Razionalisti O Negatori di Dio

dati: dossier Caritas sull'immigrazione 2009

mercoledì 28 ottobre 2009

Nei secoli infedeli


Continuano le fantastiche avventure delle nostre meravigliose forze dell'ordine. Ancora una volta in carcere, ancora una volta una giovane vita spezzata, ancora una volta per reprimere le cattive abitudini di un cittadino, ancora una volta nel silenzio assoluto dei media nazionali.

Stefano, 31 anni, tossicodipendente, era stato arrestato in strada da alcuni carabinieri della Stazione Appia la sera di giovedì 15 ottobre attorno alle undici e mezzo. Aveva addosso una ventina di grammi di droga tra cocaina, marijuana e pastiglie di ecstasy. La mattina successiva, dopo la notte nella camera di sicurezza di una caserma dell’Arma, era stato portato a piazzale Clodio: processo per direttissima.
Il magistrato che ha processato Cucchi, tuttavia, deve aver notato qualcosa. Ha chiesto che l’imputato venisse visitato. Uno dei medici del Tribunale ha stilato una prognosi di venticinque giorni, senza avvertire nulla, evidentemente, che ne mettesse in pericolo la vita.
Il giudice, la mattina del 16 ottobre, un venerdì, ha convalidato il fermo. Attorno all’una i carabinieri hanno consegnato Cucchi alla Polizia Penitenziaria e l’uomo è stato portato in carcere a Regina Coeli. Ma la situazione è precipitata. È accaduto qualcosa in cella? Impossibile dirlo, per ora. «Il sabato sera (il 17 ottobre, ndr) racconta il geometra Cucchi ci hanno avvertito che Stefano era al pronto soccorso per un malore. Abbiamo scoperto che stava in ospedale al Pertini. Abbiamo chiesto di vederlo. Ma ci hanno detto che, trattandosi di un detenuto, serviva il permesso, essendo ricoverato in un reparto speciale. Siano tornati il lunedì: niente. Mercoledì ventuno ottobre è arrivata l’autorizzazione del Tribunale. Ma il giovedì (22 ottobre, ndr) è venuto a casa un carabiniere a dirci che era morto. Ora pretendiamo di sapere perchè».

da Il messaggero

Intanto dall'altra parte, senza che nessuno faccia troppo clamore, pare che i patrioti dell'arma non si siano fatti troppi scrupoli a ricattare, rubare, maneggiare cocaina come dei piccoli escobar (salvo poi raccontare la favola del "la gettavamo nel water").
Vogliamo veramente stupirci per l'esistenza delle trattative tra stato e mafia?

martedì 27 ottobre 2009

Coincidenza

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lunedì 26 ottobre 2009

Immagini shock da via Gradoli (remake)

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Ecco svelati i misteri italiani: Il viados è il nipote del carceriere di Aldo Moro e Marrazzo, scoperto il segreto della pettinatura di Dozier ha pensato bene di andare ad un incontro galante travestito da Calvi. Nel frattempo Fioravanti, sorpreso da Valpreda con il suo tutù, ha telefonato ad Alberto Stasi, che in quel momento era al bar con Ghedè e la Franzoni, accompagnati da Sindona, in visita a Ciancimino dopo aver preso l'Italicus, nel culo, ovviamente.

un commento de Il Grande Favollo

domenica 25 ottobre 2009

Einstürzende Neubauten

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Le fiamme fanno sempre parte della loro performance. "Come le producete?" ho chiesto a Blixa. "Bottiglie molotov" ha risposto indifferentemente. "Cosa?" Non sapevo se credergli o meno. "Non sai che cos'è una bottiglia di molotov? E' una bottiglia piena per due terzi di benzina e per un terzo d'aria. La chiudi con una benda. Cosa ci sia d'altro dentro la bottiglia...non lo so esattamente, ma non si accende semplicemente, esplode. Una piccola bomba".

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Un giovane crucco pelleossa urla in tedesco in mezzo a una collezione di portiere d'auto ammaccate, una betoniera e un figorifero recuperati dalla spazzatura per l'occasione e pronti per essere percossi, trapanati e limati. I fuochi che balzano da un fusto di benzina provocano sulla folla un effetto ipnotico primitivo.

I Neubauten, il quintetto tedesco considerato il "re del rock industriale", si è formato nel 1980 senza la minima intenzione di usare dei rottami come strumenti, ma i musicisti hanno cambiato idea quando per il pagamento dell'affitto dovettero impegnare la batteria. A quei tempi, per risparmiare sulle spese di trasporto, il gruppo di solito raccoglieva i nuovi "strumenti" nei bidoni della spazzatura fuori dai posti in cui suonava.

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"Lo facciamo per perdere il controllo, per andare oltre ai limiti", dice il cantante Blixa Bargeld, un ex becchino, barista e direttore di teatro che ha preso il suo nome da una marca di penne a sfera tedesche.
Alla fine sono riusciti ad attraversare l'oceano per riversare sulle scene americane il loro sudore, la rappresentazione della loro potente e ossessiva profezia della fine di tutte le forme musicali ufficiali. E lo fanno come professionisti fatti e finiti, ma senza boria. Dopo qualche anno nel mondo della musica non possono negare di aver sviluppato una certa efficienza nella loro presenza scenica. E riescono anche a farlo senza diventare schiavi della routine. Mentre conoscono il loro terreno - o meglio cemento - sono ancora alla ricerca, concentrandosi su se stessi, percuotendo fuori la loro arte d'acciaio. Il ruolo di culto in cui indubbiamente o inevitabilmente si sono ritrovati, viene gestito in maniera alquanto sobria.

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Piuttosto che esplodere in tutte le direzioni, un nuovo edificio che crolla, ricade su se stesso. Si finisce con meno di quello con cui si era iniziato. Il tutto consiste nel mettere in moto qualcosa senza semplificazioni. Se esplodi, minacci di sostituire un discorso (l'edificio illeso) con un altro (l'edificio distrutto). In questa maniera l'edificio che esplode traslittera il significato. Quindi sopravviene una possibile interpretazione politica: gli Einsturzende Neubauten come terroristi sonori, per esempio.
D'altro canto, l'implosione dei Neubauten - l'assalto minuziosamente orchestrato ai loro materiali fino che quasi niente rimanga non demolito oppure non seriamente compromesso - finisce quasi in un vicolo cieco dal punto di vista del discorso. "Ogni parola, ogni moralità, ogni ideale deve essere annullato", ha detto Blixa. "Tutte le idee di significato devono essere distrutte, annullate e non più scambiate".

mercoledì 21 ottobre 2009

Ho visto cose che voi umani potete benissimo immaginarvi

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Ho visto (e sentito) Scajola difendere l'operato del "rompicoglioni" Marco Biagi per scomunicare l'ultima uscita sul posto fisso dell'eretico Tremonti.
E' tempo di morire.

martedì 20 ottobre 2009

Nuovo allarme terrorismo in Italia

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Sicuramente più credibile dell'originale.
Stavolta quelli di Scaricabile si sono superati.

sabato 17 ottobre 2009

Arrestato Alfredo Bonanno

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Alfredo Maria Bonanno, un italiano di 72 anni considerato tra i maggiori teorici dell'anarchismo insurrezionalista è stato arrestato in Grecia per concorso in rapina. Con lui è stato arrestato anche l'anarchico greco Christos Stratigopoulos, attivo a metà degli anni novanta anche in Italia. La presenza di Bonanno in Grecia, a 48 ore dalle elezioni legislative e in un momento in cui si assiste a un'ondata di attentati e attacchi a sfondo anarchico, ha messo in allarme l'antiterrorismo che ha inviato propri uomini sul posto.

Bonanno, nato a Catania nel 1937, autore di libri culto del genere, quali "Gioia Armata" (per il quale venne condannato negli anni Settanta) e "Anarchismo insurrezionalista", è stato arrestato ieri nella cittadina centrosettentrionale di Trikala, dopo che aveva aiutato Stratigopoulos a compiere una rapina a mano armata che aveva fruttato circa 50.000 euro.

La notizia dell'arresto dell'anziano rivoluzionario, che sarebbe anche riuscito a mettersi in contatto telefonico con la sua compagna in Italia, si è sparsa subito negli ambienti anarchici dove già si parla di possibili "azioni di solidarieta" in suo favore. Bonanno, teorico della "violenza rivoluzionaria" e delle rapine per finanziare la lotta, è assai noto negli ambienti anarchici greci che hanno trovato ispirazione nei suoi scritti.

Sul luogo dell'arresto avvenuto ieri, a Trikala, nella Grecia centrosettentrionale, si è recata oggi un'unità dell'antiterrorismo. Bonanno, secondo quanto apprende l'Ansa da fonti della polizia, è stato arrestato dopo che aveva aiutato un complice greco di 46 anni a compiere una rapina a mano armata che aveva fruttato loro circa 50.000 euro. Secondo la ricostruzione della polizia, Bonanno avrebbe atteso fuori della Banca del Pireo a Trikala il suo complice greco che, camuffato con parrucca e baffi finti, aveva costretto il cassiere a consegnargli 50.000 euro in contanti. Fuori della banca si sarebbe incontrato con Bonanno con il quale si sarebbe allontanato su un'auto. Bonanno era alloggiato nella vicina località di Kalambaka dove la polizia ha trovato successivamente sia il denaro che la pistola della rapina. L'italiano ed il cittadino greco, arrestati in seguito alla testimonianza di un ragazzo che aveva assistito alla rapina chiamando la polizia, sono comparsi oggi davanti ad un procuratore per essere interrogati.

via Informa-azione


Il 1° ottobre Alfredo Bonanno è stato arrestato in Grecia con l’accusa di concorso in rapina. Con lui, il compagno Christos Stratigopoulos. Attualmente si trovano rinchiusi nel carcere di Amfissa, in condizioni di detenzione durissime. Abbiamo un indirizzo, a cui però non è certo che possa pervenire la posta. Molti compagni ci chiedono se è possibile fare qualcosa. Proponiamo una sottoscrizione – nelle modalità e con le forme che i compagni riterranno opportune – per affrontare le spese legate alla detenzione dei compagni. Per qualsiasi comunicazione è possibile fare riferimento ai recapiti delle edizioni (edizionianarchismo@gmail.com - A. Medeot, C.P. 3431 – 34128 Trieste).

Versamenti sul conto corrente postale n° 23852353, intestato ad A. Medeot - C.P. 3431 - Trieste con causale “sottoscrizione arresti in Grecia”.

via Edizioni Anarchismo

venerdì 16 ottobre 2009

Un weekend lungo sei mesi


7 aprile 2009

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mercoledì 14 ottobre 2009

lunedì 12 ottobre 2009

Ipazia: censurata dopo 1600 anni!

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Agora è un film di Alejandro Amenábar uscito nelle sale cinematografiche il 9 ottobre, ma non in quelle italiane.
Vediamo come mai.
Il film narra la storia di una donna, Ipazia, una matematica, astronoma e filosofa vissuta a cavallo del 400 ad Alessandria d'Egitto, in un periodo in cui il cristianesimo si espandeva con violenza in quelle terre. Inventò l’astrolabio, il planisfero e l’idroscopio ma non solo e viene tutt'oggi ricordata come la prima matematica della storia. Come già usava fare Socrate, Ipazia amava passeggiare per le strade condividendo la sua conoscenza e saggezza, guadagnandosi grande rispetto e considerazione presso i suoi concittadini.
Ma nel 415 venne uccisa dai cristiani per il suo rifiuto alla conversione, che come diceva lei, avrebbe compromesso la sua libertà di pensiero indispensabile per effettuare i suoi studi.
Inoltre il suo assassinio fu davvero atroce. Venne scorticata e fatta a pezzi e i suoi resti vennero addirittura portati in giro per la città come trofeo e in seguito bruciati nell'inceneritore cittadino.
Come si suol dire, all'epoca una donna come Ipazia andava condannata per la sua intelligenza e sapienza e la sua avversione alla conversione cristiana e punita simbolicamente perchè donna.
Ma ciò che mi sconcerta di più è che 1600 anni dopo, un film che racconta la sua storia non può essere mostrato nel nostro paese.
Ancora una volta, come nel lontano 400 D.C., subiamo una censura (o forse un auto censura di chi non vuole nemmeno farsi carico di portare in Italia questo film,ancor prima di infastidire la comunità cristiana) una censura sia come donne, in quanto un modello di donna sapiente, libera ed emancipata non è un modello da propinare alle masse, sia come spettarici e spettatori di un'opera d'arte, perchè non viene nemmeno permesso che il popolo assista alla rappresentazione di una realtà passata ma non troppo.

Qui un articolo molto curato di Raffaella Costi. Leggetelo!
Qui un articolo di Piergiorgio Odifreddi anch'esso dettagliato.
Qui una petizione per la distribuzione del film in Italia.

domenica 11 ottobre 2009

The fun theory


Come fare in modo che il 66% delle persone in più, all'uscita dalla metro, scelga le scale al posto delle scale mobili? Semplice: trasformandole in un enorme pianoforte.

E' una pubblicità virale (per la Volkswagen), ma chi se ne frega. Sono quelle piccole cazzate che migliorano la vita.

via Inkiostro

sabato 10 ottobre 2009

Martire



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mercoledì 7 ottobre 2009

Intoccabili

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Gianni De Gennaro e Spartaco Mortola

Prevedibilmente assolti dall'accusa di falsa testimonianza.
Mortola era anche quello che girava per la Diaz con delle molotov in mano cercando di infilarle nelle tasche degli antig8ttini. Lo stesso che dopo le violenze aveva candidamente affermato: "Posso solo dire, a posteriori, che c'è stata qualche forzatura giuridica".
E questa come la vogliamo chiamare?

La Scuola Radio Elettra genera mostri

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La Lega se n'è inventata un'altra: carcere per chi indossa burqa e niqab.
Non siamo razzisti - dice Roberto Cota - non abbiamo niente contro i musulmani, ma la legge deve essere uguale per tutti.
No, non siete razzisti, infatti nelle motivazioni con le quali avete avanzato la proposta di riforma di legge, avete solo detto che
"Indossare indumenti come il burqa e il niqab, che nulla hanno a che vedere con la cultura della maggioranza delle donne immigrate che vivono in Italia, ma che costituisce un obbligo imposto alle donne da estremisti che vengono dall'Afghanistan, dal Pakistan e da altri Paesi dove prevalgono la cultura estremista e il retaggio di costumi disumani e di violenze familiari inaudite e inammissibili sia in linea di principio sia, in particolare, se le donne vivono in Paesi civilmente evoluti".

Ignoranti.
Buzzurri.
E razzisti.
Voi e tutti quelli che vi votano.
Quello che avete detto e scritto non ha senso logico, sintattico nè storico.
Siete il terzo mondo della ragione.
Il buco nero del buon senso.
E pretendete pure di modificare culture millenarie (altrochè obbligo imposto, cultura estremista, costumi disumani e violenze familiari inaudite e inammissibili) con una fottuta e vergognosa proposta di legge.
Puah!

lunedì 5 ottobre 2009

Italia ipocrita

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C'hanno aperto pure un tumblr.

via

Un buon motivo per non vaccinarsi

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Ora, io non mi ricordo bene quand'è che i media hanno cominciato ha diffondere il terrore per il nuovo virus H1N1, ma credo che i grafici qui sopra ci aiutino a ricordare.


O, poi se non siete ancora convinti potete leggervi anche questo

giovedì 1 ottobre 2009

Women are heroes


Ve ne avevamo già parlato: lui è JR, fotografo e artivista 25enne. Immortala volti. E possiede la più grande galleria d'arte del mondo. Il suo nuovo progetto, iniziato nel 2008, è incentrato sulla condizione delle donne africane, con un'escursione nelle favelas brasiliane. Ora, ha deciso pure di girare un film, che uscirà ufficialmente nel 2010, per immortalare tutte le sue esposizioni eseguite durante l'esperienza afro-brasiliana.
Quello che vedete sopra è un estratto inedito.
E direi che merita.

Traduco dal sito:

UN FILM D'AVVENTURA
Il film segue le avventure donchisciottesche delle quali si attendono i risultati con incredulità: dalla presentazione del progetto artistico agli abitanti dei piccoli villaggi in Liberia all'organizzazione di un collage sulle pareti fragili di una favela, dalla mostra sulle case in demolizione in Cambogia al confezionamento di un treno che passa attraverso una baraccopoli in Kenya.

UN FILM SULLE DONNE
Le donne sono eroi è soprattutto un omaggio alle donne la cui dignità è sottolineata incollando le loro foto sulle pareti dei loro villaggi e del mondo intero. Nel film, queste donne esprimono le loro difficoltà in un mondo dominato dagli uomini. Di fronte alla telecamera, che condividono per esorcizzare i loro incubi, offrono anche le loro gioie e irradiano la loro energia...

UN FILM SUI MEDIA
Le donne sono eroi si svolge in luoghi rappresentati dai mezzi di comunicazione solo quando vi si produce "qualcosa" . Se JR va là, non è per non riprendere il discorso dei media, né per smentirlo, ma per mostrare una realtà soffocata dal sensazionalismo. Ed è nel contesto di una normalità ignorata che gli abitanti di questi luoghi prendono l'iniziativa e chiamano i media
per mostrare, non quello che hanno subito, ma quello che hanno creato.

UN FILM SULL'UMANO
Le donne sono eroi solleva, senza dare risposta, alcune domande fondamentali. Si incontrano persone che vanno dal riso al pianto, che incarnano un passato doloroso e il desiderio di costruire un futuro felice. En retrouvant ce qui est commun dans les regards des femmes, on se rapproche de ce qui est universel : l'humain. Nel ritrovare ciò che è comune negli sguardi delle donne, ci avviciniamo a ciò che è universale: l'umano.

UN FILM SULL'ARTE
La molteplicità delle immagini, la loro rapida diffusione, la globalizzazione permettono agli artisti di ripensare il loro lavoro. JR apre un nuova strada: l'arte partecipativa. Con le comunità, crea delle opere d'arte effimere che vengono poi arricchite da commenti e reazioni. Le donne anziane diventano modelle per un giorno, i bambini sono artisti per una settimana, gli studenti svolgono quindi il ruolo di critici. L'arte partecipativa rimette in questione le modalità, le finalità, e il posto stesso dell'arte.

Musiche: Massive Attack e Patrice Bart WIlliams

lunedì 28 settembre 2009

Umiliate e offese


IL CORPO DELLE DONNE è il titolo del nostro documentario di 25′ sull’uso del corpo della donna in tv. Siamo partiti da un’urgenza. La constatazione che le donne, le donne vere, stiano scomparendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante. La perdita ci è parsa enorme: la cancellazione dell’identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un’adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime. Da qui si è fatta strada l’idea di selezionare le immagini televisive che avessero in comune l’utilizzo manipolatorio del corpo delle donne per raccontare quanto sta avvenendo non solo a chi non guarda mai la tv ma specialmente a chi la guarda ma “non vede”. L’obbiettivo è interrogarci e interrogare sulle ragioni di questa cancellazione, un vero ” pogrom” di cui siamo tutti spettatori silenziosi. Il lavoro ha poi dato particolare risalto alla cancellazione dei volti adulti in tv, al ricorso alla chirurgia estetica per cancellare qualsiasi segno di passaggio del tempo e alle conseguenze sociali di questa rimozione.

Il corpo delle donne blog

Il potere

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ANALISI DEL FILM

Il film “Il potere” di A. Tretti nonostante gli iniziali apprezzamenti alla mostra di Venezia del ’72 non riuscì mai a pervenire al grande pubblico, rimanendo poco più che un film per circoli culturali. Quest’opera è stata ostracizzata probabilmente a causa della tesi non nuova ma scomoda e troppo diretta che presenta: marxianamente, il potere più vero e forte è economico mentre il potere politico è sovrastrutturale e, quindi, è strumento in mano di chi controlla la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Il film illustra le origini e le manifestazioni del potere attraverso il tempo. Il regista sottolinea come il potere non cambi ma rimanga sempre nella mani di soliti pochi potenti; questi sono inscenati da Tretti attraverso tre attori mascherati de fiere, un leone, una tigre e un leopardo che rappresentano rispettivamente il potere militare, commerciale e agrario. Perché Tretti ha scelto proprio questi tre animali? La scelta non è casuale; il leone, infatti, l’animale aggressivo per eccellenza, è il potere militare, che nell’affrontare la conflittualità sociale predilige la violenza come unica soluzione possibile.
Caratterizza questo personaggio l’elmetto guglielmino, che ricorda il regime militaristico prussiano. Il potere agrario si colloca sulla falsariga di quello militare.
Il potere commerciale, la cui “r” moscia sembra alludere all’eloquio di Gianni Agnelli, è rappresentato da una tigre. Astuta e calcolatrice tende a cercare la via del freddo compromesso che mira alla salvaguardia dei propri interessi e privilegi.
L’apparizione delle fiere è un vero e proprio leitmotiv. Infatti queste compaiono ripetutamente; intervallano i diversi capitoli del film, sono messe in evidenza dall’uso del colore; rappresentano il potere che, nel corso del tempo, è sempre lo stesso. Il rischio di una lettura riduzionistica e quindi deterministica ci sembra evitato proprio grazie alla parodia.

Il film è composto da cinque episodi in bianco e nero, che ripercorrono la storia del potere. Nel primo episodio, l'età della pietra, connivente la paura, il potere finisce nelle mani di un furbo che si fa passare per divinità del fuoco. Nell'epoca romana, per vincere l'insorgente coscienza dei plebei, deve ricorrere all'assassinio del tribuno Tiberio Gracco. Nell'epoca del Far West, per aumentare la propria potenza, non rifugge dal genocidio perpetrato da coloni, soldati e galeotti inglesi. Nell'Italia posteriore al 1919, il potere viene arraffato dal fascismo, che ottiene l'appoggio dei portafogli borghesi, la benedizione, ben compensata dal Vaticano e che distrugge pluralismo e libertà democratiche. Nell'epoca moderna, il neocapitalismo s’impone mediante il consumismo, incontra forti resistenze popolari, vinte però grazie alle forze dell'ordine e al paravento socialista (“Chi non lo sa che ai giorni nostri ogni furfante vuole padroneggiare in un vestito rosso?” dice Lenin).
In particolare, il capitolo del fascismo è il più significativo per la sua forza dissacrante e parodistica. A Tretti interessa collocare il fascismo nei quadri del potere borghese, analizzandone le origini. La tesi del regista è che i poteri forti si servono del fascismo in funzione antirivoluzionaria e antisocialista per ristabilire l’ordine e la pace sociale. Simbolico è in questo senso l’episodio della marcia su Roma, dove un piccolo e nervoso Vittorio Emanuele II aspetta alle porte della capitale una sgangherata banda di camice nere, a cui si rivolge dicendo: “Avanti, avanti entrate, non fate complimenti”. Questo dimostra la convenienza anche da parte del re, della presenza di Mussolini al potere. La dittatura fascista rivela ben presto il suo carattere velleitario. Emblematico è l’intento di dimostrare l’efficienza delle forze armate attraverso la parata di una dozzina di anziani e scombinati poveracci che sfilano continuamente, via via trasformandosi in alpini, bersaglieri, carristi, arditi, granatieri. Con l’immagine di un’Italia guerriera e duratura, il fascismo cerca il consenso di massa.
Un altro elemento che emerge in quest’episodio è l’atteggiamento repressivo verso le opposizioni, per Mussolini, un “delitto contro lo stato”.
Le diverse opposizioni non sono tuttavia uguali per i fascisti, come è evidente nella scena in cui Tretti mostra prima una “dorata” prigione di liberali, poi quella affollata e in condizioni precarie dei comunisti, gli oppositori più scomodi al regime.

TECNICHE

Il film è stato costruito in modo volutamente artigianale, proprio per contrapporsi alla cinematografia di stampo holliwoodiano. Per realizzare “Il potere”, Tretti ha impiegato sette anni, di cui sei per pensarlo e solamente uno per girarlo, essendo venuto a mancare il produttore che inizialmente doveva finanziare il progetto. Quando infine trovò i fondi necessari, poté tradurre in immagini il suo pensiero. Il film è stato girato nell’area veronese con l’ausilio di pochi mezzi; gli attori, dalle facce di per sé eloquenti e dai tratti volutamente marcati, sono stati reclutati dalla campagna veneta. Questi personaggi sono l’emblema di un potere che nel corso del tempo è sempre lo stesso. Pochi attori interpretano ruoli diversi nel corso dei vari capitoli, come ad indicare che dietro le varie manifestazioni del potere stanno sempre gli stessi protagonisti. I personaggi ci ricordano le maschere di uno spettacolo di burattini; Tretti ci suggerisce velatamente che tutti i protagonisti che si susseguono nel corso del film sono strumenti nelle mani dei detentori del potere economico.
La maschera di Mussolini ne è un esempio lampante: è un fantoccio dai tratti caricaturali e ridicoli, che viene gettato via dalle tre belve che proclamano con tono sprezzante: “Questi burattini non ci servono più a nulla”. Tretti fa sua la lezione di Bertolt Brecht, da cui riprende l’arma del grottesco. La realtà viene stravolta in modo consapevole per invitare lo spettatore alla riflessione e per mantenere sempre vive le sue capacità critiche. Il regista non vuole che il pubblico si immedesimi nella rappresentazione, ma che rimanga sempre presente a sé stesso, essendo così in grado di valutare ciò che osserva. L’osservatore è quindi distaccato e portato spesso anche alle risate più genuine da scene di un’eccezionale violenza dissacrante che denunciano la faciloneria e la cialtroneria che stanno dietro la pomposità, la retorica, il gesto alato: ricordiamo il tentativo del “sommo” poeta Gabriele D’Annunzio di spiccare un temerario volo con l’aiuto di una “leggiadra” Eleonora Duse (più simile ad un barilotto che a una statua greca…). Il suo aereo rischia di sfasciarsi ancor prima del decollo, nonostante i ripetuti tentativi del poeta di farlo partire. D’Annunzio sbatte i piedi nervoso e, isterico, chiama la compagna, che è costretta a spingere la sgangherata carcassa per riuscire a farle prendere il volo.

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I RISCHI DELLA DEMOCRAZIA

I rischi della democrazia sono messi in luce dall’ultimo episodio del film, “epoca moderna”. Le tre belve, i simboli del potere, si rendono conto che un personaggio come Mussolini non serve più a nulla nella società di oggi. Ora il potere si esercita all’interno del sistema democratico attraverso il condizionamento massmediatico degli stili di vita. E’ il conformismo che produce i nuovi idoli moderni, come l’automobile, che viene pubblicizzata dall’alto degli scalini di una chiesa verso una folla in atteggiamento adorante. “L’uomo senza macchina è un uomo morto”, “sacrificate lo stipendio”, proclama il “sacerdote” dei consumi di massa. Il rischio di un regime come la democrazia rappresentativa è che l’opinione pubblica venga manipolata. La pubblicità è la prova che sia effettivamente possibile manovrare i cervelli. Il pubblico infatti non si lascia imbrogliare da informazioni palesemente distorte, ma piuttosto da sottili “bombardamenti” quotidiani, i messaggi pubblicitari, che hanno lo scopo di inculcare un determinato stile di vita. La forza della pubblicità è rappresentata da Tretti nell’episodio del “Moblon”: un’oggetto privo di qualsiasi utilità, proposto in continuazione da radio, televisione, manifesti nelle città… che si afferma come tendenza, come moda irrinunciabile. E il suo acquisto diventa quasi un obbligo.

E’ quindi la democrazia rappresentativa un regime che garantisce la libertà sostanziale ai cittadini? Secondo Tretti la risposta è negativa, la libertà e l’uguaglianza sono solo “maschere” di una più profonda disuguaglianza: il benessere ai giorni nostri, nel film simboleggiato dalla produzione in serie delle uova, viene deriso dal regista. “Oggi al mondo si sta bene, c’è sovrapproduzione e non si sa più a chi vendere i prodotti” dice l’industriale con a fianco un vescovo accondiscendente che elargisce benedizioni. Immediatamente dopo Tretti ci mostra una carrellata di immagini dal terzo mondo, di bambini morenti e affamati: è l’ultima stoccata beffarda all’indirizzo di una società capitalista che il regista ritiene decisamente ingiusta e falsa, dominata sempre dai soliti, pochi potenti.

fonte


venerdì 25 settembre 2009

La scrivania di Littorio

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"In un regime totalitario, come deve esser necessariamente un regime sorto da un rivoluzione trionfante, la stampa è un elemento di questo regime, una forza al servizio di questo regime; in un regime unitario, la stampa non può essere estranea a questa unità... La stampa più libera del mondo è la stampa italiana... Il giornalista italiano è libero perché serve soltanto una causa e un regime; è libero perché, nell'ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione".

Benito Mussolini, 10 Ottobre 1928

Servizi segreti, 'ndrangheta e rifiuti tossici


*cercate di leggervi tutto l'articolo. ho evitato apposta di mettere solo il link*

fonte: L'espresso

L'ex boss della 'ndrangheta Francesco Fonti è soddisfatto e amareggiato allo stesso tempo. "Per anni nessuno ha voluto ascoltare quello che dicevo ai magistrati. Ho sempre ammesso di essermi occupato dell'affondamento di navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi. Ho indicato dove cercare: al largo di Cetraro, nel punto in cui il 12 settembre la Regione Calabria e la Procura di Paola hanno trovato a 480 metri di profondità un mercantile con bidoni nella stiva. Eppure, anche oggi che tutti mi riconoscono attendibile, devo affrontare una situazione assurda: vivo nascosto, senza protezione, con il pericolo che mi cerchino sia la cosca a cui appartenevo, sia i pezzi di Stato che usavano me e altri 'ndranghetisti come manovalanza". L'altra sera, aggiunge Fonti, "mi ha telefonato Vincenzo Macrì, il consigliere della Direzione nazionale antimafia. Ha detto: "Speriamo che ora non ci ammazzino tutti". Ecco di cosa stiamo parlando. Di vicende che puntano dritte al cuore della malavita internazionale e delle istituzioni". Nonostante questo, Fonti, trafficante di droga condannato a 50 anni di carcere, poi diventato collaboratore di giustizia, si sente sereno: "La mia è stata una scelta di vita: mi sono pentito perché ho avuto ribrezzo di quanto fatto da malavitoso, dopodiché succeda quel che deve succedere". Ecco perché non intende restare in silenzio. "Sono tanti i retroscena da chiarire", assicura. Tantopiù dopo sabato, quando è stato annunciato il ritrovamento lungo la costa cosentina della nave con i bidoni lunga circa 120 metri e larga una ventina: "In questo clima apparentemente più disposto alla ricerca della verità, voglio fornire un mio ulteriore contributo. In totale trasparenza. Senza chiedere niente in cambio, tranne il rispetto e la tutela della mia persona". Con tale premessa, Fonti squaderna storie di gravità eccezionale e con particolari che, ovviamente, dovranno essere vagliati dagli investigatori.

Il suo racconto parte dal 1992, quando l'ex boss spiega di avere affondato le navi Cunski, Yvonne A e Voriais Sporadais dietro indicazione dell'armatore Ignazio Messina. "Nel dossier che ho depositato alla Direzione nazionale antimafia (pubblicato nel 2005 dal nostro settimanale), ho scritto che in quell'occasione abbiamo inviato uomini del clan Muto al largo di Cetraro per far calare a picco la Cunski, mentre ho precisato che la Yvonne A era stata affondata a Maratea", dice Fonti: "Quanto alla Voriais Sporadais, indicai che a bordo aveva 75 bidoni di sostanze tossiche, ma non segnalai il punto esatto dell'affondamento. Oggi voglio precisare che la portammo al largo di Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, sulla costa jonica, e che a occuparsi materialmente dell'operazione fu il boss della zona Natale Iamonte ". Di più: "Lo stesso Iamonte", prosegue Fonti, "si è dedicato spesso allo smaltimento in mare di scorie tossiche. Specialmente quelle che provenivano da ditte chimiche della Lombardia". Nel caso della Voriais Sporadais, precisa, accadde tutto in una notte autunnale del 1992: "Io e il figlio di Natale Iamonte, di cui non ricordo il nome, salimmo sul motoscafo con un terzo 'ndranghetista che guidava e aveva una cassetta di candelotti di dinamite. Arrivammo al limite delle acque territoriali, montammo sopra la nave, facemmo portare a riva il capitano e l'equipaggio, dopodiché piazzammo i candelotti a prua e sparimmo indisturbati".

Fonti non ha problemi ad ammetterlo: "Era una procedura facile e abituale. Ho detto e ribadisco in totale tranquillità che sui fondali della Calabria ci sono circa 30 navi". E non parla per sentito dire: "Io ne ho affondate tre, ma ogni anno al santuario di Polsi (provincia di Reggio Calabria) si svolgeva la riunione plenaria della 'ndrangheta, dove i capi bastone riassumevano le attività svolte nei territori di loro competenza. Proprio in queste occasioni, ho sentito descrivere l'affondamento di almeno tre navi nell'area tra Scilla e Cariddi, di altre presso Tropea, di altre ancora vicino a Crotone. E non mi spingo oltre per non essere impreciso". Ciò che invece Fonti riferisce con certezza, è il sistema che regolava la sparizione delle navi in fondo al Mediterraneo. "Il mio filtro con il mondo della politica è stato, fin dal 1978, un agente del Sismi che si presentava con il nome Pino. Un trentenne atletico, alto circa un metro e ottanta con i capelli castani ben pettinati all'indietro, presentatomi nella Capitale da Guido Giannettini, che alla fine degli anni Sessanta aveva cercato di blandirmi per strapparmi informazioni sulla gerarchia della 'ndrangheta. Funzionava così: l'agente Pino contattava a Reggio Calabria la cosca De Stefano, la quale informava il mio capo Romeo, che a sua volta mi faceva andare all'hotel Palace di Roma, in via Nazionale. Da lì telefonavo alla segreteria del Sismi dicendo: Sono Ciccio e devo parlare con Pino. Poi venivo chiamato al numero dell'albergo, e avveniva l'incontro" Il contenuto degli appuntamenti, era sempre simile. "L'agente Pino mi indicava la quantità di scorie che dovevamo far sparire ", spiega Fonti, "e mi chiedeva se avessimo la possibilità immediata di agire". La maggior parte delle volte, la risposta era positiva. Ed era un ottimo affare: "Si partiva da 4 miliardi di vecchie lire per un carico, e si arrivava fino a un massimo di 30". Soldi che venivano puntualmente versati a Lugano, presso il conto Whisky all'agenzia Aeroporto della banca Ubs, o in alcune banche di Cipro, Malta, Vaduz e Singapore. Tutte operazioni che svolgevamo grazie alla consulenza segreta del banchiere Valentino Foti, con cui avevamo un cinico rapporto di reciproca convenienza ". Quanto ai politici che stavano alle spalle dell'agente Pino, secondo Fonti, sarebbero nomi noti della cronaca italiana. "Mi incontrai più volte per gestire il traffico e la sparizione delle scorie pericolose con Riccardo Misasi, l'uomo forte calabrese della Democrazia cristiana", dice, "il quale ci indicava se i carichi dovessero essere affondati o seppelliti in territorio italiano o straniero. La 'ndrangheta, infatti, ha fatto colare a picco carrette del mare davanti al Kenya, alla Somalia e allo Zaire (ex Congo belga), usando capitani di nazionalità italiana o comunque europea, ed equipaggi misti con tunisini, marocchini e albanesi". Rimane l'incontrovertibile fatto, aggiunge Fonti, "che la maggior parte delle navi è stata fatta sparire sui fondali dei nostri mari ". Non soltanto attorno alla Calabria, "ma anche nel tratto davanti a La Spezia e al largo di Livorno, dove Natale Iamonte mi disse che aveva 'sistemato' un carico di scorie tossiche di un'industria farmaceutica del Nord".

E non è finita. Secondo Fonti, un altro politico di primo piano avrebbe avuto un ruolo nel grande affare dei rifiuti pericolosi. "Si tratta dell'ex segretario della Dc Ciriaco De Mita, indicatomi a metà Ottanta da Misasi per trattare in prima persona il prezzo degli smaltimenti richiesti dallo Stato". Stando al pentito, lui e De Mita si sono visti "tre o quattro volte" nell'appartamento del politico a Roma, dove il boss fu accolto "con una fredda gentilezza". Nella prima occasione, ricorda, "mi fece sedere in salotto e disse: 'Sono soltanto affari'; frase che mi ha ripetuto negli incontri successivi, come a sottolineare un profondo distacco tra il suo ruolo e il mio". Fatto sta, continua Fonti, che "concordammo i compensi per più smaltimenti ". Poi, quando l'affondamento o l'interramento delle scorie veniva concluso, "l'agente Pino ci segnalava la banca dove potevamo andare a riscuotere i soldi ". Denari accreditati "su conti del signor Michele Sità, un nome di fantasia riportato sui miei documenti falsi. Andavo, recuperavo i contanti e li consegnavo alla famiglia Romeo di San Luca, dove ricevevo la mia parte: circa il 20 per cento del totale".

Da parte sua, l'ex segretario della Dc Ciriaco De Mita nega qualunque rapporto con Fonti: "Smentisco nella maniera più netta", commenta, "le affermazioni di una persona che non credo di conoscere. Porterò questo individuo innanzi al tribunale per rispondere penalmente e civilmente delle sue calunniose dichiarazioni". Vero è, specifica De Mita, "che Misasi era mio amico, e che abitava sotto di me, ma tutto il resto non ha assolutamente senso". Una replica alla quale seguono altri racconti dell'ex boss, che dopo il ritrovamento del mercantile sui fondali di Cetraro, non si limita a occuparsi dei retroscena di casa nostra, ma apre una pagina internazionale finora ignota sulla Somalia: "Avevo rapporti personali", dice, "con Ibno Hartomo, alto funzionario dei servizi segreti indonesiani, il quale contattava me e la 'ndrangheta per smaltire le tonnellate di rifiuti tossici a base di alluminio prodotte dall'industriale russo Oleg Kovalyov, vicino all'allora agente del Kgb Vladimir Putin". Un lavoro impegnativo per le dimensioni, spiega Fonti, gestito in due fasi: "Nella prima caricavamo le navi in Ucraina, a Kiev, le facevamo passare per Gibuti e le dirigevamo a Mogadiscio oppure a Bosaso. Nella seconda fase, invece, le scorie venivano affondate a poche miglia dalla costa somala o scaricate e seppellite nell'entroterra". Facile immaginare le conseguenze che tutto ciò potrebbe avere avuto sulla salute della popolazione. E altrettanto facile, secondo Fonti, è spiegare come le navi potessero superare senza problemi la sorveglianza dei militari italiani, che presidiavano il porto di Bosaso: "Semplicemente si giravano dall'altra parte", racconta il pentito. "Anche perché il ministro socialista Gianni De Michelis, che come ho già raccontato all'Antimafia gestiva assieme a noi le operazioni, era solito riferirci questa frase di Bettino Craxi: 'La spazzatura dev'essere buttata in Somalia, soltanto in Somalia'. Naturale che i militari, in quel clima, obbedissero senza fiatare". Allucinante? Incredibile? Fonti allarga le braccia: "Racconto esclusivamente episodi dei quali sono stato protagonista, e aspetto che qualcuno si esponga a dimostrare il contrario". Magari, aggiunge, "anche su un altro fronte imbarazzante: quello delle auto sulle quali viaggiavo per recuperare, nelle banche straniere, i soldi avuti per gli affondamenti clandestini dei rifiuti radioattivi". Gliele forniva "direttamente il Sismi", dice, "con la mediazione dell'agente Pino. Per salvarmi la vita, in caso di minacce o aggressioni, mi sono segnato il tipo di macchine e le matricole diplomatiche che c'erano sui documenti ". In un caso, "ho usato una Fiat Croma blindata con matricola VL 7214 A, CD-11-01; in un altro ho guidato un'Audi con matricola BG 146-791; e in un altro ancora, ho viaggiato su una Mercedes con matricola BG 454-602. Va da sé, che ci venivano assegnate auto diplomatiche perché non subivano controlli alle frontiere". Ora, dopo queste dichiarazioni, "i magistrati avranno nuovi elementi sui quali lavorare ", conclude Fonti. "Troppo facile e troppo riduttivo", sostiene, "sarebbe credere che tutto si esaurisca con il ritrovamento nel mare calabrese di un mercantile affondato ". Questa, aggiunge, non è la fine della storia: "È l'inizio di un'avventura tra i segreti inconfessabili della nostra nazione. Un salto nel buio dalle conseguenze imprevedibili".

giovedì 24 settembre 2009

Blu is back!


In collaborazione con David Ellis.
Animazione eseguita al Fame Festival 2009 - Grottaglie (TA)
Musica di Roberto Lange

mercoledì 23 settembre 2009

Durissima repressione militare in Honduras


I manifestanti pro Zelaya intorno all'ambasciata brasiliana attaccati dalla polizia. Feriti, arrestati e forse anche dei morti


"Siamo a diciassette ore di coprifuoco. E continuerà ancora. Polizia e militari hanno rotto i vetri delle auto e delle moto delle persone della resistenza. Stanno bruciando le loro auto. Si parla di tre morti. Feriti e coloro i quali sono stati trasportati in ospedale, sembra che i militari li stiano prelevando e portando via. Per portarli allo stato Chochi Sosa (proprio come fece Pinochet). Per favore aiutateci a diffondere questa notizia!"
D.E. Honduras.

Questa è una voce, delle tante, che si rincorrono via internet per gridare al mondo quanto sta accadendo in Honduras. La morsa della violenza repressiva degli uomini di Roberto Micheletti, il presidente golpista che, sostenuto dall'elite economica, sta governando il paese con il pungo di ferro. Da quando il presidente deposto, Manuel Zelaya, è riuscito a rientrare nel paese, fino a raggiungerne la capitale e barricarsi nell'ambasciata brasiliana, le forze dell'ordine cercano di fermare i manifestanti che, senza sosta, stanno invadendo le strade del paese per accogliere il presidente legittimo. Decine i feriti, tanti gli arrestati e probabilmente tre morti. Lo riportano anche fonti di TeleSur, che ha inviati sul posto.

"Sto diffondendo un rapporto dal centro di detenzione extragiudiziale di Villa Olimpica, nello stadio Chochi Sosa. Ci informano che oltre 120 persone sono lì detenute illegalmente. Tra loro dei feriti, anche gravi", denuncia Radio Liberada.

"Amiche e amici, mi trovo nell'edificio vicino all'ambasciata brasiliana, insieme a trenta compagne e compagni, ,a maggioranza appartenenti ad Artistas del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado. Ci siamo riuniti qui per riposare, coscienti che da un momento all'altro l'esercito e la polizia entreranno nel perimetro dove assieme ad altri cinquemila persone circa volevamo offrire la nostra protezione al presidente Manuel Zelaya. Hanno attaccato alle 5.45 con fucili e lacrimogeni. Hanno ucciso un numero non precisato di uomini della prima barricata alla fine del Ponte Guancaste. Poi hanno virato e attaccato la barricata del ponte de La Reforma. Calcolando approssimativamente, l'operativo ha contato circa mille effettivi tra polizia e militari. Hanno caricato e colpito. Diciotto feriti gravi sono stati ricoverati nell'Hospital Escuela. Continuano a reprimere nel Barrio Morazán e nel Barrio Guadalupe gli studenti coraggiosi che si erano barricati dalla notte.
Davanti all'ambasciata del Brasile hanno installato un altoparlante con l'inno nazionale a tutto volume. Il presidente resta dentro, minacciato dai golpisti che grazie ai mass media di regime già hanno esplicato le loro ragioni per allontanarlo.
Migliaia di persone che si stavano dirigendo a Tegucigalpa sono stati arrestati nei pressi della città, che è vuota, una città fantasma. Il coprifuoco è esteso a tutta la giornata. La repressione contro manifestanti indifesi è brutale. In varie occasioni Radio Globo e Canal 36 sono state oscurate. Centinaia gli arrestati.
Qui siamo il nucleo principale degli organizzatori dei grandi eventi culturali della resistenza al golpe: poeti, cantautori, musicisti, fotografi, registi, pittori e pittrici, esseri umani". Firmato F.E.

E ancora. "Da qualche ora commandos della polizia, delle forze speciali Cobra e dei militari stanno aggredendo la gente che si trova intorno all'ambasciata brasiliana. Sono stati confermati due morti per ferita da arma da fuoco, sparati durante lo sgombero forzato. Gas lacrimogeni e spari tutto intorno all'ambasciata e vicino al palazzo dell'Onu, dove lo sgombero prosegue. È stata anche violata la sovranità brasiliana, in quanto un lato dell'edificio è stato colpito. In vari punti del paese si sente che a centinaia siano stati arrestati nei vari posti di blocco instaurati per evitare che la gente continui ad affluire Tegucigalpa. Ci appelliamo alla comunità internazionale, affinché con urgenza intervenga per esigere la fine della repressione immediatamente".

"Ci stanno massacrando. Stanno attaccando l'ambasciata del Brasile. Sono ormai centinaia i feriti. La vita del presidente e della sua famiglia è in pericolo. Gli organismi internazionali devono intervenire. La repressione è in tutto il paese. Abbiamo bisogno di una solidarietà attiva, effettiva per fermare la barbarie. La resistenza continua, pacifica". Oscar Amaya Armijo.
E ancora. "Le forze repressive del governo golpista ha lanciato una caccia al popolo honduregno nelle strade di Comayaguela e Tegucigalpa. Nei pressi dell'ambasciata brasiliana ci sono molte persone ferite. Alcuni sono scomparsi. Chiediamo aiuto a tutte le nazioni del mondo. Fermiamo questa barbarie. Ci appelliamo a tutti i paesi che si sono detti nostri amici, aiutateci ora. Non possiamo aspettare domani. È urgente! Le nostre vite sono in pericolo. La vita stessa del presidente e dei suoi familiari. Questa repressione è brutale". Anonimo. Dall'honduras.

"Purtroppo i pazzi si sono dimostrati quello che sono! Meno di un ora fa verso le 5 e mezza del mattino i militari e la polizia hanno attaccato la gente fuori dall´ambaciata del Brasile! Lacrimogeni e spari, repressione dura! Pattuglie ovunque per la capitale. Quella che era una festa nazionale l´hanno trasformata in una tragedia. Arrivano giá notizie di molte persone ferite, di bambini che nel fuggi fuggi si sono persi, di arresti a chiunque sia per le strade. Ci sono gia molte persone negli ospedali. Nel frattempo da tutto il paese si sta muovendo la gente, con i rischi che comporta mettersi in strada ora. Vi terró informati se sará possibile".

Questa la terza mail della cooperante italiana che sta sfidando repressione e coprifuoco pur di far arrivare la verità oltre il muro della censura imposta dal governo golpista. La situazione sta degenerando, com'era prevedibile e in puro stile Micheletti. E la reazione è appena cominciata, dato che l'Honduras si è appena svegliato, a colpi di manganello.

A nulla per ora valgono gli appelli del presidente legittimo, chiuso nell'ambasciata brasiliana a Tegucigalpa, e dei paesi dell'Osa, Stati Uniti in testa, a incamminarsi sulla via del dialogo, verso la democrazia ed elezioni regolari. La violenza è l'unica arma che per adesso dimostrano di conoscere i golpisti.

Fonte: Peace Reporter