domenica 14 giugno 2009

Il massacro degli indigeni peruviani

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Giovedì 9 aprile 2009 i dirigenti di 1350 comunità amazzoniche dichiararono l’inizio di un blocco indefinito in tutta l’Amazzonia peruviana, come forma di protesta contro la politica neoliberalista del governo e in particolare contro una serie di decreti legislativi emanati dal governo aprista di Alan Garcia Perez, volti a favorire l’investimento privato nella foresta amazzonica, in particolare quelli di imprese petrolifere e di biocombustibili. Tali decreti legislativi attentano ai diritti riconosciuti ufficialmente ai popoli indigeni e si impongono sulla volontá di questi, senza minimamente consultarli. Nel 2008 contro questi stessi decreti le popolazioni indigene dell’Amazzonia peruviana diedero vita a una protesta nazionale per piú di un mese, bloccando le vie di accesso alla foresta amazzonica e i principali interessi economici della regione (pozzi e pompe petroliferi, gasdotti, centrali idroelettriche). Tale protesta fu sospesa per l’impegno del governo di derogare i decreto. Nonostante ció, i decreti non furono derogati e lo Stato continuó la sua politica di favorire l’estrazione, concendendo diritti a multinazionali anche nelle terre titolate alle popolazioni indigene. Cosí le differenti organizzazioni indigene dell’Amazzonia peruviana, riunite a livello nazionale nell’associazione AIDESEP (Asociación Iteretnica de Desarrollo de la Selva Peruana) ricominciarono la loro protesta determinata e pacifica, con la stessa strategia: paralizzare le attivitá economiche delle imprese presenti nella regione, occupando punti strategici e bloccando le vie di comunicazione.
Il blocco è andato avanti in modo forte e compatto in quasi tutta l’Amazzonia peruviana, le differenti etnie hanno dimostrato una forte unione e solidarietá. Il governo ha reagito in varie occasioni con l’indifferenza, la repressione e la criminalizzazione, utilizzando da una parte i suoi apparati di morte (militari e polizia) e dall’altra i suoi fedeli servi professionisti nel distorcere l’informazione e occultare la veritá (televisioni e giornali), tutto questo in difesa dei soliti interessi economici che si impongono in tutto il mondo sulla vita della gente. Cosí ogni possibilità di dialogo è stata vana e, dopo aver accusato il rappresentante di AIDESEP di sedizione e terrorismo, è scattata una sanguinaria repressione.
Il 5 giugno 2009, dopo due mesi di lotta e resistenza indigena, lo Stato decide il massacro: si bombardano i villaggi, si spara contro uomini, donne e bambini. La gente che si era dichiarata disposta a morire per difendere le sue terre, la sua cultura, la sua vita, resiste a testa alta. Il risultato dell’azione dello Stato è un bagno di sangue, solo il primo giorno si contano 30 vittime e oltre 100 feriti, un numero che potrebbe essere molto maggiore se si considera che i militari stanno bruciando i corpi delle vittime affinché non si possano contare i morti e che i mezzi di comunicazione non hanno accesso alle zone di conflitto. Le popolazioni indigene non cederanno all’offensiva assassina dello Stato. La solidarietá e forte in tutta la regione e si allarga ad altri settori della societá: contadini non indigeni, lavoratori delle cittá amazzoniche, organizzazioni locali, missionari.

Perché lottano i popoli indigeni?


I popoli indigeni e i loro territori si appartengono reciprocamente, sono inseparabili. Per gli indigeni il territorio è l’embrione che diede inizio alla loro esistenza. La relazione dell’indigeno con il suo territorio è vitale, infatti questo gli fornisce alimentazione, casa e in quello gli si permette di riprodurre la sua cultura. Senza territorio non c’è vita.
Per la societá occidentale, la terra gli appartiene quando dispone di un titolo di proprietá, per gli indigeni il proprietario è “la madre della terra”. Gli andini la riconoscono come la Pachamama, gli Shuar come Nugkui, gli Ashanika come Kipatsi, e cosí ogni popolo.
Per il mercato la terra acquisisce importanza monetaria ed è negoziabile, per gli indigeni ha importanza spirituale ed è sacra. Nella cosmovisione amazzonica non è esatto il termine “terra” ma quello di “territorio”, con un concetto più ampio di intergrità come bene collettivo in interdipendenza con la natura,
Molti popoli amazzonici hanno basato la loro alimentazione sulla raccolta e il nomadismo e non sull’accumulazione di ricchezze. La tendenza attuale a promuovere la monocoltivazione in aree estense genera una maggiore fragilità dei suoli, cosí come le attività estrattive di acque, petrolio e gas, con un catastrofico impatto ambientale.
Attualmente l’Amazzonia peruviana ha 49 milioni di ettari di terra in concessione all’esplorazione e allo sfruttamaento di idrocarburi, corrispondenti al 72% di questo territorio.

I decreti in questione

I decreti legislativi si impongono nell’ambito del Trattato di Libero Commercio firmato con gli Stati Uniti, trascurando le leggi internazionali che il Perú ha sottoscritto che stabiliscono il rispetto dei diritti indigeni e il loro diritto a essere interpellati per questioni che li riguardano, sanciti in particolare dall’Accordo 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro firmato nel 1989 (Nazioni Unite).

Decreto 994: promuove investimenti privati in progetti di irrigazione per l’ampliamento della frontiera agricola. Considera di proprietá dello Stato tutte le terre irrigate di uso agricolo. Nell’Amazzonia le terre lungo i fiumi servono da fonte di sussistenza per le comunità, mentre lo Stato le considera terre improduttive da sfruttare.

Decreto 1020: Promuove i prodotti agrari e la consolidazione della proprietá rurale per il credito. Stabilisce un marco normativo per ampliare l’accesso al credito agrario e incentivare la competizione e la modernizzazione. Favorisce la formazione di proprietà individuale, la parcellizazione e la disintegrazione della proprietá comunale.

Decreto 1064: Stabilisce un regime giuridico per lo sfruttamento di terre di uso agrario. Elimina il diritto che stabilisce come necessaria la negoziazione con la comunità, affinché si realizzino attivita minerarie o idrocarburifere in territorio comunale senza il consenso della comunità.

Decreto 1081: Crea un sistema nazionale di gestione delle risorse idriche e rappresenta un passo avanti verso la privatizzazione dell’acqua, risorsa fondamentale per la vita dell’Amazzonia. Si impone contro i diritti ancestrali delle comunitá suil territorio e contro le convenzioni internazionali.

Decreto 1089: Cambia la normativa per la formalizzazione e la titolazione di terre rurali, favorendo la proprietà individuale rispetto a quella comunale, favorendo il loro inserimento nel mercato economico.

Decreto 1090: È forse il più grave fra tutti i decreti. Approva la Legge Forestale e della Fauna Silvestre. Pretende di modificare la legislazione forestale, privando della definizione di “patrimonio forestale” circa 45 milioni di ettari di terra, o sia il 60% delle terre dell’Amazzonia peruviana. In questo modo è possibile sfruttare terre che prima erano in un certo modo protette. Dietro a tale decreto ci sono gli accordi del governo con gli imprenditori che vogliono investire nella produzione di etanolo e biocombustibili vari. Non sono solo i mezzi di vita dei popoli indigeni quelli che stanno in gioco. La produzione di agro-biocombustibili ha favorito una concentrazione di ricchezza e proprietà senza precedenti, affidando la terra alle mani di poche imprese multinazionali che controllano i semi, la coltivazione di viveri, gli agrochimici, il processamento, il commercio le esportazioni e la distribuzione. I piccoli produttori sono privati di terre di alimenti, di sussistenza e di mercato, mentre i suoli, i boschi, i corsi d’acqua e gli ecosistemi sono saccheggiati e devastati.

Decreto 1083: Promuove lo “sfruttamento efficente” e la “conservazione” delle risorse idriche da parte degli usuari che hanno maggiori risorse economiche emaggior accesso alle moderne tecnologie di uso dell’acqua, concedendo premi di diritto all’acque in base a un regime differenziato di redistribuzione economica.
fonte America Latina - Altri occhi e parole

addendum: Dai dati del Sipri risulta che l'Italia è stato il principale venditore di armi all'esercito del Perù (per 172 milioni di dollari, nell'anno fiscale 2007-8).

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Se sopra ogni edificio esistente sulla faccia della terra campeggiasse un impianto per la conversione dell'energia solare il pianeta si ricaricherebbe ogni giorno semplicemente girando su se stesso.

Anonimo ha detto...

Per ora vale il nostro impegno quotidiano nel boicottare con ogni mezzo qualsiasi prodotto derivante da situazioni come questa..tenendo ben impresso nella mente che non esiste nessuna forma di benessere per l'uomo che si appoggi sul malessere di altri individui..
L'alternativa esiste sempre,basta volerla trovare.

Titus Bresthell ha detto...

@anonimi:
sarà anche vero che la speranza è l'ultima a morire, ma quando c'è di mezzo l'uomo e il suo profitto sembra che il limite dell'indecenza venga spostato sempre un po' più in là...
una cosa è certa: le popolazioni sudamericane non sono ancora totalmente narcotizzate come quelle europee.

Pel(l)acani ha detto...

anche le popolazioni iraniane, soprattutto quelle giovani e femminili, non sembrano messe male quanto a sensibilita' sociale

Anonimo ha detto...

@Titus:è vero ciò che dici,ma è anche vero che c'è gente(i più,direi) che si scalda tanto per i diritti umani e compagnia cantando fino a quando però non gli si chiede di rinunciare a qualcuno dei loro agi se non altro come segno di una presa di coscienza..
Conosci qualcuno che ha chiuso il proprio conto corrente (con la conseguenza di doversi "sbattere" ogni volta a pagare cash) quando ha saputo che la sua banca era fra quelle "armate"?..che poi di riffa o di raffa lo son tutte.
anonimi.

Titus Bresthell ha detto...

@anonimo:
hai perfettamente ragione. ogni nostro gesto è, in qualche modo, politico.
i presunti paladini dei diritti umani (occidentalizzati) sono tanti e non è che siano proprio miei amici. personalmente sono allergico alle banche. e vivo bene anche senza carta/e di credito.
saluti