La nozione di akrasia (incontinenza, mancanza di autocontrollo o debolezza della volontà) è stata per la prima volta introdotta da Aristotele (Etica Nicomachea, VII, 1145a15-1151a30).
Aristotele rigetta la possibilità dell’akrasia come nozione dotata di intenzionalità:
“L’incontinenza è contraria alla scelta (…) un uomo non può essere dotato di saggezza pratica e nel contempo essere incontinente”.
La volontà di un agente è debole se egli agisce, e agisce intenzionalmente, contro il suo miglior giudizio.
Esempio:
Mi sono appena rilassato nel letto dopo una dura giornata quando ricordo di non essermi lavato i denti. La preoccupazione per la mia salute mi ordina di alzarmi e lavarmi; la soddisfazione data dal piacere di essere disteso sul letto mi suggerisce di dimenticare per una volta i miei denti. Soppeso le alternative alla luce delle ragioni: da un lato, la mia dentatura è buona e, alla mia età il degrado è lento. Non importerà molto se non li lavo. Dall’altro, se mi alzo, guasterò la tranquillità che ho raggiunto, e il risultato potrebbe essere quello di dormire male durante la notte. Tutto sommato, giudico che farei meglio a stare a letto. Tuttavia, la sensazione di dovermi lavare i denti è troppo forte; stancamente, abbandono il letto e mi lavo i denti. Il mio atto è chiaramente intenzionale, anche se contrario al mio miglior giudizio, e quindi è incontinente.
Un altro interessante esempio è quello riguardante il vizio del fumo. So che fumare fa male, tuttavia continuo a farlo noncurante dei danni.
fonte: Eddy Carli, Akrasia e razionalità
Aristotele rigetta la possibilità dell’akrasia come nozione dotata di intenzionalità:
“L’incontinenza è contraria alla scelta (…) un uomo non può essere dotato di saggezza pratica e nel contempo essere incontinente”.
La volontà di un agente è debole se egli agisce, e agisce intenzionalmente, contro il suo miglior giudizio.
Esempio:
Mi sono appena rilassato nel letto dopo una dura giornata quando ricordo di non essermi lavato i denti. La preoccupazione per la mia salute mi ordina di alzarmi e lavarmi; la soddisfazione data dal piacere di essere disteso sul letto mi suggerisce di dimenticare per una volta i miei denti. Soppeso le alternative alla luce delle ragioni: da un lato, la mia dentatura è buona e, alla mia età il degrado è lento. Non importerà molto se non li lavo. Dall’altro, se mi alzo, guasterò la tranquillità che ho raggiunto, e il risultato potrebbe essere quello di dormire male durante la notte. Tutto sommato, giudico che farei meglio a stare a letto. Tuttavia, la sensazione di dovermi lavare i denti è troppo forte; stancamente, abbandono il letto e mi lavo i denti. Il mio atto è chiaramente intenzionale, anche se contrario al mio miglior giudizio, e quindi è incontinente.
Un altro interessante esempio è quello riguardante il vizio del fumo. So che fumare fa male, tuttavia continuo a farlo noncurante dei danni.
fonte: Eddy Carli, Akrasia e razionalità
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